LA POVERTÀ IN ITALIA È ESPLOSA E ATTRAVERSA L’INTERA SOCIETÀ

Dall’inizio della crisi a oggi la povertà assoluta, ovvero la condizione di coloro che non hanno le risorse economiche necessarie per vivere in maniera minimamente accettabile, è aumentata in Italia fino a esplodere. Si è passati, infatti, da 1,8 milioni di persone povere nel 2007 (il 3,1% del totale) a 4,6 milioni del 2015 (il 7,6%). Negli anni scorsi, la povertà assoluta ha confermato il suo radicamento in quei segmenti della popolazione in cui già in passato era più presente − il sud, le famiglie con anziani, i nuclei con almeno 3 figli minori e quelli senza componenti occupati − ma è anche notevolmente cresciuta in altri, prima ritenuti meno vulnerabili: il centro-nord, le famiglie giovani, i nuclei con 1 o 2 figli minori e quelli con componenti occupati. Il risultato è che la presenza quantitativamente significativa dell’indigenza tocca oggi l’intera società italianae non è più circoscritta solo ad alcune sue componenti. Nonostante ciò, il nostro Paese resta – unico in Europa insieme alla Grecia – ancora privo di una misura nazionaleuniversalistica contro la povertà assoluta rivolta a chiunque si trovi in questa condizione. La sua introduzione è stata richiesta – da più parti – sin dagli anni ’90 senza trovare ascolto da nessuno dei Governi susseguitisi nel tempo. Nello scorso autunno, la Legge di stabilità per il 2016 ha segnato una netta discontinuità rispetto alle scelte del passato, sotto due profili. Per quanto riguarda le risorse economiche, è stato compiuto uno sforzo senza precedenti con lo stanziamento di 600 nuovi milioni di euro per il 2016 e di 1 miliardo assicurato stabilmente a partire dal 2017. E rispetto alla progettualità, è stata prevista la presentazione di un disegno di legge delega per la complessiva riforma del settore, che porterà all’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, il Reddito d’Inclusione (REI). Attualmente i nuovi stanziamenti finanziano due misure transitorie, il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) e l’Assegno per la Disoccupazione (ASDI), che nel corso del 2017 saranno assorbite nel REI, la misura definitiva. Al suo finanziamento concorreranno le risorse indicate sopra e le altre che si deciderà di stanziare. Il disegno di legge delega, presentato dal Governo a febbraio, è stato discusso dalla Camera e ora è all’esame del Senato. L’Alleanza contro la povertà in Italia, che raggruppa 37 soggetti sociali, dai Comuni alle Regioni, agli enti di rappresentanza del Terzo settore, è certamente uno degli attori di questa fase di cambiamento a partire dalla elaborazione del Reddito di Inclusione Sociale, una proposta puntuale e articolata che cerca di affrontare tutti i possibili nodi attuativi. Per queste ragioni l’Alleanza, che vede anche Caritas Italiana protagonista, ha partecipato costantemente al dibattito in corso, attraverso un confronto di merito con le forze parlamentari – di maggioranza e opposizione – e con il Governo. Le misure transitorie dentro un orizzonte definito “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” In attesa della riforma, le realtà del welfare locale si confrontano con l’attuazione delle misure transitorie. Il SIA, in particolare, contiene in sé numerosi elementi – seppure in scala ridotta – del futuro REI. La fase attuale vede impegnati i soggetti sociali – accanto agli enti locali – nello sforzo di rendere efficaci gli interventi di contrasto alla povertà esistenti, contribuendo alla loro attuazione, alla valutazione e al miglioramento del processo complessivo. L’avvio del SIA non può che essere impegnativo perché richiede modalità di lavoro nuove, basate soprattutto sulla collaborazione interistituzionale e la costruzione di reti tra i soggetti territoriali per la presa in carico delle persone in povertà. Sono percorsi inediti per le nostre politiche sociali: è inevitabile incontrare difficoltà attuative e sarebbe strumentale agitarle per affermarne la loro irrealizzabilità. Il punto è trasformare queste fatiche in un’occasione preziosa per iniziare a costruire un nuovo sistema di welfare rivolto ai poveri: l’unica strada possibile e ragionevole è renderle sin da subito parte di un Piano pluriennale di sviluppo. Cominciano, quindi, settimane decisive per le scelte politiche sul futuro della lotta alla povertà in Italia. La discussione parlamentare sulla legge delega entra nella sua fase conclusiva e dovranno essere prese le decisioni, a essa strettamente correlate, riguardanti la Legge di bilancio e il Piano nazionale contro la povertà, cioè lo strumento che indicherà l’ampliamento dell’utenza del REI previsto nei prossimi anni e le azioni da compiere al fine di accompagnarne l’introduzione nei territori. La prossima legge di stabilità dovrebbe – secondo le ultime dichiarazioni del Governo – incrementare di ulteriori 500 milioni il miliardo già reso disponibile a partire dal 2017. Considerate le misure già esistenti per i poveri, si dovrebbe arrivare a complessivi 2 miliardi di euro, con i quali si potrà intercettare solo una quota della popolazione indigente certamente inferiore al 35% del totale. Il Governo, d’altra parte, non ha sinora palesato le proprie intenzioni in riferimento a (eventuali) altre azioni previste dal 2018 in avanti. Per il 2017, 2 miliardi sono la cifra sufficiente. Mettere in campo maggiori risorse sin dall’avvio del REI significherebbe chiedere ai servizi locali di raggiungere una quota troppo estesa di poveri. Questo obiettivo, apparentemente auspicabile, comporterebbe in realtà di operare una trasformazione di ampia portata in un periodo eccessivamente limitato, con contraccolpi negativi sui destinatari e sulla credibilità della riforma. Il vero discrimine, infatti, non consiste nello stanziare più risorse possibili nell’immediato, bensì nell’avviare da subito un progetto di cambiamento pluriennale credibile, come richiesto dall’Alleanza contro la povertà. La qualità della riforma, in altre parole, non si giudica dall’entità degli stanziamenti per il prossimo anno bensì dalla capacità – o meno – di costruire un concreto progetto di cambiamento che porti a radicare entro il 2020.