Un fantasma di cioccolato si aggira nelle stanze dell’Erario, fa gola a tutti quelli che, di riffa o di raffa, sono abituati a vivere grazie ai soldi dello Stato, cioè dei contribuenti: è il maggior gettito fiscale che si ipotizza dovrebbe arrivare dalla riduzione dell’evasione fiscale dell’imposta sul possesso di un apparecchio tv da parte dei privati, piu’ nota con il beffardo nome di canone e/o abbonamento. Riduzione dell’evasione che la recente legge di stabilità (per capirci: finanziaria) ha ipotizzato dovrebbe essere tale grazie al fatto che a luglio, a tutti i privati che possiedono un contratto della luce, in bolletta arriverà la richiesta di pagare anche questa imposta per finanziare il cosiddetto servizio pubblico televisivo, cioè la Rai. La stabilita’/finanziaria ha stabilito che questo eventuale extra-gettito fiscale sia destinato anche al pluralismo dell’informazione. Ottica secondo la quale, il variegato e mediamente monotono mondo italico dell’informazione, economicamente agonizzante secondo i vari editori, dovrebbe “mettere un po’ di toppe” ai vari buschi provocati dalla carenza di quello che è l’elemento base di qualunque attività economica: capacità manageriale, concorrenza, mercato, qualità… con consumatori e utenti che dovrebbero premiare con le loro scelte quelli che meglio rispondono a queste prerogative. Ma siamo in Italia, bellezza! Il mondo, e l’economia non sono proprio così. In ogni norma del nostro Paese c’è sempre la parentesi, la variante, l’interpretazione (con o senza circolare) del ministero o del giudice, l’eccezione, fino alle mafie e alle delinquenze più o meno istituzionalizzate e/o assecondate. Cosa è successo, ancora? Ieri il direttore generale della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) è stato audito in commissione Cultura della Camera dei deputati. Fabrizio Carotti ha espresso parere positivo sulle proposte di legge sul Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e le deleghe al governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria (piu’ soldi nostri per i loro associati). Non solo ma, “piatto ricco mi ci ficco”, ha chiesto che una quota delle maggiori entrate che si dovessero verificare dal pagamento del canone Rai in bolletta dovrebbero andare all’editoria, cioe’ anche alla carta stampata, nell’ottica del pluralismo dell’informazione. Capito? Noi contribuenti si paga l’imposta/canone per il servizio pubblico radiotelevisivo, con spese folli per la realizzazione di spettacoli di intrattenimento da Paesi del Quarto mondo del secolo scorso, con tg che sono le brutte repliche di quanto riportato da altri media stranieri e rassegne stampa della carta stampata che è riuscita a intruffolarsi nel club dei sostenuti dallo Stato e che spesso esiste solo per essere citata in questi tg…. noi si crede di pagare per questa “meraviglia”, e invece no, c’è il trucco! Si paga anche per mantenere quei giornali che, non contenti (alcuni) di far finta di essere organi di partiti inesistenti per cuccare un po’ di soldi anche in questo modo, vogliono più soldi per quelle che loro chiamano agevolazioni per l’editoria. Spieghiamo meglio: uno apre un negozio di prodotti alimentari, vende schifezze, tratta i clienti come dei cretini… dopo un po’ che succede? Il negozio chiude e forse il proprietario finisce anche per pagare queste sue incapacita’ gestionali e di mercato. Invece, ci sono quelli che aprono un giornale, magari perchè hanno avuto la fortuna di nascere come figli di una famiglia pioniera e meritevole nel settore, o perchè sono amici di un qualche deputato che fonda per loro un nuovo (e finto) partito in Parlamento e che per questo gode del finanziamento pubblico; e anche se questo giornale non lo compra nessuno e le pagine pubblicitarie gli arrivano perchè sono amici degli amici, ecco che arriva Pantalone, nel nome della pluralità dell’informazione a mantenerti in vita. E siccome i soldi non bastano mai, arriva la corporazione degli editori (Fieg) che fa il portavoce in Parlamento per chiedere che questi sfigati muoiano più lentamente o continuino a vivere dei loro stenti, magari pagando una miseria degli speranzosi ragazzotti che vorrebbero fare i giornalisti perche’ qualche volta hanno visto France24 o la Bbc o la Cnn. Capito come funziona il mondo italico? E noi di Aduc, associazione no-profit basata sul volontariato, che editiamo le nostre newsletter, e che come sottotitolo al nostro logo abbiamo la dicitura “Informazione indipendente per aiutare utenti e consumatori ad aiutarsi”, che non prendiamo un centesimo dai soldi dello Stato ma solo dai cittadini che vogliono che si continui ad esistere… forse… non abbiamo capito nulla?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc