IL MASCHIO SELVATICO E LA CRISI MORALE

La cronaca quasi tutti i giorni ci consegna episodi di violenza, di morte, dove spesso chi paga le conseguenze sono le donne, ma non solo. Certamente descrivere l’ora presente non è facile, un decennio di crisi economica, insieme a quella sociale, sta distruggendo un intero Paese. Ma accanto a queste crisi, e forse all’origine di esse, c’è la crisi morale. Spesso si legge, che c’è una «crisi di valori», probabilmente l’uomo occidentale sta vivendo un vuoto morale. «E’ libero di vivere secondo il proprio gusto, ma di questa libertà non sa che farsene. Avuto il suo piatto di lenticchie (l’ultimo modello di smartphone, lo status symbol del momento) si guarda intorno smarrito e angosciato». La crisi morale si nota maggiormente nelle relazioni tra uomo e donna, nelle famiglie, nelle convivenze. Quei pochi matrimoni non resistono, vanno in malora. Le coppie vanno facilmente in crisi, il «per sempre», fa paura. Se si ignorano le differenze esistenti, tra uomini e donne, si è condannati a vivere in uno stato di guerra. Ci si aspetta che i rappresentanti dell’altro sesso siano simili a noi. Scrive Roberto Marchesini, psicoterapeuta e autore di un libretto, «E vissero felici e contenti», Sugarcoedizioni (2015): «Erroneamente gli uomini si aspettano che le donne pensino, comunichino e reagiscono come fanno gli uomini; erroneamente, le donne si aspettano che gli uomini sentano, comunichino e reagiscano come fanno le donne». Tuttavia secondo Marchesini, «abbiamo dimenticato che uomini e donne sono intrinsecamente diversi e il risultato è che i nostri rapporti sono contraddistinti da conflitti del tutto superflui».
A questi temi si aggiungono le varie teorie che da tempo non fanno altro che demolire sempre e comunque la figura maschile.
E questo avviene soprattutto quando si affronta il cosiddetto tema del femminicidio. Il maschio diventa un essere riprovevole meritevole di essere messo alla gogna e quindi emarginato e condannato. I numeri del femminicidio secondo i commentatori aumentano a dismisura. Certamente oggi le donne rimaste vittime di aggressioni sono troppe, ma è stato sempre così? Ma perchè gli abusi contro le donne sono aumentate? Perché si insiste in questa contrapposizione maschio-donna? C’è un libro che forse riesce a dare delle risposte ai nostri interrogativi, a capire meglio perché è difficile relazionarsi nel nostro tempo, si tratta de la 2a versione del «Il maschio selvatico. La forza vitale dell’istinto maschile», autore Claudio Risè, psicoterapeuta e psicanalista, testo pubblicato da San Paolo (2015).
Risè nel libro parla specificatamente di una operazione, di una vasta campagna di diffamazione del genere maschile. Si scredita un intero gruppo, che ha il sapore di un carattere apertamente razzistico. Per certi versi, secondo Risè è imbarazzante, ma questo non deve impedirci di parlarne. Bisogna parlarne eccome, «perché ha ottenuto vasta eco nei media (tra i professionisti maschi ancor prima che tra le donne), creando un effetto diffamatorio a valanga che ha pesantemente intaccato la qualità della vita e l’autostima dei giovani maschi». Questa teoria si è formata secondo lo psicoterapeuta all’interno di quella “società senza padri”.
I giovani di oggi sono bersagliati dai mass media da opinioni e indicazioni che mettono in discussione la propria identità maschile. Ormai ci sono importanti professori che sostengono in convegni che «il cervello maschile funziona molto peggio di quello femminile». L’intelligenza femminile è superiore, del resto il defunto professore Umberto Veronesi, amava scrivere: «il domani è donna».
Un professore della Sapienza di Roma ha scritto: «Il giorno in cui la donna gestirà in tutto e per tutto la sua maternità con la fecondazione artificiale per l’uomo sarà la disfatta totale. Relegato a fare il facchino, il giardiniere, l’uomo delle pulizie, o lo strumento sessuale, il povero maschio finirà col vivere in una riserva dorata».
La diffamazione del mondo maschile paradossalmente viene gestita da un potere a grande prevalenza maschile che si trova nei media e nelle istituzioni accademiche. Come mai questi poteri «si impegnano con tanta foga a descrivere il maschio come un sopravvissuto all’evoluzione, e oggi tuttavia destinato all’estinzione o alla schiavitù?».
Per Claudio Risè, la risposta potrebbero darla chi organizza convegni per sponsorizzare la maternità con la fecondazione artificiale. In pratica le multinazionali farmaceutiche, che producono «prodotti farmaceutici biotecnologici per le donne: ingegneria genetica e biotecnologia sono infatti due settori su cui vengono riposte molte speranze». Naturalmente le donne devono essere disponibili a fecondarsi da sole. Secondo il professore, il mercato della fabbricazione della vita è il futuro. «Perchè ciò avvenga, però, bisogna togliere di mezzo un vecchio personaggio del creato: l’uomo. E convincere la donna della propria onnipotenza».
In questo modo, «Dopo averla separata dal suo compagno, chiusa in un universo di solitudine, gratificata con uno stile di potere che non è il proprio, soffocata in ritmi e stili di potere che non rispettano né il suo corpo né la sua psiche, è venuto il momento di farle credere di essere la sola creatrice e continuatrice della specie umana».
Per quanto riguarda l’uomo, si dovrà sentire sempre colpevole e possibilmente deve chiedere scusa anche se non sa bene perché. Per Risè, «Tutto ciò però non farà bene né a lui né alle donne. Tanto meno lo renderà migliore. Dichiararsi colpevole non aiuta, soprattutto se la cosa é richiesta a furor di popolo e sulla base di slogan propagandistici che colpevolizzano interi gruppi umani (come il genere maschile) a prescindere dalla responsabilità personale, e senza un’adeguata informazione, elaborazione e critica, personale e collettiva».
Un altro libro dedicato agli uomini in crisi è «Codice Cavalleresco. Per l’uomo del terzo millennio», di Roberto Marchesini, pubblicato da Sugarcoedizioni (2017). Può essere utile leggerlo, e soprattutto farlo leggerlo, in questi tempi di crisi identitarie. Nell’introduzione Marchesini scrive: «Uomini insicuri, indecisi, per nulla asseritivi, dipendenti dal giudizio altrui, rosi dagli scrupoli, dai sensi di colpa e dall’incapacità di assumere un ruolo virile nella loro vita. Una vita caratterizzata da ansia, vergogna, paura, che si manifestano con sintomi fisici, di coppia, sessuali, lavorativi, relazionali».
Agli uomini di oggi in crisi secondo Marchesini, «non viene fornito un orizzonte cui tendere, un modello positivo di uomo al quale ispirarsi». Oggi l’uomo-massa, che trova il proprio nutrimento intellettuale nel fast food della televisione, dei social network, in una subcultura che ormai è diventata dominante, anche a livello politico, che magari si compiace di non aver mai letto un libro dopo la laurea. Questa società di uomini, «sembra incapace di qualsiasi forma di pensiero non dico metafisico, ma semplicemente intelligente, cioè capace di ‘leggere dentro le cose’, interrogarsi sul loro significato e sul loro valore».
L’uomo d’oggi è come un bimbo viziato, guidato esclusivamente dal proprio piacere, dal soddisfacimento immediato delle proprie passioni. Oggi per la prima volta nella storia dell’umanità, per Marchesini, si insegna «che l’uomo deve sottomettersi alle proprie pulsioni, consegnare ad esse il governo della propria vita».
Una volta nella civiltà medievale c’era un fedeltà reciproca in una serie di relazioni. Nella civiltà contadina, bastava la parola e una stretta di mano per sanzionare un accordo. Oggi serve un professionista per prendere accordi e a volte non basta. «La menzogna sembra essere diventata la regola fondamentale delle relazioni. Mentono tutti: dal condominio al politico, al giornalista, al governante[…]». Ogni riservatezza è bandita, domina il gossip (il pettegolezzo), la maldicenza, la calunnia.

Domenico Bonvegna
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