Nella società della comunicazione a 360 gradi ci dovrebbe essere il vantaggio, oltre che della innegabile maggiore circolazione delle opinioni e dei fatti, anche la possibilita’ di un maggiore confronto. La verifica delle diverse realtà e dei diversi approcci dovrebbe essere un arricchimento per chiunque: favorirsi il formarsi di un’opinione mettendola a confronto con il suo contrario o le diverse sfaccettature di chi punta al medesimo obiettivo (quando c’e’, perche’ non e’ escluso che ci possa anche essere un’opinione che tende solo a presentare il quesito/problema -tipico del giornalismo indipendente). Ma, non a caso, ho usato il condizionale, perche’ la realta’ e’ spesso il contrario: sembra che non ci sia interesse, tra i diversi attori di una situazione o di un contesto, a trovare la soluzione che possa concedere ad ognuno di esserci ed agire. Quanto, piuttosto, la ricerca di un ipotetico confronto che serva solo a confermare le proprie opinioni, o trovare avversari che confermino le stesse.
Facciamo alcuni esempi.
Spesso leggiamo o ascoltiamo o vediamo cose che servano a confermare cio’ di cui siamo gia’ convinti. Certo, e’ possibile che questa scelta sia conseguenziale alla necessita’ di meglio confermare, argomentare e consolidare una propria opinione, forse vaga e incerta. Ma siamo sicuri che sia cosi’? Come scegliamo un film piuttosto che un altro? E come argomentiamo il nostro consenso o dissenso rispetto al messaggio (anche estetico, oltre che artistico, sociale, economico e politico) “e’ proprio un bel film” se non parametrandolo rispetto ai nostri convincimenti?
E’ innegabile che questo avvenga perche’ siamo tendenzialmente alla ricerca di un’armonia con noi stessi: una sorta di guardarsi allo specchio dicendoci che abbiamo ragione, che abbiamo scelto una buona strada, che questo e’ il nostro percorso, che stiamo bene con noi stessi. Un meccanismo e un metodo che, portandolo alle estreme conseguenze, ci porta, nell’ambito dell’amore tra persone, a sostenere di aver trovato l’anima gemella: adorare di avere a che fare con una persona che la pensa proprio come noi, ha gli stessi nostri gusti e i nostri stessi desideri e -di conseguenza- facendo le cose insieme, ci sentiamo piu’ completi.
Ma siam proprio sicuri che sia cosi’? Che sia questa la vita, il desiderio, il futuro, il progresso? E’ ovvio che dipende da soggetto a soggetto, ma qui cerchiamo di sviluppare un discorso standard.
La lettura. L’ascolto. La visione. Pur nell’incertezza delle proprie opinioni, e’ possibile che le stesse si rafforzino e divengano piu’ benefiche, per se stessi e per gli altri che frequentiamo, non verificando che altri la pensano grossomodo come noi, ma confrontandole con i propri presunti opposti e, anche, facendosi convincere o convincendo l’altro. Io che scrivo, mi sento piu’ solido quando, informandomi su approcci diversi dai miei, riesco meglio a capire le ragioni dell’altro, pur non condividendole. Mi sento piu’ forte in me stesso ed ho migliori e piu’ solide argomentazioni per potere affrontare diverse difficolta’ in cui ho bisogno di fare valere questa opinione (anche con me stesso).
Perche’ questo accade di rado, visto che alle manifestazioni dei rossi ci vanno i rossi (l’esempio dei colori e’ solo cromatico e non politico), e se partecipa un nero e’ vista come una provocazione, creando anche tensioni tra i vari partecipanti? E viceversa: manifestazione dei neri con la partecipazione di un rosso. E’ probabile che cio’ accada perche’, il rosso o il nero che sia, teme che l’affermazione (e talvolta anche la mera espressione) del proprio contrario annulli se stesso, non gli dia piu’ -usando un linguaggio civico- il diritto di cittadinanza.
Queste osservazioni nascono, non a caso, in contesti umani e politici dove chi vince (democraticamente o meno che sia) annulla il perdente (materialmente o intellettualmente che sia). L’Italia e’ uno di questi contesti. Quanto spesso sentiamo apostrofare di fascista chi non dovrebbe avere neanche la possiblita’ di esprimersi? Cosa che da un po’ di tempo accade anche apostrofando qualcuno come comunista (decisamente meno, vista la storia del nostro Paese e i risvolti ancora presenti nei nostri ordinamenti).
La domanda che dobbiamo porci e’ la seguente: vogliamo formarci un’opinione (e vivere di conseguenza) che ci faccia convivere con chiunque (in senso molto ampio, visto l’innegabile processo di globalizzazione non solo culturale), o vogliamo solo stare bene guardandoci allo specchio? L’applicazione di questa domanda, si intuisce bene che puo’ essere per diversi contesti: umani, economici, politici, sociali, religiosi, razziali.
Chi sta ora scrivendo non si sente bene guardandosi allo specchio. E si pone una domanda con relativa risposta. Qual e’ il metodo? E’ la democrazia. Che vuol dire tutto e niente, visto che di democrazie, in questi ultimi secoli, ne abbiamo viste a iosa e, in nome di alcune di esse, sono stati commessi i piu’ nefasti atti di violenza di soppressione degli individui (la pena di morte, in se’, e’ la forma piu’ comune e diffusa di questa violenza, al di la’ dei suoi aspetti religiosi). Abbiamo la democrazia liberale, quella socialista, quella cristiana o di qualche altra confessione, etc… tutte democrazie confermate dal consenso popolare e, quindi, che si autogiustificano nell’essere tali. In teoria, alcune democrazie (in particolare quella Usa), hanno inventato, esportato e continuano a farlo, la prassi dei contrappesi, si’ da impedire che qualcuno possa approfittare della maggioranza per sopprimere la minoranza. Se pensiamo ad alcune forme di esportazione della democrazia Usa… ci vengono i brividi (l’America latina, e non solo, grida vendetta…)…. Quindi c’e’ piu’ di qualcosa che non funziona.
Ma quello che qui vogliamo sottolineare (in un contesto di democrazia visto che al momento non conosciamo e non concepiamo di meglio) e’ l’interiorizzazione per ogni individuo della necessita’ dell’esistenza del diverso, della ricerca dello stesso e del confronto continuo con esso. Ognuno nel proprio contesto interiore che ritiene privilegiato: umano, sociale o economico che sia.
Del resto, se oltre alle arance di Sicilia ci piace gustare il mango, se oltre ad ammirare la bellezza fisica di una persona o di un luogo non ci basta di farlo solo nel contesto del nostro quotidiano, se siamo disponibili ad un rapporto d’amore (fisico e culturale) col nostro opposto, se ci piace viaggiare… cos’altro dovremmo fare?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc