Sentenza storica: stop all’attribuzione automatica del cognome paterno ai nuovi nati quando i genitori non sono d’accordo. Lo ha stabilito oggi la Consulta accogliendo la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova, dichiarando l’illegittimità della norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori. Il caso in esame davanti ai giudici di Genova riguarda un bambino, nato nel 2012, che ha cittadinanza italo-brasiliana e che, dunque, finora è stato identificato con nomi diversi nei due Stati. Sulla decisione del giudice delle leggi, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha pesato con ogni probabilità la condanna emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a carico dell’Italia perché l’impossibilità di derogare alla regola del patronimico è discriminatoria verso le donne. E in precedenza si ricorda un’ordinanza della Cassazione che già nel 2008 chiedeva di sciogliere il nodo. Nel 2006 la Consulta aveva dichiarato inammissibile la questione sostenendo che la soluzione del problema spettasse al legislatore pur definendo l’attribuzione automatica del cognome del padre un «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia». La regola del patronimico era desumibile alcuni articoli del codice civile, da un regio decreto del 1939 e da un decreto del presidente della Repubblica del 2000. Vittoria per i genitori del bambino che ha cittadinanza italiana e brasiliana, per cui è identificato con un nome diverso nei due Stati: la controversia è promossa dalla coppia assistita dall’avvocata Susanna Schivo dopo il no dell’ufficiale di stato civile di apporre al figlio, nato nel 2012, anche il cognome della mamma. Ora l’impiegato dell’anagrafe non potrà più rifiutarsi di fronte alla volontà dei genitori: la norma cade per la violazione dell’uguaglianza e la pari dignità dei genitori. La decisione della Corte costituzionale rappresenta una svolta: risale a quasi quarant’anni orsono la prima proposta in Parlamento per poter dare ai figli il cognome della mamma, mentre risulta bloccato da due anni l’iter alle Camere per una modifica normativa in tal senso.