di Roberto Gugliotta
Per stilare un manifesto politico (o qualcosa che ci si avvicina molto) non ci vogliono pagine e pagine di programma né vagonate di intellettuali che disputano sulle virgole: bastano pochi valori ben scelti e ampiamente condivisibili, una manciata di fotografie che ripercorre la storia del nostro territorio in novanta secondi novanta e un testo sintetico che parla ai sentimenti, nonché una buona dose di luoghi comuni sul bene e sul male, su ciò che è giusto e su ciò che è sbagliato. Tra qualche giorno ci sarà il doloroso ricordo della strage di Capaci e tutti saranno pronti a invocare fermezza e onestà. Giovanni Falcone fu un uomo che non cedette mai, né alle minacce, né alle intimidazioni, né alle insinuazioni, né a quelle solitudini che fatalmente accompagnano un incarico delicato come era il suo. E questo, evidentemente, non gli fu perdonato. Servirebbe molto altro per rendere alta una Giustizia che solo apparentemente è sotto lo stesso cielo, perché ciascuno possiede il proprio orizzonte per carpirne il riflesso migliore. La verità dei fatti interessa a pochi e a pochissimi sapere quali e quanti inferni uno come Falcone ha dovuto attraversare per vedere riconosciute le proprie ragioni, che poi sono le ragioni di un Paese schiavo del potere. La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo. Il nostro tempo. Noi cresciamo e maturiamo collezionando queste esperienze. Sono queste, che poi vanno a definirci. Alcune sono più importanti di altre perché formano il nostro carattere. Ci insegnano la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La differenza tra il bene e il male. Cosa essere e cosa non essere. Ci insegnano chi vogliamo diventare. In tutto questo, alcune persone, alcune cose, si legano a noi in modo spontaneo e inestricabile. Ci sostengono nell’esprimerci e nel realizzarci. Ci legittimano nell’essere autentici e veri. E se significano veramente qualcosa ispirano il modo in cui il mondo cambia. Intanto gli scandali vengono a galla: la tangente la dà o non la dà?, il sottosegretario ci è o ci fa? e cosa resta? Fuffa, «vecchia politica». E’ una vita che le cose vanno così, dovremmo scandalizzarci adesso? Ma và.