La grande sfida dell’Islam

di Nicola Currò

Uno dei temi caldi dei nostri giorni è il rapporto tra la nostra civiltà, cosiddetta occidentale, e l’Islam. Si tratta di un confronto oramai imprescindibile per le nostre società, rispetto al quale difettano soluzioni adeguate al problema. La sensazione è che la politica e le istituzioni preferiscano muoversi più sul piano dell’emergenza che su quello della programmazione, finendo per generare nelle persone sentimenti di paura e angoscia che portano acqua al mulino del populismo.
Sul tema dell’integrazione dell’Islam nella cultura del nostro Paese, l’Italia, nei giorni scorsi a Rimini è intervenuto il gran muftì di Croazia, Aziz Hasanović, autorità riconosciuta dai governi del mondo e portatore di un modello di convivenza tra musulmani e cristiani. La presenza in Italia del gran muftì di Croazia è nata grazie ad un incontro con il professor Wael Farouq, docente all’Università Cattolica di Milano, il quale ha scoperto che nel paese balcanico esiste una grande comunità islamica che non genera alcun tipo di integralismo o atteggiamento violento. Un risultato che, secondo il muftì Hasanović, si è potuto ottenere grazie al governo croato che da tempo ha riconosciuto l’Islam come religione ufficiale al pari delle altre. Un altro fattore che ha portato al successo dell’integrazione dell’Islam in Croazia è aver puntato tutto sull’educazione, tant’è che Hasanović individua "nell’ignoranza il nemico più pericoloso per il mondo, motivo per cui gli imam che predicano in Croazia devono educare alla vera religione islamica, alla tolleranza e alla pace e lo devono fare davanti a tutto il popolo, parlando in croato". La Croazia "è l’unico paese dei Balcani che non ha dato alcun terrorista all’Isis per questo dialogo molto stretto", dialogo che ha generato un modello di integrazione che il gran muftì spera si possa attuare anche in altre nazioni.
Bisogna prestare molta attenzione alle parole pronunciate da Hasanović. Sbaglia chi pensa che in esse si celi suo un invito a censurare la fede cristiana o qualunque altra fede, al contrario si tratta di suggerimenti tesi a ripensare una "nuova" Europa che sappia ritrovare le proprie radici per difendere al meglio l’elemento che più di ogni altro la caratterizza, ovvero il pluralismo elemento necessario se non si vuole vedere le comunità ridotte a piccoli gruppi di persone che si ripiegano su se stesse separandosi dal resto della società della quale occupano uno spazio senza tuttavia condividerne il significato, l’identità e il futuro.
Le immigrazioni di massa pongono una grande sfida a tutti noi, la sfida del dialogo e dell’accoglienza. Una sfida rispetto alla quale è possibile attingere a modelli di integrazione che sembrano funzionare come quello croato. L’Italia, così come l’Europa, se vogliono vincere la sfida della moderna immigrazione devono guardare a modelli innovativi come quello attuato in Croazia, soprattutto devono tenere bene presente il pensiero che il teologo Romano Guardini delineava nelle sue dense e al contempo brevi riflessioni sull’Europa: “Se quindi l’Europa deve esistere ancora in avvenire, se il mondo deve ancora aver bisogno dell’Europa, essa dovrà rimanere quella entità storica determinata dalla figura di Cristo, anzi, deve diventare, con una nuova serietà, ciò che essa è secondo la propria essenza. Se abbandona questo nucleo, ciò che ancora di esse rimane, non ha molto più da significare”. Saremo in grado di recuperare tale significato dell’esistenza? Dipende da quanto saremo disposti a metterci in gioco, singolarmente e comunitariamente.