“ABBIAMO VINTO”, MA PER PARLARE ABBIAMO BISOGNO DELLA PROTEZIONE DELLE FORZE DELL’ORDINE

Prendiamo atto del buon risultato elettorale conseguito dalle forze politiche del Governo di Centrodestra che più o meno confusamente cercano di far ritornare la politica al reale, utilizzando il buon senso. Però non dimentichiamo che la società è malata sia in Italia che in Europa, il forte astensionismo è la dimostrazione lampante, ma anche l’assenza nella campagna elettorale dei temi etici.

Non solo c’è anche un clima di odio e di rancore diffuso, da parte di gruppi minoritari, definiti a secondo delle circostanze, centri sociali, antagonisti, collettivi studenteschi, o semplicemente anarco-comunisti, tutti appartenenti alla galassia estrema della Sinistra. Certamente “ausiliari” della Sinistra cosiddetta democratica. Non passa un sabato dove nelle piazze di città importanti del nostro Paese questi signori manifestano intolleranza e cieca violenza nei confronti di chi non la pensa come loro. Per il momento l’attenzione di questi manifestanti è rivolta alla guerra scatenata il 7 ottobre scorso da Hamas contro Israele e quindi unilateralmente prendono posizione a favore delle ragioni dei palestinesi. Stefano Magni recentemente sul quotidiano online La Nuova Bussola rilevava questa situazione incresciosa ormai fuori controllo, di totale censura antidemocratica praticata da questi gruppi ben organizzati dediti ad impedire di parlare. (Rivoluzione permanente. La nuova normalità: puoi parlare solo se protetto dalla polizia 8.6.24, lanuovabq.it) Magni inizia il suo ragionamento partendo da una conferenza che si è tenuta in un teatro di Milano, dove è stato necessario avere la protezione della polizia, costretta a chiedere documenti a chi doveva accedere in questi locali, addirittura “per entrare e per uscire dalla lunga e centrale via Pier Lombardo di Milano, si doveva passare attraverso due massicci schieramenti di Carabinieri in tenuta anti-sommossa, con elmi e scudi, camionette e reti paraschegge, transenne e cordoni”. Tutto questo perché, nel teatro “Franco Parenti” era stata annunciata la conferenza Verità sul conflitto israelo-palestinese, con tre relatori noti al pubblico ebraico: Hillel Neuer (direttore della Ong Un Watch), Eylon Levy (già portavoce del governo di Israele) e Rawan Osman (ideatrice di Arab Asks).

Questo basta per creare una tensione da guerra civile, con la necessità, da parte delle forze dell’ordine, di adottare misure straordinarie di sicurezza. Tre quarti d’ora prima dell’evento, fra i sedili sono passati pure i cani anti-esplosivo. La sicurezza era giustificata. Mentre all’interno del teatro si teneva il dibattito, all’esterno, i soliti collettivi pro-Palestina scatenavano la solita protesta, trattenuti dai Carabinieri. “È impensabile che io abbia la polizia a destra e sinistra, con gli scudi, solo per approfondire un argomento”, ha detto la direttrice del teatro. Ma fuori dal teatro, non c’è alcuna propensione al dialogo. Figurati il dialogo. Ormai avere la polizia, in tenuta antisommossa, “a destra e sinistra” sta diventando la nuova normalità, scrive Magni. Un mese fa, il 10 maggio, era stato cancellato un convegno su Israele all’Università Statale di Milano, perché il rettore riteneva che fosse troppo alto il rischio di disordini. La reazione del rettore è stata (anche giustamente) contestata perché era una resa ai violenti e non era vero che la Questura avesse ordinato di rimandare l’evento. Quando la polizia manca, come è mancata nel momento saliente del corteo del 25 aprile, allora si rischiano assalti. In quel caso erano i “maranza”, ragazzi immigrati di periferia ad attaccar briga e a menar le mani contro chi portava la bandiera di Israele. In questo caso sono i collettivi. E gli studenti, proprio come succede nelle università americane, già hanno impedito di parlare a Maurizio Molinari (all’Università Federico II di Napoli) e a David Parenzo (all’Università La Sapienza di Roma), entrambi di sinistra, ma entrambi ebrei e accusati di essere sionisti. Quindi indegni di prendere la parola.

Il conflitto mediorientale è il catalizzatore di questa nuova ondata di violenza politica che non è una caratteristica solo italiana. Ma prima che scoppiasse la guerra a Gaza, prima del pogrom del 7 ottobre, lo stesso tipo di violenza e il medesimo modello di intolleranza, era esercitato contro altri nemici. Già nel maggio del 2023, Eugenia Roccella, ministro della Famiglia, era stata zittita da una massa di contestatori, al Salone del Libro di Torino. Ed è stata zittita ancora, da una contestazione analoga, anche più di recente, in occasione degli Stati Generali della Natalità, dallo stesso tipo di contestatori: femministe radicali. In quel caso Israele non c’entrava: secondo i contestatori non può parlare perché è contro l’aborto.

Il 25 ottobre 2022, gli scontri alla Sapienza fra collettivi e polizia erano scoppiati perché i primi volevano impedire a Daniele Capezzone di partecipare a un convegno organizzato da Azione Universitaria. In quel caso, si sarebbe dibattuto di capitalismo. Il 23 febbraio 2023, Mario Adinolfi venne aggredito (e ci volle la polizia per proteggerlo) dai centri sociali di Mestre, perché voleva presentare il suo libro Contro l’aborto al centro culturale Candiani. A Catania, all’università, il 19 aprile scorso, una cinquantina di collettivi studenteschi (?) ha impedito a dei professori, dei scienziati di poter svolgere due giorni di dibattiti organizzati da “Scienza & Vita”. L’elenco potrebbe continuare di episodi di censura ad opera di questi “bravi ragazzi”, qualcuno degli intellettuali sinistri li ha definiti, “i nuovi partigiani”. Comunque sia è una questione che va risolta, non è possibile che una minoranza di prepotenti imbottiti di ideologia violenta impedisca l’esercizio democratico peraltro di maggioranze del Paese.

DOMENICO BONVEGNA

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