La timida iniziativa del ministro per la Salute Beatrice Lorenzin per sensibilizzare le donne, le mamme sulla loro fertilità e quindi alle eventuali nascite, ha sollevato un vespaio nel mondo politico e intellettuale. La giornata, chiamata
“Fertility Day”, dovrebbe svolgersi, salvo boicottaggio, il 22 settembre prossimo nei comuni italiani. La campagna è stata fatta in accordo con l’Anci, l’unione dei comuni italiani ed è volta a dare una corretta informazione tanto sulle tecniche di cura dell’infertilità, maschile e femminile, quanto sulla necessità di ascoltare l’orologio biologico della donna, che non aspetta.
Del resto ormai è arcinoto che sia nell’Italia che nel resto dell’Europa, si registrano poche nascite e che non si riesce ne’ a pareggiare né a superare i decessi. Pertanto ci sarà un motivo se Stati come la Danimarca hanno fatto campagne promozionali per invitare i concittadini“a fare l’amore”significa che il tema demografico e della denatalità inizia a diventare materia non solo per sociologi bigotti, ma anche dei governi.
Occorre precisare che la campagna del Fertility Day nasce come conseguenza di un documento di 137 pagine, chiamato Piano nazionale per la fertilità, elaborato dal Ministero dopo un anno di duro lavoro e di scontri attorno a un tavolo che ha visto confrontarsi esponenti di mondi eterogenei: ginecologi, andrologi, psicologi e ancora difensori della procreazione medicalmente assistita e sostenitori dei metodi naturali e di una visione ancora cristiana della maternità e della paternità.
Nonostante qualche perplessità, alla fine si stabilisce un concetto: la fertilità è un bene da promuovere. Così come si sancisce che per la prima volta un governo prende atto del problema demografico come urgente.
Il Fertility Day si assume due obiettivi:“affrontare il tema dell’infertilità dal punto di vista della salute e dunque dei soldi dei cittadini, visto che il curarla grava sulle nostre tasche e, non meno importante, far riflettere sul tema della denatalità, argomento tabù che più tabù non si può e che questo governo, grazie alla Lorenzin, ha per la prima volta sdoganato”. (Andrea Zambrano, Il fertily Day nella rete dei censori dell’anti life, 2.9.16, LaNuovaBQ.it)
I censori della campagna non hanno apprezzato in modo particolare le immagini che veicolavano l’iniziativa. In pratica timidamente, sottotraccia, la ministra intendeva ricordare ai genitori giovani:“Fate figli da giovani e ricordatevi che la fecondazione assistita è soltanto un ultimo passaggio, non per tutti e non sicuro. Insomma: prima di ricorrervi sappiate che la scienza medica ha fatto passi da gigante nello studio e nella cura dei problemi derivanti da infertilità”.
Figurarsi che cosa sarebbe accaduto se la Lorenzin avesse adottato“l’impenitente linguaggio utilizzato da un’agenzia di viaggi danese per invogliare le coppie a farsi una vacanza e a procreare per il bene della società? “Do it for Denmark”, fallo per la Danimarca. O in un’altra versione:“Do it for mom”, fallo per la mamma”. Oppure “immaginate che cosa sarebbe successo se nelle cartoline ci fosse stato scritto “Fatelo per l’Italia”. In quanti avrebbero gridato all’apologia di Fascismo? Eppure la ricetta è la stessa per tutti. Il problema semmai è riconoscere il problema” ( Andrea Zambrano, Lo spot e il bigottismo italico, 3.9.16, LaNuovaBQ.it).
In Italia però non c’è ancora la maturità per poterne parlare serenamente e soprattutto fattivamente. Infatti, nel mondo politico, tra i censori si sono distinti molti esponenti del Pd, vicini alla mentalità veterofemminista, definendo “retrograda” e “fascista” la campagna della Lorenzin. Qualcuno invita il ministro a chiedere scusa agli italiani. Mentre il premier Renzi, sollecitato dalla rete, nel corso di un’intervista su Rtl, dichiara che non sapeva niente della campagna del Ministero. Addirittura, non l’aveva vista:“avevo problemi più importanti da seguire. Certo non conosco nemmeno un amico che fa un figlio perché ha visto un cartellone, se vuoi creare una società che scommette sul futuro devi creare le condizioni strutturali, gli asili nido, i servizi, creare lavoro. Nei paesi dove si fanno figli non credo che sia per effetto di una campagna”. Naturalmente tutto falso, Renzi aveva firmato il decreto eccome.
Tuttavia le dichiarazioni di Renzi hanno suscitato qualche reazione, tipo quella del senatore Roberto Formigoni che ancora una volta rileva sui temi etici una radicale distanza del suo gruppo Area popolare, con quelli del governo. A questo proposito si augura che il suo partito non sottovaluti e non dimentichi queste dichiarazioni.“Parole forti che farebbero tremare le poltrone del governo se non ci fosse il precedente delle unioni civili a ricordare a tutti quanto stiano veramente a cuore i temi antropologici all’Ncd”.
Ha colto invece nel segno la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che al di là del metodo della campagna considera giusto il principio dell’iniziativa della Lorenzin. "In Italia non si fanno più figli e questo è un problema da affrontare a 360 gradi e in modo serio", dice la Meloni sostenendo che “purtroppo la sinistra che ci governa ha sempre preferito affrontare, invece, il dramma della denatalità degli italiani facendo entrare più immigrati, perché per loro parlare di figli e di natalità e’ troppo di destra".
Per il momento, la Lorenzin è stata costretta a ritirare le locandine pubblicitarie, magari per inventarne altre più soft.
Per quanto riguarda invece le reazioni fuori dal parlamento, quella più virulenta è stata dello scrittore Roberto Saviano, che peraltro lamenta che gli rovinano la festa proprio il 22 settembre, giorno del suo compleanno. Saviano,“dopo essere diventato autore di successo con il filone dell’antimafia è adesso impegnato nella sfida di moralizzare il Paese. Va da sé che Saviano, il quale incarna perfettamente il cliché del miglior intellò di sinistra, sia diventato il primo consigliere mediatico della grande stampa. Capace di dettare le agende e i tempi al governo di Matteo Renzi”. Interessante la descrizione che ne fa Luca Mastrantonio nel suo “Intellettuali del piffero” (Marsilio 2013):“Saviano è l’esempio più tragico di pifferaio magico. Il suo canto ha derattizzato la sua terra, parte di essa, portando fuori, allo scoperto, sotto la luce del sole, i topi, i camorristi. Però Saviano ha fatto fortuna, mediatica e pubblica, economica, pagando con la sua libertà; anzi, la messa in pegno della sua libertà è la garanzia, presso il suo pubblico, del valore del suo impegno, della sua parola. Che nessuno può più mettere in dubbio, perché attenterebbe alla sua vita – questo è il doppio scacco, per lui e gli altri. La reclusione ostentata, la quinta teatrale, la scorta mediatica”.
Ritornando alle polemiche, lo stesso Saviano pontifica che il Fertility Day sarebbe un insulto a chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe e non ha lavoro. E’ il solito refrain economico: non si fanno figli perchè si è disoccupati. “Attribuire l’insufficiente natalità a problemi economici è una leggenda nera. Tutti i paesi europei sono abbondantemente al di sotto del tasso di sostituzione che è di 2.1 figli a coppia. Compresa la Germania, paese notoriamente più ricco del nostro dove il tasso è addirittura più basso di quello italiano. Ma a qualcuno giova far credere alla favola del mancato figlio per precarietà. Quel che non si vuole vedere è che non si fanno figli perché non c’è più fiducia nella vita e nella relazione stabile di amore reciproco. E’ questo il cuore del problema, che però il ministro non ha potuto evidenziare”.(Ibidem)
Comunque sia forse è anche vero che dei manifesti, delle cartoline o dei video non modificano la situazione della denatalità, può darsi. Intanto è un fare qualche cosa di fronte ad un problema, quello della denatalità, che sta attanagliando e uccidendo il vecchio continente. Quello che conta è“il messaggio che si lancia. E se l’emergenza è l’inverno demografico in Danimarca non sono andati tanto per il sottile. In Italia la campagna del ministro Lorenzin sulla fertilità aveva più o meno lo stesso imprinting, decisamente più “casto”, ma il succo era quello: fate figli, donne state attente che come dicevano i latini tempus fugit. Invece si è scatenato il pandemonio tanto che alla fine la Lorenzin ha dovuto battere in ritirata e censurare le cartoline”. (Ibidem)
Certo la campagna danese ha dato dei timidi frutti, pare che nel 2015, sono nati 1500 neonati in più rispetto all’anno precedente. Dunque non c’è stato“un boom di nascite – fanno notare i demografi – ma un’inversione di tendenza sì. Da misurare però almeno nell’arco di un quinquennio”.
Del resto se lodiamo le immagini di morte contro il fumo, perchè non fare altrettanto con la questione della denatalità? Non c’è anche qui in ballo la vita? Forse che quello dell’estinzione di una società per mancanza di nati non è un dramma altrettanto urgente? La Danimarca l’ha capito e cerca di prendere provvedimenti. In Italia al contrario, i nostri contorsionisti della comunicazione, i nostri governanti, ancora non lo capiscono e continuano a fare come il “re di Prussia”.
Domenico Bonvegna
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