di Luca Basilio Bucca
La XVII legislatura ormai giunta a conclusione sarà ricordata, tra le altre cose, anche come quella dell’attacco alla grammatica da parte della politica, una fregola linguistica che tanto ricorda la neolingua orwelliana di 1984.
Si pensi alla “battaglia” del Presidente della Camera Laura Boldrini per la declinazione al femminile di termini come giudice, ministro o presidente quando riferiti a donne che ricoprono queste cariche o alla richiesta un po’ stizzita del Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli rivolta ad un giornalista qualche mese dopo la sua nomina: «Riesco a dirle di chiamarmi ministra? No, è complicato…».
Le tante battute, meme e rappresentazioni satiriche ispirate proprio dalle rivendicazioni grammaticali di queste due donne di sinistra sembrerebberodare ragione proprio ad un’icona di sinistra come Karl Marx, il quale affermava che la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.
Effettivamente – per quanta ilarità possano suscitare certi argomenti,nonostante l’attuale situazione richiederebbe l’attenzione della politica verso ben più importanti questioni – la storia ricorda epoche nelle quali le ideologie accompagnarono le innovazioni linguistiche a feroci persecuzioni, come i rivoluzionari francesi fautori della ghigliottina e ideatori di un calendario rivoluzionario nel quale anche i nomi dei mesi non erano più quelli tradizionali oppure i comunisti sovietici che cambiavano i nomi alle città – Leningrado, Stalingrado, Kalingrado -e rinchiudevano gli oppositor nei gulag.
Intanto in molti sembrano allinearsi e sempre più frequentemente capita di leggere o ascoltare giornalisti – anche importanti- che utilizzano termini come ministra, sindaca o capitana.
A squarciare il velo di ipocrisia e politicamente corretto c’ha però pensato di recente la serie televisiva Don Matteo, che nella prima puntata dell’undicesima serie da poco in onda su Rai Uno, mostra proprio il nuovo Capitano dei Carabinieri, interpretato dall’attrice Maria Chiara Giannetta, mentre redarguisce con decisione il Maresciallo Cecchini rivoltosi a lei chiamandola “capitana”: «La parola capitano si usa solo al maschile, la parola capitana non esiste.»
Niente più che senso comune in fin dei conti, e non c’è da stupirsi dal momento che il personaggio di don Matteo è ispirato al padre Brown di Gilbert Keith Chesterton, autore che del senso comune è stato un grande sostenitore.
Speriamo allora di potere dire che il caso è chiuso, anche la grammatica ha delle leggi che vanno rispettate e… Agli ordini signor Capitano!