Medici e dirigenti su DL milleproroghe

L’emendamento delle Regioni al decreto milleproroghe in conversione al Senato, con il quale chiedono che il taglio, in atto dal 2011, dei fondi accessori del contratto nazionale dei medici e dei dirigenti sanitari prosegua per tutto il 2017, è una rapina a mano armata. Un emendamento senza rationale, senza l’alibi della delega di riforma della pubblica amministrazione, senza pudore, senza vergogna.

Dopo il tentativo di ridurre gli organici, alla faccia delle aspirazioni dei precari, attraverso un calcolo del fabbisogno di personale con un metodo fordista che confonde sala parto con catena di montaggio, cronometro con stetoscopio, le Regioni attaccano le condizioni economiche su cui si fonda la stessa possibilità di attuare quell’articolo 22 del Patto della Salute che fingono di discutere con il Ministro.

Per fare cassa chiedono al Governo di continuare il saccheggio dei fondi contrattuali dei medici e dei dirigenti sanitari, non considerando sufficienti i 650 milioni già sottratti per via legislativa ed esegetica negli ultimi 5 anni. Di modo che il piatto contrattuale è servito, con risorse incerte e scarse aggiunte a livello nazionale e risorse certe ed ingenti sottratte a livello regionale. Poco importa che proprio il salario accessorio deve remunerare flessibilità, merito, disagio. Altro che aumenti stipendiali. Dai tagli lineari si è passati al taglio specifico per i medici ed i dirigenti sanitari che, senza contratto da otto anni, hanno salvato dal tracollo il servizio pubblico malgrado il definanziamento, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il vistoso calo degli organici.

Incapaci di mettere ordine nei loro bilanci, e di riorganizzare la rete terrritoriale ed ospedaliera, le Regioni perseguono come unica politica economica lo scippo delle risorse contrattuali, indifferenti al calo della qualità e quantità dei servizi erogati ai cittadini. Per preservare i propri gruppi dirigenti, svuotano in modo perverso l’articolo 32 della Costituzione, ampliando la frattura tra istituzioni e professionisti che aggrava l’impoverimento, di risorse economiche ed umane, della sanità pubblica e ne accelera il tracollo, favorendo l’espansione della sanità privata. Ma non saranno certo furbizie ed opportunismi a garantire la salute dei cittadini.

Al Governo, ed al Parlamento, spetta la responsabilità politica di assecondare o respingere una proposta indecente, senza palleggiamenti di responsabilità. Noi mettiamo tutti i giorni la faccia davanti al disagio dei pazienti, è tempo che la classe politica ci metta la sua. Sarà un utile elemento di giudizio per le prossime elezioni amministrative e politiche.

Le organizzazioni sindacali della Dirigenza medica e sanitaria chiedono, pertanto, al Governo ed in primis al Ministro della salute, di non piegarsi a questo ricatto, che mette a rischio la stessa riforma dei LEA ed il rinnovo contrattuale. Ed ai parlamentari di tutti i partiti, in particolare ai medici ed agli altri professionisti sanitari che siedono al Senato ed alla Camera, di evitare l’ennesimo scippo con beffa alle categorie che lavorano per garantire la tutela della salute dei cittadini.

Il Governo faccia le sue scelte, ma sappia che di fronte a ulteriori atti ostili non sarà possibile ricucire un interlocuzione con importanti categorie professionali che, comunque, non rimarranno inerti ad assistere allo scempio dei loro contratti di lavoro, all’uso incontrollato delle risorse e alla deriva verso la sanità privata.