Durante una intervista, sotto-casa della povera Fabrizia Di Lorenzo, la ragazza uccisa nella strage del mercatino di Berlino, mi ha colpito una frase di una persona, forse un parente, intervistata da un giornalista del tg: “non ci sono parole”, ha ripetuto più volte. Si tratta di una frase di circostanza, che spesso si ripete in questi tristi momenti. Però le parole e le riflessioni ci sarebbero eccome.
La prima, perchè una giovane ragazza così piena di vita è morta in quel modo lontana da casa propria. Perché Fabrizia che aveva due lauree e anche degli stage, con questo curriculum, ha dovuto abbandonare il nostro Paese? La risposta la conoscono anche le pietre. Ormai sono tanti, troppi i giovani che sono costretti a cercare lavoro all’estero, o addirittura a studiare e fare ricerca. Si sa l’Italia, non offre nulla di tutto questo.
Pertanto questa morte diventa ancora più amara per noi italiani. Pertanto in questo momento di lutto nazionale, la scomparsa della povera Fabrizia ci fa venire in mente i tanti italiani caduti, per colpa del terrorismo jihadista. A proposito chi si ricorda di questi italiani.
Sui media, sono pochi, qualche elenco l’ho rintracciato, sfogliando internet, lo fa il Corriere della Sera e l’Espresso, l’unico a ricordarli in questi giorni, è stato Andrea Morigi in un intervento abbastanza dettagliato, pubblicato sul quotidiano Libero del 22 dicembre scorso. Non mi risulta che altri ne hanno parlato.
Questi morti scrive Morigi,“fossero stati uccisi dalle Brigate Rosse o da terroristi di destra, avrebbero ottenuto i benefici riservati dalla legge alle vittime della violenza politica. Invece si tratta di odio religioso e perciò non riceveranno un bel nulla”. (A. Morigi, Il bilancio semisconosciuto della follia jihadista: ecco l’elenco dei nostri morti, 22.12.16, Libero)
Il giornalista di Libero, in una accurata e documentata ricerca ha fornito un elenco degli italiani caduti durante questa guerra a pezzi, asimmetrica che bene o male coinvolge l’Occidente a partire dall’11 settembre 2001.
Infatti gli attacchi alle Torri Gemelle e il Pentagono sono l’inizio di una strage non ancora conclusa. La data dell’11 settembre 2001, dove morirono migliaia di persone, tra cui una decina di italiani, è ormai ricordata a malapena. Esiste qualche targa o piazza dedicata alla loro morte, ai parenti si chiede rassegnazione e silenzio. Addirittura “si tolgono dalla circolazione i filmati degli italiani sgozzati, come Fabrizio Quattrocchi, assassinato dai jihadisti il 14 aprile 2004 in Iraq”. Ricordate, allora Quattrocchi disse: “Vi faccio vedere come muore un italiano, ma su quell’ultimo suo eroico momento di vita è calato il silenzio, anzi si è stesa una censura di tomba.Scrive Morigi, “È trascorso più di un decennio da quell’episodio, perciò si dirà che è naturale che la cronaca si occupi di avvenimenti più attuali e vicini nel tempo”.
Tuttavia, il fondamentalismo islamico continua indisturbato a massacrare uomini e donne di qualsiasi nazionalità e di religione, compresi gli italiani. Si potrebbe fare un sondaggio, su chi si ricorda i nomi degli italiani che hanno trovato la morte orribile il 1 luglio scorso in un ristorante di Dacca, la capitale del Bangladesh, nell’assalto di un commando dell’Isis. Facciamo il nostro dovere segnalarli: Nadia Benedetti, Cristian Rossi, Marco Tondat, Claudio Cappelli, Vincenzo D’Allestro, Simona Monti, Maria Riboli, Claudia D’ Antona e Adele Puglisi. E’ bene ricordare ai tanti distratti che questi italiani “sono stati torturati e poi trucidati senza pietà perché non sapevano recitare il Corano a memoria”. Per qualche giorno, la notizia ha occupato le prime pagine, ma non ne è rimasto nulla. Si preferisce dimenticare, nella speranza che il fenomeno della violenza islamica si attenui da sé, come se bastasse l’oblìo”. Ma l’elenco degli italiani non finisce qui, chi si ricorda di: Carla Gaveglio, Maria Grazia Ascoli, Gianna Muset e Angelo D’Agostino, Mario Casati e Nicolas Leslie, travolti dal camion guidato da un kamikaze musulmano a Nizza. E degli altri quattro italiani, Giuseppina Biella, Francesco Caldara, Orazio Conte e Antonella Sesino, caduti sotto i colpi d’ arma da fuoco dell’Isis il 18 marzo 2015, al museo del Bardo di Tunisi. Al massimo si riserva “tanta compassione per loro, molta solidarietà almeno fino ai funerali. Peccato che la loro scomparsa sembri quasi da attribuire a fenomeni atmosferici, come se contro il terrorismo non ci fosse nulla da fare. Si interviene sul cambiamento climatico, ci si impegna con successo nella ricerca per combattere le patologie più gravi. Solo la jihad sembra un fatto ineluttabile, capace di generare reazioni fataliste”. Morigi cita anche quelli che veramente si fa fatica a ricordare come il bambino Michel Santomenna di 9 anni, figlio di Gaetano, il titolare del ristorante-caffé Cappuccino di Ougadougou nel Burkina Faso preso d’assalto dai terroristi di Allah. La lista è lunga, ci sono poi i militari, impegnati in prima linea a difendere la pace, in Afghanistan, in Iraq, questi hanno avuto più fortuna, sono ricordati, in particolare i 19 italiani di Nassirya in Iraq, carabinieri, militari e civili, uccisi, per loro è stato dedicato anche un film. Comunque sia questi morti sono fatti pubblici, con un rilievo politico e religioso. Ed è grave quello che accade per quanto riguarda la morte di Salvatore Failla e Fausto Piano, ritrovati senza vita a Sabratha in Libia e che non avranno “nemmeno la pensione perché l’Inps pretende un certificato della prefettura che attesti la condizione di familiare superstite di vittima del terrorismo”.
Domenico Bonvegna