LA PROCURA DI MESSINA PRESENTA IL CONTO A FRANCANTONIO GENOVESE

Undici anni di reclusione e 15mila euro di multa. E’ la richiesta del Procuratore Sebastiano Ardita nei confronti del parlamentare del Pd poi passato a Fi, Francantonio Genovese, ai giudici della Prima sezione penale del Tribunale di Messina a conclusione della sua requisitoria sul processo scaturito dall’operazione ‘Corsi d’oro’ per una presunta truffa alla Regione Siciliana sulla formazione professionale. Allora è proprio vero che non ci sono più isole felici. Quella andata in onda è solo la prima parte di una più lunga storia giudiziaria che vede sul tavolo dei giudici l’onorabilità dell’onorevole Genovese. Una carriera sociale e imprenditoriale importante che oggi è messa a serio rischio dalle richieste del pubblico ministero Ardita. Ma come, la ricca Sicilia orientale, la "provincia babba"… Luoghi comuni. Come quello che voleva Messina un posto tranquillissimo. E invece era pieno di veleni. L’onorevole Genovese è accusato di associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa. Il Pm Ardita ha chiesto anche la condanna a sei anni di reclusione per le sorelle Chiara e Elena Schirò, mogli, rispettivamente, di Genovese e di Franco Rinaldi, deputato regionale del Pd transitato in Fi, anche lui presente nel processo, per cui sono stati sollecitati cinque anni e sei mesi di reclusione. Nel procedimento sono imputate altre 19 persone, per cui sono state chieste condanne comprese tra un anno e otto mesi a sette anni di reclusione. Naturalmente è presto per sapere come andrà a finire. Certo non possiamo dimenticare che l’esistenza di altri "fascicoli d’indagine" farà sì che il faccia a faccia tra l’onorevole Genovese e i Pm di Messina sia solo all’inizio. E questo ha portato a squilibri, chiamiamoli così, nella vita politico – sociale del parlamentare. Che comunque non si dà per vinto. Anzi. In un comunicato ci tiene a precisare: “la richiesta di condanna rassegnata in data odierna dai PM, mi amareggia ma non mi sorprende: è coerente con le iniziative assunte e con le posizioni tenute sin dal nascere delle indagini e che hanno contraddistinto l’intero percorso processuale, fino al punto di impedirmi, ancora oggi, di esercitare il mandato parlamentare, pur a fronte di una presunzione di innocenza che la nostra costituzione considera essenziale.
Peccato che tale linea non sia, a mio avviso, coerente con le risultanze processuali. Confido in una difesa che saprà offrire al Collegio giudicante conclusioni diametralmente opposte, suffragate da tutte le prove emerse acclarate a discolpa. Ribadisco l’amarezza di chi crede nella giustizia e di chi crede nel rispetto dei ruoli e delle funzioni, ad ogni livello. Mi sarei atteso che magistrati da me denunciati e nei cui confronti pende procedimento innanzi altra Procura della Repubblica si fossero astenuti. Mi sento, comunque, in pace con la mia coscienza. Fieramente. Fiero genitore e marito. Fiero figlio di una mamma che tutti chiamavano signora Angelina. Fiero figlio di un papà senatore in diverse legislature. Fiero nipote di uno zio più volte ministro. Fiero deputato. Fiero ex Sindaco di Messina. Fiero ex parlamentare della Sicilia. Fiero avvocato. Fiero di molti, moltissimi amici impegnati nella polis e nelle Istituzioni. Fiero della mia storia personale, professionale, imprenditoriale, politica. Fiero di essere persona seria, leale, generosa e onesta. Professo innocenza. Rivendico innocenza. Grido innocenza. Quella innocenza che, sono certo, sarà infine dimostrata”. In conclusione a nostro modesto avviso non ci deve essere un’aria di sfida, uno spirito di rivincita: da questa storia chi ne esce sconfitto irreparabilmente, se la dimostrazione di colpevolezza non è schiacciante, è quel tanto di fiducia che la gente ha ancora, nonostante le oscure vicende che ogni giorno animano la cronaca, in chi rappresenta le istituzioni. Adesso la palla passa alla difesa. Al tribunale di Messina pare si combatta una partita che ha, come posta, alcune esistenze, e qualche orgoglio.