Previdenza, assistenza e sanità sono le voci di spesa per il cosiddetto welfare.
Vediamone alcuni aspetti.
1) Previdenza: le pensioni, prevalentemente retributive, rappresentano la parte più consistente della spesa, con ben 218 miliardi di euro.
2) Assistenza: interventi assistenziali (pensioni sociali, invalidità, accompagnamento, ecc.) per una spesa di 69 miliardi, più le prestazioni temporanee (assegni familiari e trattamenti di famiglia, integrazioni salariali, disoccupazione) per 28 miliardi, le prestazioni Inail per 10 miliardi e il welfare degli enti locali per altrettanti 10 miliardi.
3) Salute: la spesa sanitaria è di 112 miliardi di euro.
Il totale della spesa per il welfare è, quindi, di 447 miliardi di euro, che rappresenta il 54% dell’intera spesa pubblica. Ovviamente, tutto può essere razionalizzato, ma non si può dire che si spenda poco per il welfare.
Rimangono alcune aree di disagio sociale ed economico (povertà), per risolvere il quale la maggioranza dei Paesi europei ha istituito il cosiddetto reddito minimo, che non e’ il reddito di cittadinanza, come già specificato.
Vediamo le iniziative in corso.
Il Governo ha varato, per il 2017, il reddito d’inclusione, inserito nel Piano nazionale per la lotta alla povertà. Lo stanziamento è di 1,6 miliardi di euro e dovrebbe sostenere 400 mila famiglie. L’Istat stima che le famiglie in povertà assoluta siano 1,6 milioni, delle quali un terzo sono straniere. Lo stanziamento governativo risulta, pertanto, insufficiente.
Il M5S ha proposto l’istituzione del reddito minimo con una spesa annuale di 20 miliardi. Vediamone un aspetto.
La spesa maggiore, per 5 miliardi di euro, riguarda la voce: Divieto cumulo pensionistico. Non cumulabilità redditi autonomi e dipendenti. Tagli Organi Costituzionali. Taglio dividendi Banca d’Italia. Dividendi Inps – Partecipazioni Banca d’Italia.
Le prime tre voci devono essere verificate a consuntivo, quindi non vi è certezza dei risultati.
Il divieto di cumulo pensionistico riguarda i redditi autonomi e dipendenti. L’osservazione che viene spontanea è semplice: se un cittadino ha versato contributi per due pensioni, perché se ne vuole togliere una? Di fatto si sottrae una pensione che è pagata con i versamenti effettuati. I dividenti di Banca d’Italia e dell’Inps confluiscono nelle casse pubbliche, tagliandoli si crea un ammanco, con aumento del debito pubblico, cioe’ nostro, che, al 2016, ammontava a 2.217 miliardi di euro. Per i tagli agli Organi Costituzionali si può far riferimento, per esempio, alle indennità dei parlamentari, la cui diminuzione comporterebbe, però, una minore entrata fiscale, il che significa che la somma risparmiata sarebbe irrilevante rispetto agli obiettivi prefissati.
Insomma, non manca la fantasia, manca la concretezza.
Proposte
Equitalia ha certificato che ci sono complessivamente 812 miliardi di euro da riscuotere (!!!), cioè già messi a ruolo, ma che si potranno recuperare solo 52 miliardi (!!!). Comunque, con 52 miliardi si potrebbe intervenire sulla povertà e, anche, investire in opere pubbliche.
Inoltre, nel 2014, l’ammontare dell’evasione fiscale e contributiva è stato di 112 miliardi di euro. Ce ne sarebbe a iosa per nuovi interventi pubblici.
I problemi si potrebbero affrontare facendo pagare le tasse a chi le deve pagare. Si chiama equità, quella responsabile.
Troppo difficile?
Primo Mastrantoni, segretario Aduc