AFRICA: UNA SPERANZA PER L’EUROPA

Nel giugno scorso, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, partecipando a Roma al “Festival dell’umano”, organizzato dal network “Ditelo sui Tetti”, nel suo interessante intervento tra i tanti argomenti, ha sviluppato una serie di riflessioni sull’Africa, ricordando l’importante “Piano Mattei per l’Africa”, presentato dal Governo italiano al recente G7 che si è tenuto in Italia. Certo l’Italia non arriva per prima in Africa. Ci sono già la Cina e la Russia, sia con basi economiche che militari. Mantovano ha sottolineato che l’Africa possiede delle incredibili ricchezze, con scarso ritorno per le popolazioni locali.

Il Piano Mattei intende rispondere a una logica differente rispetto al passato: quella di un approccio paritario, con i Paesi africani. Il Piano è un orizzonte entro il quale definire ogni singolo passo sulla base di un confronto paritario con gli interlocutori africani, rendendo sempre stretti i reciproci legami di fiducia e di collaborazione.

Questo significa guardare all’Africa con spirito costruttivo e non predatorio. La dinamica dovrebbe essere diversa: favorendo lo sviluppo negli Stati di origine, per creare le condizioni per non emigrare; curando la formazione di chi comunque intende lasciare il proprio Paese, ci si assicura già a monte, attraverso flussi migratori regolari, un percorso di integrazione anzitutto lavorativa. Dello stesso parere del sottosegretario è il giornalista Federico Rampini, che in una recente sua opera, “La Speranza africana”, denuncia un accostamento superficiale e profondamente sbagliato dell’Occidente al cosiddetto Continente Nero. Sul tema dell’Africa si è occupato in un interessante articolo, Enrico Chiesura sulla rivista Cristianità (“Africa: una speranza per il futuro della Chiesa”, n. 427, maggio-giugno 2024). Certo l’orizzonte di Chiesura è quello che riguarda l’aspetto religioso in particolare della Chiesa cattolica africana, tuttavia le sue riflessioni sono utili anche per una dimensione sociale ed economica del Continente.

Intanto occorre rimuovere un grosso errore che è quello di considerare l’Africa come una nazione, ma è un Continente grande sette volte l’Unione Europea e tre volte l’intera Europa, inclusa la Russia. Comprende cinquantaquattro Stati sovrani, quarantotto dei quali nell’area sub-sahariana. Pertanto non si può trattare l’Africa come un monolite, significa alterare la realtà. Dunque in Africa si riscontrano profonde differenze culturali, religiose, sociali, economiche. Peraltro il continente africano “costituisce l’area più diversificata del pianeta quanto a numero di realtà etniche e linguistiche – circa duemila, cifra stimata per approssimazione – che stride parecchio con le ventiquattro lingue ufficiali dell’Unione Europea”. Poi c’è un aspetto che Rampini definisce patologico, quello di accostarci all’Africa con un “inguaribile complesso di colpa, quasi che tutti i mali dell’Africa dipendessero dalla violenza e dal saccheggio perpetrati dal colonialismo europeo fra i secoli XIX e XX”.

Un complesso di colpa che definisce “sadomaso”, che si è intensificato di recente, quando l’Africa è stata riscoperta come oggetto di desiderio da parte un po’ di tutti: americani, francesi, cinesi, russi, arabi, turchi, indiani. Oggi in Africa sono presenti oltre un milione di imprenditori cinesi, il cui Paese si è aggiudicato il 60% degli appalti per realizzare infrastrutture nel continente. Una attenzione che non si limita a basi economiche, ma anche a quella militare. La Repubblica del Sudafrica nel 2023 ha fatto manovre militari insieme alla Federazione Russa e la Repubblica Cinese. Secondo Rampini l’errore che noi occidentali facciamo è quello di vedere qualsiasi iniziativa in Africa come un sospetto colonialismo. Inoltre consideriamo “l’Africa esclusivamente come oggetto di compassione e di pietà, nonché fonte di auto-colpevolizzazione: atteggiamenti che sfociano nella cultura degli aiuti, più dannosa che utile perché non risolve i problemi, non promuove lo sviluppo e infantilizza gli africani, escludendo che possano diventare protagonisti del proprio futuro”. Pertanto l’unica cultura che noi occidentali siamo riusciti ad elaborare nell’immaginario collettivo è quello di vedere l’africano solo come “un miserabile, sfruttato, rigorosamente denutrito, straccione, triste perché infelice, spesso ramingo e fuggitivo della propria terra”. Rampini smonta questo teorema, mettendo in luce una realtà diversa del continente africano. A cominciare di quel 30% delle risorse naturali che il Continente possiede rispetto a tutto il pianeta. L’Africa possiede il 60% delle terre fertili non ancora coltivate del globo. Quindi vanta il massimo potenziale alimentare non ancora sfruttato. Poi c’è da considerare che gli africani hanno la popolazione più giovane del mondo.

A questo punto Chiesura si occupa dell’aspetto religioso. Per la Chiesa l’Africa costituisce un autentico segnale di speranza. L’”Annuario Statistico della Chiesa” indica una costante e rilevante crescita della presenza cattolica nel continente, una crescita in controtendenza rispetto al resto del mondo. Lo studio di Chiesura presenta diversi numeri e percentuali che riguardano la presenza della Chiesa Cattolica e delle altre chiese o religioni. Anche qui come per gli aspetti socioeconomici, vale la stessa regola: evitare l’errore di considerare l’Africa un tutt’uno indifferenziato, come una realtà omogenea. Interessante al realtà delle vocazioni religiose. L’Africa è l’unico continente che registra un aumento assoluto del numero di seminaristi rispetto agli altri continenti. Interessante il dato del “rimpiazzo” rispetto ai sacerdoti anziani. In Europa ormai non si arriva nemmeno a 9 seminaristi per 100 sacerdoti attivi, il che giustifica la diminuzione di anno in anno dei sacerdoti presenti nelle nostre parrocchie. In Africa ci sono 65 seminaristi ogni 100 sacerdoti. Ecco perché spesso vediamo nelle nostre chiese sacerdoti africani. “Questi numeri – precisa Chiesura – sono il risultato di quell’opera di evangelizzazione che, a prezzo di sforzi inauditi e del sacrificio di intere generazioni di missionari, ha portato il seme del Vangelo nella cosiddetta Africa Nera”.

Una storia di evangelizzazione missionaria che si può leggere nella “Esortazione apostolica ‘Ecclesia in Africa’” di Giovanni Paolo II che distingue le tre fasi in cui si è svolta. L’epoca della Pax Romana, dove l’Impero ruotava intorno al bacino del Mediterraneo. Pensiamo al grande contributo che hanno dato alla Chiesa personaggi dallo spessore di sant’Atanasio (295-373), san Policarpo (69-155) Tertulliano (155-220), sant’Agostino (354-430). Dal VII secolo in poi tutta la civiltà cristiana del Nord-Africa viene spazzata via dall’invasione arabo-islamica. Il beduino arabo è nomade e dove arriva il nomadismo avanza il deserto, perché non si coltiva e non si alleva. “Se a ciò si aggiunge che i vigneti vengono estirpati perché inutili, non essendo consentito bere vino a un buon musulmano, e che la stessa fine fanno i querceti, le cui ghiande non servono più ad alimentare i maiali di cui è proibito cibarsi, ecco che si innesca quel processo che nell’arco di qualche generazione trasforma in larga parte il “granaio dell’Impero” in un’arida distesa di sabbia”. Naturalmente il documento Pontificio parla della Terza evangelizzazione quella del XIX secolo, quella che ricordiamo, forse più di tutte. Cominciano dei missionari austriaci, poi arriva san Daniele Comboni (1831-1881) artefice di un’autentica svolta. Inizia a formare un clero autoctono, capace di evangelizzare l’Africa “per mezzo degli africani”. A quasi due secoli di distanza grazie a questa intuizione, abbiamo garantita a noi europei la celebrazione della Messa e dei sacramenti. Ma anche un grande contributo teologico e magisteriale di pastori dal calibro dei cardinali Bernardin Gantin (1922-2008), Hyachinte Thiandoum (1921-2004) e Robert Sarah. Oggi dobbiamo affrontare l’apostasia dell’Occidente che è stata denunciata da Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI. “Se l’Occidente ha deciso di voltare le spalle a Cristo e alla Chiesa, vuol dire che lo Spirito soffierà da qualche altra parte”. Dai dati che abbiamo pare che uno di questi luoghi dove lo Spirito di Nostro Signore sta soffiando proprio sull’Africa.

DOMENICO BONVEGNA

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