Non ci voleva molto a capire come sarebbe finita. A leggere i criteri con i quali viene definito l’indice di integrità pubblica di Transparency International, in base ai quali si è elaborato il rapporto europeo sulla corruzione, le conclusioni non potevano che essere scontate: siamo tra i peggiori in fondo alla graduatoria, dopo Grecia, Ungheria, Spagna, Portogallo, ecc. L’indice di integrità pubblica prende in esame:
1. la semplicità amministrativa (il tempo per registrare un’azienda e pagare le tasse); 2. l’apertura del mercato sia per l’import che per l’export; 3. l’efficienza delle procedure di revisione; 4. la capacità giudiziaria; 5. i servizi online offerti dal governo e quelli usati dalla popolazione.
Qualcuno ha la spudoratezza di affermare che in uno solo di questi criteri l’Italia primeggia? No, ovviamente, che’ verrebbe condannato al pubblico ludibrio.
Ecco, questo indice può essere un buon programma di governo. In verità, non ne vediamo, ancora (speriamo in quell’ancora), i propositi.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc