Grande entusiasmo per l’aumento di vendite di automobili durante lo scorso mese di gennaio, con percentuali a due zeri. Entusiasmo che e’ tale soprattutto per l’aumento della ex-fabbrica nazionale Fiat (oggi Fca che, a parte l’occupazione su parte del territorio nazionale, è società non più nazionale). Tutti contenti: economisti e governanti di vario livello, sindacati, aziende dell’indotto. Ma, a noi che non riusciamo a non essere irriverenti, ci sembra un’ode al suicidio e all’omicidio più o meno di massa. Domandina semplice, semplice: ma dove le mettiamo queste automobili? O forse ci sono zone del nostro Stivale e della nostra Europa, che sono ancora vergini e in grado di concepire e mettere in atto politiche infrastrutturali e urbanistiche che mettano la mobilità privata a motore in primo piano? Non ci risulta. E quindi? Dobbiamo gioire perchè qualche migliaio di operai e qualche altro migliaio di persone dell’indotto continuano a lavorare, così come i venditori di carburanti, etc? No, proprio non ce la facciamo. E non solo perchè guardiamo al futuro, ma proprio perche’ guardiamo al presente, in qualunque città del nostro Paese e del nostro continente, e non solo. Siamo intasati! Siamo inquinati! Le nostre stagioni sono stravolte, molto probabilmente dall’inquinamento atmosferico che ha alterato l’equilibrio del Pianeta. E non se ne può più! Certo, la colpa non è solo della automobili ma una buona responsabilità ce l’hanno, e neanche tanto secondaria se pensiamo non alla macchinetta a quattro ruote che si muove nel nostro traffico ma soprattutto a tutto quello che c’è intorno, a partire dalle varie benzine e al business onesto e disonesto che c’è intorno (fino all’Isis che campa del petrolio che, di riffa o di raffa, finisce nei serbatoi delle nostre auto). Dobbiamo forse per questo partire in quarta e andare a distruggere le macchine creando seri problemi economici e sociali a tutti quelli che ne sono coinvolti? Non ci pensiamo neanche. Ma pensiamo -in modo molto intenso- a perche’ non vengono concepite e messe in atto politiche di mobilita’ alternative, da subito, in lieve e continua sostituzione di quelle suicide oggi esistenti, si’ da convertire senza drammi e disastri per nessuno: motori elettrici, mezzi pubblici altrettanto elettrici, mobilita’ ciclabile modello Olanda e Danimarca, etc. Se interpelliamo un qualunque politico od amministratore in merito, ci dira’ che stanno facendo anche piu’ del possibile, ma mediamente ci prendono per i fondelli. Fumo negli occhi: piste ciclabili inesistenti o finte, incentivi (non regali stile 80 euro governativi) al settore vicini allo zero, infrastrutture urbane dove chi si muove in bicicletta ringrazia i propri santi quanto riesce ad arrivare integro a destinazione (senza considerare i polmoni e i bronchi che hanno aspirato le schifezze dei gas di scarico); mezzi pubblici raramente efficienti e frequenti, nonchè costosi. E tutti lì ad elogiare che c’e’ ripresa economica perchè si vendono più automobili. Ma oltre che irriverenti, siamo forse fatti così male da non capire che le politiche o si fanno col naso corto o non si fanno? Eppure, il nostro naso lungo non è pinocchiesco come quello di nostri amministratori, ma solo con grandi narici che, per quello che siamo riusciti a salvare, riescono a trasformare ancora in caccole cio’ che non e’ gradito al nostro organismo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc