Sempre più persone ormai, hanno capito (finalmente!) che non ci si può fidare delle banche e dei loro venditori, ma dopo questa considerazione ne segue subito un’altra: “i miei risparmi da qualche parte dovrò pur metterli, se non mi posso fidare del bancario o del promotore finanziario, come faccio a scegliere?
Questo interrogativo, più o meno direttamente esplicitato, ce lo sentiamo formulare ormai da anni quasi quotidianamente. Sul piano sistemico, la proposta dell’Aduc è quella di riprogettare da capo il sistema di norme a tutela dell’investitore, ne abbiamo parlato diverse volte, un articolo fra i tanti che abbiamo pubblicato potrebbe essere questo: Una riforma radicale per una vera tutela del risparmio .
La domanda però richiede una risposta nel qui ed ora, anche perché è abbastanza evidente che una riforma come quella che noi proponiamo ha zero possibilità di realizzarsi nel breve termine perché gli interessi del sistema finanziario sono troppo forti. Nell’immediato le possibilità sono solo due: 1) accrescere le proprie competenze finanziarie e fare da soli o 2) rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente. Questo sito è nato, ormai quasi 15 anni fa, per dare la possibilità a sempre più persone di fare da soli, evitando di farsi tosare dai vari intermediari finanziari (in questa direzione va il “decalogo dell’investitore non esperto”, ad esempio).
La scelta di fare da soli è meno complessa di quanto la maggioranza delle persone ritenga. La sfida principale, come sempre, è di natura psicologica.
Dal momento che il sistema bancario propone nell’80-90% dei casi strumenti pensati esclusivamente per far guadagnare la banca a scapito del cliente, fare meglio è relativamente facile sul piano tecnico. Basta fare cose estremamente semplici, prive di quei costi e rischi inutili. Il problema non è tanto la parte di “studio”, quando quella di resistere alla tentazione che vengono dalle sirene del guadagno facile.
In questo articolo, ed in quelli in ecco citati, abbiamo trattato questi aspetti: Perché tante persone intelligenti perdono soldi in borsa?
Ci rendiamo perfettamente conto che la scelta di fare da soli, concretamente, è praticabile da una percentuale ridotta della popolazione. Noi la incoraggiamo, cerchiamo, per quanto possiamo, di fornire le informazioni, un supporto anche attraverso il servizio on-line di risposte alle domande, ma ci rendiamo conto che la maggioranza delle persone non si sente in grado di fare scelte in autonomia.
Se la strada di una riforma normativa a tutela dell’investitore è una chimera e del sistema bancario è ormai chiarissimo che non ci si possa fidare, la strada dei consulenti finanziari indipendenti sembrerebbe un’opzione valida, ma come sceglierli? Quando vale la pena pagare un professionista per farsi dare consigli su come investire? Nel resto di questo articolo vorrei fare alcune considerazioni un po’ scomode sul mondo della consulenza finanziaria in Italia.
Preciso, per trasparenza, che chi scrive è un consulente finanziario indipendente ormai da circa 15 anni, uno dei più “anziani” in Italia, in termini di anni di professione, attualmente in esercizio (ne conosco soltanto uno, in attività, che ha iniziato prima).
Consulenza o vendita?
Il termine “consulente finanziario” è già molto ambiguo e lo diventerà sempre di più in futuro dal momento che con un colpo di mano parlamentare la lobby dei promotori finanziari (ovvero agenti di commercio che sono retribuiti dalle reti di vendita degli intermediari finanziari) sono riusciti a far passare una norma la quale prevede che vengano denominati, all’interno dell’albo, come “Consulenti Finanziari abilitati all’offerta fuori sede”, mentre i consulenti finanziari indipendenti (cioè i liberi professionisti retribuiti esclusivamente dalla parcella) dovrebbero essere chiamati “Consulenti Finanziari Autonomi”. E’ ovvio che questo renderà ancora più difficile l’orientamento dell’investitore non esperto.
Sia chiaro: non c’è assolutamente niente di male nell’essere agenti di commercio e sarebbe sbagliato generalizzare sostenendo che tutti i promotori finanziari fanno danni per i loro clienti mentre basta essere indipendenti per essere utili agli investitori. Personalmente conoscono promotori finanziari che sono persone veramente oneste e preparate e conosco consulenti finanziari indipendenti che erano promotori finanziari ed in larga parte lo sono rimasti sia come formazione professionale che come forma mentis.
Il problema è che, in finanza, l’attività di vendita implica maggiori distorsioni rispetto a molti altri campi. Chi vende in finanza, vende servizi/prodotti che i clienti non sono minimamente, ma proprio minimamente, in grado di valutare.
Se si vendono aspirapolveri, pentole, macchine, computer, ecc. il cliente è in grado di avere almeno un’idea vaga di cosa sta comprando e di come valutarlo rispetto alle proprie esigenze.
In finanza, nel 99% dei casi, chi sta acquistando un prodotto/servizio finanziario – se non è un professionista – non ha la più pallida idea di quello che gli serve e non è minimamente in grado di giudicare se un prodotto/servizio è migliore di un altro e neppure se è realmente ciò di cui ha bisogno.
Ecco perché l’attività dei promotori finanziari (adesso ribattezzati “consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede”) è intrinsecamente molto pericolosa per gli investitori. Chiunque abbia fatto dei corsi per diventare promotore finanziario sa benissimo che la formazione tecnico-finanziaria è semplicemente risibile. L’esame di abilitazione è sostanzialmente un esame volto a verificare alcune nozioni di tipo giuridico sul Testo Unico della Finanza. La formazione che fanno gli intermediari finanziari è sostanzialmente una formazione legata a competenze di vendita (come fissare gli appuntamenti, come superare le obiezioni, come essere convincenti, ecc.). Alcune società, poi, fanno anche corsi sull’asset allocation e qualche nozione finanziaria, ma – in genere – sono sempre nozioni molto basilari che comunque non devono rendere il venditore troppo esperto semplicemente perché un venditore che conosce troppo bene la tecnica perde di capacità di vendita.
La prima scomoda verità sulla “consulenza finanziaria” in Italia, quindi è che nella quasi totalità dei casi, quando un risparmiatore si trova davanti un “consulente finanziario” in realtà sta parlando con un agente di commercio che ha lo scopo di vendere un prodotto/servizio dell’intermediario che lo retribuisce.
Per questo la prima domanda nello scegliere un consulente finanziario dovrebbe essere: come vieni retribuito?
Ma la consulenza indipendente in Italia esiste?
Una verità scomoda, purtroppo, è che in Italia, di fatto, la consulenza finanziaria indipendente è stata quasi uccisa da circa 10 anni di blocco legislativo.
Il recepimento della direttiva comunitaria che introduceva la figura del consulente finanziario indipendente è del 2007. Si aspetta da allora l’istituzione dell’albo che avrebbe consentito a chi voleva avviare questa professione di farlo.
Ad oggi, chi fa consulenza finanziaria indipendente sono solo coloro che, dal 2007 usufruiscono di una proroga. Si parla di pochissime centinaia di persone in tutt’Italia, quando i promotori finanziari sono decine di migliaia di persone e gli sportelli bancari sono circa 30 mila.
Trovare un consulente finanziario indipendente è veramente un fatto raro.
Recentemente l’organismo dei consulenti finanziari, ovvero il vecchio albo dei promotori finanziari che dovrà trasformarsi nell’organismo che gestirà il nascente albo unico dei consulenti finanziari, ha indetto un’indagine conoscitiva per sapere quanti sono gli interessati a registrarsi nell’albo dei consulenti finanziari autonomi (cioè indipendenti). L’indagine si concluderà il 30 Settembre prossimo, ma sembra che le risposte siano veramente poche, nell’ordine di poche centinaia. Questo è un risultato più che scontato dal momento che nessuna professione può svilupparsi in presenza di un blocco normativo di 10 anni.
La seconda scomoda verità, quindi, è che ci intende rivolgersi ad un vero consulente finanziario indipendente (cioè non retribuito da un intermediario finanziario, ma direttamente dal cliente) deve armarsi di santa pazienza e difficilmente lo troverà sotto casa, ma dovrà essere disponibile a muoversi e/o usare la nuove tecnologie per una comunicazione a distanza.
Quali sono le competenze dei consulenti finanziari indipendenti?
Se è vero, come è vero, che l’esame di promotore finanziario non è minimamente sufficiente a valutare le competenze minime per poter fare una reale consulenza finanziaria (d’altra parte, il promotore finanziario non fa la consulenza, ma vende il servizio di consulenza offerto dall’intermediario) è anche vero che i consulenti finanziari indipendenti oggi in attività non hanno svolto nessun tipo di abilitazione.
Questa è un’altra scomoda verità che molti colleghi, consulenti finanziari indipendenti, non amano che venga espressa in modo così netto. La verità è che ogni consulente finanziario indipendente è un autodidatta. Le sue abilità tecniche derivano necessariamente dall’esperienza e dalla formazione individuale.
Dopo aver fatto la prima domanda, sul modo in cui il consulente finanziario viene retribuito, la seconda domanda da porre è: come ti sei formato per fare questa professione? Oltre alla sua formazione è fondamentale informarsi anche sul suo approccio alla professione. Propende più per la pianificazione finanziaria o l’analisi finanziaria? Si occupa di gestire i patrimoni nel sul complesso oppure si occupa solo della parte finanziaria? Collabora o è in società con altri professionisti affini alle questioni patrimoniali o è solo? Che struttura organizzativa ha?
Cosa cercano i clienti dai consulenti finanziari?
Ma la più scomoda verità nel settore della consulenza finanziaria riguarda il rapporto cliente-professionista. Spesso c’è un fraintendimento sostanziale al quale molti consulenti finanziari (indipendenti o venditori che siano) sottostanno per mera convenienza economica.
I clienti ritengono che il mestiere del consulente sia quello, in parole semplici, di far rendere il gruzzoletto sotto la loro consulenza. Il fraintendimento consiste nel fatto che il cliente da per scontato che il consulente finanziario sappia cose che nessun consulente può sapere.
Un buon consulente finanziario indipendente può fare molto cose positive, la maggioranza delle quali rientrano nella sfera di evitare aspetti negativi (costi e rischi inutili). Sul piano del rendimento, ciò che può fare il consulente è cercare di adeguare il profilo rischio/rendimento del portafoglio del cliente alle caratteristiche economico-patrimoniali e psicologiche dello stesso.
Nessun consulente finanziario è in grado di sapere come andranno i mercati in futuro. I mercati finanziari sono impossibili da prevedere per chiunque.
Se un consulente finanziario (indipendente o venditore che sia) focalizza l’attenzione sul possibile rendimento, questo dovrebbe essere un indice di allarme per il potenziale cliente.
Il problema è che questo è esattamente quello che la maggioranza dei potenziali clienti vorrebbe sentirsi dire. L’ideale, per il cliente medio, è trovare il consulente che sostenga di saper “far fruttare” i propri soldi al meglio senza scocciare con il profilo di rischio, le necessità finanziarie, senza imporre riflessioni, dover conoscere cose noiose, fare scelte ecc. “Se vado da un professionista, dovrà pur essere lui a dirmi cosa fare, no? Altrimenti facevo da solo.”
Purtroppo, quando parliamo di finanza, parliamo del “regno dell’incerto”.
I consulenti possono eliminare le inefficienze, cioè i costi ed i rischi inutili, ma non le incertezze.
L’ultima scomoda verità, quindi, riguarda gli investitori. Gli esseri umani hanno una perniciosa propensione a scambiare i desideri con le verità. E’ più facile credere ad una persona che ci dice che può fare ciò che non può fare, ma che noi vorremmo che facesse, rispetto ad una persona che ci dice una verità la quale implica per noi qualcosa di sgradevole.
L’ultima scomoda verità, in sintesi, è questa: se abbiamo dei risparmi da parte dobbiamo rimboccarci le mani e occuparcene, un bravo consulente finanziario indipendente può aiutarci, ma non può fare tutto.
Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio