Un giorno qualcuno non ci chiederà più le impronte digitali. Un giorno qualcuno ci chiederà l’impronta ecologica – e scoprirà che abbiamo consumato troppe risorse e troppi pianeti. Poi il giorno seguente ci chiederà l’impronta idrica – e si renderà conto che tutta l’acqua consumata per produrre le nostre t-shirt non s’è più rigenerata, tanto che abbiamo trenta magliette ciascuno ma dobbiamo razionarci l’acqua. Per chi si occupa degli schizofrenici andamenti di Wall Street e soprattutto per chi non se ne occupa affatto, per chi non capisce nulla di mutui subprime ma ha ben capito che siamo tutti nei guai, per chi non riesce a rinunciare all’automobile e sa che l’obiettivo del venti per cento di riduzioni di gas serra e del venti per cento di aumento di energie rinnovabili entro il 2020 per l’Europa è difficile e per l’Italia è missione impossibile, la recessione ecologica diventa straordinariamente semplice da capire: gli umani consumano troppo pianeta e consumano anche quello che non s’è ancora rigenerato e dunque ancora non esiste. Se la nostra pressione sulla Terra continuerà a crescere ai ritmi attuali, intorno al 2035 potremmo avere bisogno di un altro pianeta per mantenere gli stessi stili di vita. Con la paradossale conseguenza che proprio l’abbassamento degli stili di vita causato dalla crisi dei consumi e dal dissesto economico potrebbero abbassare l’impronta ecologica dell’umanità e dunque ridare fiato al pianeta, anche se neanche il WWF osa proporre questa soluzione come panacea di tutto lo sviluppo ecologicamente insostenibile. Siamo tutti in deficit ecologico, col risultato che le nostre tasche sono vuote, il nostro pianeta non ne può più di noi e s’è perso ben il trenta per cento di biodiversità dagli anni Settanta a oggi. Se un altro pianeta è possibile, questo s’ha da fare qui e ora con le nostre impronte digitali, ecologiche e idriche tutte insieme. Pensate a una seconda Terra: con questi venti di recessione, diventerebbe il Far West da conquistare a uso e consumo di quello che non si può più consumare qui. Prima o poi qualcuno ci chiederà l’impronta ecologica e quella idrica personale e, in caso di superamento del target, ci spiccherà una bella multa ecologica: ripulire l’intero greto di un fiume, vivere con un litro d’acqua al giorno cibo e doccia compresi, rinunciare all’automobile per un mese di seguito, consumare solo verdura perché per produrre un chilo di manzo servono 15.500 litri d’acqua, vestirsi da Panda e andare in giro per la città cercando di convincere i cittadini ad avere più rispetto per l’ambiente e a produrre meno rifiuti. Naturalmente ci sarà chi evaderà l’eco-tassa. Ma lo scotto da pagare sarà molto più pesante di un qualunque Pil nazionale. Perché se con le tasche vuote si campa male, senza Pianeta non si campa affatto. E un altro Pianeta non è possibile (non ora, non adesso, non con queste impronte che ci portiamo appresso).