Prostituzione illegale, ma i proventi sono tassabili… E allora?

Ennesima sentenza della Corte di Cassazione sulla tassabilità dei proventi da prostituzione. Con la sentenza n. 22413 del 4 novembre 2016 la Corte ha respinto il ricorso di una contribuente che si era opposta ad analoga sentenza di condanna da parte dei giudici di merito della Commissione tributaria regionale (Ctr). Nella fattispecie, l’elemento che meglio evidenzia questa sentenza, è che i giudici non hanno ritenuto giusto tassare gli introiti da prostituzione come redditi da impresa, ma come “redditi diversi derivanti dall’attivita’ di lavoro autonomo non esercitata abitualmente…”. Una sentenza che, in virtù del fatto che nel nostro Paese la prostituzione continua di fatto ad essere illegale, conferma il monumento giuridico all’ipocrisia su basi moralistiche. In Italia è vietato l’adescamento e non la prostituzione di per sè, anche se non c’è modo di poter esercitare la stessa in un qualche luogo che non sia soggetto ai rigori della legge. Inoltre, non sono poche le amministrazioni locali che, con la scusa di divieto di fermata, intralcio al traffico et similia, usano queste norme del codice della strada per rimuovere la prostituzione per strada (ottenendo il solo spostamento in altri luoghi). Fino a quelle amministrazioni che, inviando a casa queste multe con tanto di motivazione, o mettendo appese in qualcosa di assimilabile a una bacheca (virtuale o meno che sia) le specifiche multe, hanno deciso con una gogna mediatica di far fronte alle loro necessità economiche, alle legittime proteste dei residenti che non ne possono più della prostituzione per strada, e agli specifici pruriti moralistici (talvolta conditi di presunto femminismo, comunque autoritario e repressivo della libertà dei singoli). E chissà -perchè pur sempre qualcosa ci sfugge- quali altri diavolerie le singole amministrazioni si sono inventate. La creatività amministrativa in materia -e non solo- è prolifica sul filo della legalità o in aperta violazione della stessa. Oggi, con questa sentenza di Cassazione prendiamo atto -per l’ennesima volta- che anche la Suprema Corte ha adottato il metodo della creatività -giudiziale in questo caso- per tirare qualche ragno dai buchi neri della nostra normativa in materia.
Proposte di legge per la legalizzazione della prostituzione ce ne sono da anni, ma sono sempre lì. Ognuno con le caratteristiche morali e culturali dei presentatori… fino a quelle che illusoriamente prevedono legalizzazioni di sole cooperative di venditrici e venditori di sesso… come se le coop non fossero business al pari di una holding di capitali… Ma senza entrare nello specifico, siamo qui per sottolineare come si continui a vivere in bilico su questo muro di ipocrisia perche’, come in tutte le cose della vita, non si vuole scontentare qualcuno con una legge che modifichi l’attuale decrepito quadro normativo. Ok, ci sentiamo alla prossima sentenza? Se poi qualche venditrice o venditore di sesso si arrabbia perchè deve pagare le tasse ma non può godere dei benefici come qualunque altro contribuente, ci troverà al suo fianco. O forse qualcuno sta aspettando il cosiddetto LA (quello musicale) da parte di papa Bergoglio? Ci sta che arrivi, viste le performance inusuali e talvolta azzeccate (anche al di la’ degli specifici principi di fede per cui vengono fatte) del capo della Chiesa cattolica romana… ma intanto?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc