Overdosi, pusher ogni dieci passi in città e nelle scuole, piccola e grande criminalità legata al traffico di droga, tribunali intasati e galere stracolme. Questo è il risultato del proibizionismo che caratterizza la politica sulle droghe da decenni.
Sarebbe sufficiente legalizzare, regolamentare, controllare il mercato e le sostanze al pari di alcol e tabacco, offrire supervisione medica a chi vuole consumarle, e di colpo sparirebbero i pusher, i guadagni da spaccio per la criminalità, e si ridurrebbero al lumicino i casi di overdose. I tribunali tornerebbero a respirare, le forze di polizia potrebbero concentrarsi su altri fenomeni criminosi, le carceri avrebbero una chance di tornare umane e rispettose del diritto italiano, europeo e internazionale. Risparmieremmo da un lato svariati miliardi di euro buttati via oggi in una politica chiaramente inefficace e controproducente, e dall’altro avremmo la possibilità di incassare altri miliardi in tassazione e indotto (con la legalizzazione della sola marijuana, si calcola un beneficio di 8 miliardi a favore della collettività).
Eppure, ancora oggi, prevale il moralismo sulla ragionevolezza, e quindi l’uso dell’apparato repressivo su quello sanitario. Poco importa che combattendo la ‘droga’ in questo modo, se ne amplifichino gli effetti deleteri all’infinito. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, letteralmente: basterà affacciarsi alla finestra di casa o fare una passeggiata al parco.
Pietro Moretti, vicepresidente Aduc