Sentenza nelle cause C-510/23 Trenitalia (IT) e C-511/23 Caronte & Tourist (IT)
Accertamento di un illecito antitrust o di una pratica commerciale sleale: il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che prevede l’avvio di un procedimento di accertamento entro novanta giorni sanzionando l’inosservanza con l’annullamento della decisione e l’impossibilità di avviare una nuova procedura d’infrazione.
Essa comporta un rischio sistemico di impunità e di lesione all’indipendenza dell’autorità garante
Nella causa C-510/23 Trenitalia
Tra il 2011 e il 2016, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha ricevuto varie segnalazioni relative alle modalità di vendita dei biglietti ferroviari Trenitalia S.p.A.
Nel luglio 2017, l’Agcm ha accertato la presenza di una pratica commerciale scorretta che prevedeva l’omissione dal sistema informatico di informazione, di ricerca e di acquisto di biglietti dei risultati relativi ai treni regionali maggiormente economici. Secondo l’Agcm, la pratica illecita sarebbe stata avviata nel 2012, continuando fino al momento dell’adozione del provvedimento sanzionatorio. All’esito dell’istruttoria, l’Agcm ha ingiunto a Trenitalia di cessare la pratica illecita e irrogato una sanzione di 5 milioni di euro.
Trenitalia ha impugnato il provvedimento sulla base della violazione del termine perentorio previsto per l’avvio di un procedimento volto ad accertare un illecito consumeristico. Secondo la legge italiana, l’Agcm è tenuta ad aprire la fase istruttoria contraddittoria della procedura entro un termine di 90 giorni dal momento in cui si sia presa conoscenza degli elementi essenziali dell’infrazione.
L’Agcm ritiene che, nell’ambito della tutela dei consumatori, il termine di decadenza di novanta giorni non sia applicabile, ma che l’obbligo rilevante sia quello di avviare l’istruttoria entro un termine ragionevolmente congruo, condizione soddisfatta dalla discontinuità delle segnalazioni.
Nella causa C-511/23 Caronte
La Caronte & Tourist (C&T) è una società che fornisce servizi di trasporto tramite traghetto di veicoli nello stretto di Messina. Nel 2018, un consumatore ha segnalato i prezzi eccessivamente elevati del servizio offerto dalla C&T. L’anno successivo, l’Agcm ha inviato una richiesta di informazioni all’Autorità portuale di Messina, la quale ha fornito una risposta completa dopo alcuni mesi. Nel agosto 2020, l’Agcm ha notificato la C&T della decisione di avviare un procedimento volto ad accertare un illecito antitrust (245 giorni dopo la ricezione della risposta dall’autorità portuale).
Con decisione dell’agosto 2022, l’Autorità ha constatato l’esistenza di un abuso di posizione dominante da parte della C&T a causa dell’imposizione di prezzi eccessivi e irrogato una sanzione pecuniaria di oltre 3 milioni di euro. La C&T ha impugnato il provvedimento sulla base della violazione del termine perentorio previsto per l’avvio di un procedimento per l’accertamento di un illecito antitrust, il quale sarebbe durato oltre i novanta giorni previsti dalla legge italiana.
L’Agcm ritiene che il termine di decadenza non sia applicabile ai procedimenti antitrust, e che l’unico obbligo sia quello di avviare l’istruttoria entro un termine ragionevole da quando si è avuta conoscenza dell’illecito, condizione soddisfatta dalla complessità dei fatti oggetto di indagine.
In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale che impone all’Agcm di avviare un procedimento istruttorio entro un termine decadenziale di novanta giorni sia compatibile con il diritto dell’Unione.
Con le sentenze odierne, la Corte considera che non è compatibile con la direttiva europea relativa alle pratiche commerciali sleali e il diritto dell’Unione sulle regole di concorrenza la normativa nazionale che impone l’avvio, tramite la notifica all’impresa interessata, del procedimento istruttorio entro un termine decadenziale di novanta giorni dal momento in cui si sia presa conoscenza degli elementi essenziali della violazione, sanzionando l’inosservanza del termine con l’annullamento integrale della decisione finale e della possibilità di avviare una nuova procedura relativa alla stessa pratica.
La Corte ha spiegato che, in primo luogo, la normativa nazionale rischia di ledere all’indipendenza operativa dell’Agcm. Infatti, in modo da applicare il diritto dell’Unione in materia di concorrenza e di tutela dei consumatori, le autorità nazionali devono poter esercitare un grado di discrezionalità nel gestire le risorse necessarie allo svolgimento delle indagini, nel collaborare nell’ambito della rete europea, e nell’adottare decisioni dirette alla cessazione di un’infrazione e all’irrogazione di sanzioni.
In modo da svolgere tali compiti adeguatamente nel rispetto della loro indipendenza operativa, le autorità devono avere il potere di definire le loro priorità. Ad esempio, nell’ambito di una misura istruttoria preliminare, è necessario attribuire gradi di precedenza alle denunce ricevute, valutando se l’avvio della fase istruttoria sia giustificato e, in caso, scegliendo il momento più opportuno all’avvio, entro un termine ragionevole, per fare un uso efficiente delle risorse disponibili e garantire che l’autorità sia in grado di trattare adeguatamente tutte le procedure d’infrazione di cui è investita.
Secondo la Corte, fino a quando una società potrà far valere pienamente i suoi diritti della difesa durante la fase istruttoria del procedimento, la sola inosservanza del termine non implica necessariamente la violazione di questi diritti.
In secondo luogo, la Corte spiega che la normativa nazionale comporta un rischio sistemico di impunità impedendo l’irrogazione di sanzioni effettive e dissuasive nella misura in cui sanziona l’inosservanza del termine con l’annullamento integrale della decisione e con l’impossibilità di avviare una nuova procedura d’infrazione relativa alla stessa pratica. Tenendo conto dell’elevata complessità dei casi in materia di concorrenza e di tutela dei consumatori, la normativa rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione delle norme che è il suo scopo implementare, risultando conseguentemente non conforme al principio di effettività.