Qualcuno ha scritto che il 4 marzo non è stato sconfitto solo il Pd di Matteo Renzi ma anche i cattolici e non solo quelli che hanno votato per il Pd. I cattolici sconfitti sono quelli dell’«idea fissa», quelli che per ogni decisione politica fanno riferimento agli omosessuali, e più o meno tutto quanto attiene alla sfera della sessualità e della riproduzione.
In pratica si tratta, non tanto della maggioranza dei cattolici che si limita a frequentare la messa, ma di quella minoranza rumorosa che sostiene sempre e comunque i «principi non negoziabili», che li brandisce in ogni circostanza anche durante le elezioni. Certo è buona cosa ribadire il rispetto della vita, della famiglia naturale, e non delle «famiglie», il matrimonio tra un uomo e una donna. Sono valori fondamentali, che vanno difesi, ma che da qualche tempo non attirano più gli elettori e non solo quelli italiani. Quindi per le elezioni non sono decisivi per vincerle.
Il 14 marzo scorso Il Foglio ha chiesto a varie personalità il motivo dello scollamento tra la linea della chiesa e le scelte dell’elettorato cattolico. Tra le interviste prendo in considerazione le riflessioni del sociologo torinese Massimo Introvigne, sociologo e direttore del Cesnur (Centro Studi Nuove religioni). («Il voto delle periferie esistenziali», 14.3.18, Il Foglio)
Il professore per capire quello che è successo il 4 marzo, intanto ricorda che soltanto il 17% dei cattolici frequenta la messa della domenica, mentre l’83% non la frequenta. E’ un dato che merita grande attenzione. Introvigne, invita a fare riferimento al viaggio che Papa Francesco ha fatto negli Stati Uniti nel 2015. Qui il Papa «ha cercato – senza successo, come dimostrano le resistenze dei vescovi che continuano ancora oggi – di spiegare all’episcopato americano che le ‘guerre culturali’ in tema di vita e di famiglia erano finite, che i vescovi le avevano perse e che si apriva una nuova fase nuova dove i temi della vita e della famiglia sarebbero stati una parte dell’impegno politico dei cattolici ma non la sola parte e forse neppure la prima. Attenzione: il Papa non diceva che combattere le ‘guerre culturali’ non fosse stato alto e nobile, diceva che si apriva una fase nuova».
Pertanto secondo Introvigne, l’elettore europeo, ma anche quello italiano, «anche se fa parte della minoranza che va a Messa o va a un culto protestante – non vota facendo anzitutto l’esame del sangue ai partiti su aborto e omosessuali. In realtà non vota neppure sull’accoglienza ai rifugiati o il ragionevole sostegno agli immigrati – rifugiati e immigrati sono categorie diverse ma è difficile spiegarlo agli elettori – e l’“idea fissa” cosiddetta “immigrazionista” è solo la versione di sinistra dell’“idea fissa” su gay e aborto della destra. Vota perché si sente, – continua Introvigne – per citare ancora Papa Francesco, imprigionato in una di quelle periferie esistenziali che non sono necessariamente territori fisici ed esistono anche al centro delle città, e non si riferiscono solo alla povertà materiale ma anche all’insicurezza e alla solitudine».
A questo punto l’elettore cattolico, quando, «decide per chi votare il reddito di cittadinanza è più importante dell’aborto, e anche per molti che votano Lega la sicurezza e l’alleggerimento della pressione fiscale sono più importanti del no al matrimonio omosessuale o dei rosari di Salvini».
E se i cattolici ora sono irrilevanti dal punto di vista politica, per il sociologo, l’irrilevanza è stata coltivata da loro stessi, che si sono preoccupati soltanto del «puro potere e poltrone, ovvero rimanendo chiusi nel ghetto dell’”idea fissa”, perdendo il contatto con la stragrande maggioranza della popolazione per cui i primi problemi sono arrivare a fine mese e, anche per chi ci arriva comodamente, evitare di farsi aggredire per strada e sfuggire alla narrativa deprimente che alimenta la sensazione di solitudine anche in mezzo alla più rumorosa delle folle».
Anche se paradossalmente su questi temi, i cattolici, «avrebbero tantissimo da dire e che milioni di persone (come sa chi non si fa distrarre da certi blog) considerano Papa Francesco un punto di riferimento più autorevole di qualunque politico».
Il professore Introvigne rileva oggi l’irrilevanza nella società civile dei valori non negoziabili, a me è capitato sperimentarlo qualche decennio prima nel messinese mentre cercavo di animare socialmente e politicamente il territorio. Alla fine degli incontri contro l’aborto e in difesa della famiglia, non mancava l’amministratore di turno che mi ricordava certe priorità del territorio: quasi sempre su tutto c’era il lavoro.
Comunque sia per il direttore del Cesnur ci possono ancora essere ambienti «dove tutti votano chiedendo ai candidati primo, che cosa pensano dei gay, e secondo, che cosa pensano dell’aborto. Ci sono anche ambienti opposti, più piccoli, per cui accogliere tutti gli immigrati è l’unico dogma sopravvissuto. Sono ambienti che esistono e fino a qualche anno fa si poteva anche immaginate di esportarne le idee in un ambito più vasto e vincere qualche elezione, almeno regionale». Ma oggi il mondo è diverso, da come lo si vede all’interno del mondo cattolico, dell’associazionismo e di certi «stanzoni» dell’idea fissa. Sull’esperienza politica del «Popolo della famiglia» di Adinolfi, si povrebbe scrivere molto. Il PdF è l’esempio più significativo di quelli che si sono rinchiusi nel ghetto delle idea fissa, illudendosi di far breccia nell’elettorato soltanto con il tema della famiglia. Ma come abbiamo visto le priorità degli italiani erano ben altre.
Anche se questi temi possono avere la loro rilevanza in un contesto politico diverso, lo sostiene Marco Invernizzi, infatti, «La Lega ha incontrato anche il consenso di molti cattolici, particolarmente di quelli attenti a mettere la famiglia (uomo, donna, figli) al centro della società e a richiedere politiche concrete diverse dal mero assistenzialismo per favorire una inversione di tendenza che affronti il più grande problema politico italiano di oggi: l’“inverno demografico” che sta portando la nazione al suicidio». (Marco Invernizzi, “La Lega e il futuro dell’Italia”, 14.3.18 in alleanzacattolica.org)
Però anche Invernizzi è consapevole che «soprattutto oggi in epoca di relativismo e di dominio del pensiero debole, le elezioni si vincono sui grandi temi della sicurezza, della disoccupazione e della diminuzione della pressione fiscale».
Tuttavia, per un partito che voglia durare ha bisogno di « fondarsi su princìpi solidi e proporre una narrazione che tenga unito almeno un pezzo base dell’elettorato, il cosiddetto “zoccolo duro”». E per quanto riguarda la Lega, si auspica che diventi un partito federalista «senza essere divisivo, può applicare i princìpi della solidarietà e della sussidiarietà che sono patrimonio della dottrina sociale cristiana raccogliendo il consenso dei ceti più deboli senza cadere nel pauperismo ma senza disprezzare il risparmio e lo sviluppo delle diverse componenti della società».
In conclusione, «I cattolici possono tornare a contare?». Si domanda Introvigne, «Sì, nella misura realistica del loro essere minoranza, se aprono la finestra, escono dallo stanzone e anzi magari abbattono la finestra e il muro che li rinchiude (ancora, più o meno il contrario della famosa “Opzione Benedetto”). Parafrasando Marx, ormai non hanno più nulla da perdere, tranne le catene dell’“idea fissa” che si sono messe da soli».
Domenico Bonvegna
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