"Non credo che questa sia una emergenza, sarebbe sbagliato chiamarla emergenza…". Lo ha detto il ministro per l’ambiente Gian Luca Galletti arrivando a Livorno per un vertice al centro operativo, sottolineando così come quanto successo ieri nella città toscana è il frutto "dei cambiamenti climatici e non solo". Come governo abbiamo stanziato milioni di euro per ripulire i fiumi e i tombini, questi soldi vanno spesi". Non abbiamo elementi per sostenere, di conseguenza, che quanto accaduto sia responsabilita’ delle amministrazioni locali che non sono state in grado di fare prevenzione coi mezzi e fondi messi a loro disposizione. Ma le parole di un ministro non vanno mai prese alla leggera. A corollario, pensiamo -pur nella sua ridotta dimensione nel contesto italiano ed internazionale (Irma in primis)- a quanto accaduto nella capitale Roma, allagata per l’ennesima mancanza di pulizia di caditoie et simili, cosi’ come denunciamo da anni. E poi, ogni città, inclusa quella da cui scriviamo Firenze, ha la sequela di danni e disastri che, sostanzialmente, accadono per la mancanza di prevenzione e/o sottovalutazione degli eventi climatici. Cosa accade? Lo sanno tutti, pochi ci pensano, e ancor meno pochi cercano di agire.
Il cambiamento climatico, con l’aumento delle temperature, non e’ piu’ armonizzato ai nostri modelli di vita e di sviluppo. Per fare solo un piccolo e “banale” esempio: la casetta -anche economica- agognata proprio sul mare, nelle Keys Island di fronte a Miami, o la casetta sulle coste genovesi, sono un pericolo per la nostra vita. O ancora, gli alberi dei viali delle nostre città, oltre a essere belli ed ombrosi, vanno valutati per la loro resistenza ad intemperie con ben oltre 100 Km/h (come se Trieste con la sua bora fosse ovunque). Niente di nuovo. Abbiamo sempre visto (e sottovalutato) le immagini di eventi climatici estremi in Paesi del Terzo e Quarto Mondo, con case e citta’ sventrate, morti a bizzeffe, essenzialmente per la mancanza di resistenza delle infrastrutture…. Ebbene, questa mancanza di resistenza, sia per la accentuata forza degli eventi sia perche’ gli stessi si manifestano in luoghi prima solo marginalmente toccati, oggi riguarda anche noi. E sembra che siamo solo agli inizi di una esclation sempre piu’ cruenta, diffusa e che raggiungera’ luoghi considerati fino ad oggi sicuri (per restare a casa nostra: qualcuno pensava o prevedeva quello che e’ accaduto a Livorno?).
Siamo allarmisti, visto che anche le piu’ alte autorita’ (pensiamo ai ministri della nuova amministrazione Usa) ridimensionano fenomeni e preoccupazioni? Non lo sappiamo. Registriamo, fotografiamo, ascoltiamo, ci informiamo e leggiamo -per esempio- quello che ha detto il nostro ministro Galletti.
Gia’ sentiamo le voci dei cosiddetti realisti dell’oggi: “Eh, ma quanto ci costerebbe rivedere tutti i nostri modelli e le nostre realizzazioni infrastrutturali? Impossibile agire, meglio mettere i tamponi quando ci sono i buchi”. Crediamo che questo approccio forse poteva andare bene fin all’altro ieri, ma oggi, anche in termini economici, siamo sicuri che costa meno tappare i buchi che non spendere per i cambiamenti prima che i buchi si manifestino? Sempre, ovviamente, di voler guardare oltre il proprio naso e il proprio giardino.
Il particolare e il generale. Questa e’ una riflessione per la conseguenziale azione di ognuno nel proprio ambito: il legislatore che deve approvare le norme, l’amministratore che deve renderle esecutive, fino al privato che deve mettere -piu’ resistente, piu’ costosa e coi materiali del caso- la tettoia al proprio capanno o la tenda alla propria veranda.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc