
Bologna. Se è condivisibile “l’obiettivo di superare istituti ormai anacronistici”, va evitata “una regressione sul piano delle garanzie dei diritti fondamentali della persona” facendo dell’amministrazione di sostegno “una forma di interdizione mascherata”, fino quasi ad un “carcere invisibile”. L’Associazione nazionale forense (Anf) esprime “profonda preoccupazione” per l’emendamento proposto dal Governo al disegno di legge “As 1192” mirato alla semplificazione normativa e al riordino degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione attraverso un loro accorpamento alla disciplina dell’amministrazione di sostegno. La riforma “non appare coerente” con il parere uscito dalla commissione Giustizia del Senato il 30 ottobre del 2024 (firmava la senatrice della Lega Erika Stefani), “le cui preoccupazioni e argomentazioni sono condivise dall’associazione” degli avvocati guidata dal segretario Giampaolo di Marco.
Spiega e ricorda dunque “come la materia, per la sua delicatezza, richieda una disciplina normativa specifica e dettagliata, con la quale sia possibile graduare le misure di protezione sulla base della capacità di autodeterminazione dell’individuo, evitando generalizzazioni eccessive”. Inoltre, fu sottolineata “la necessità che ogni misura preveda autorizzazioni giudiziarie adeguate, al fine di evitare abusi”. Nel testo proposto dal Governo, invece, “tali criteri appaiono assenti e comunque non sufficientemente specificati, con il rischio concreto che l’istituto dell’amministrazione di sostegno -nato come strumento flessibile e rispettoso dell’autonomia residua- venga trasformato in un contenitore unico e indistinto, idoneo a comprimere i diritti di persone ancora capaci di autodeterminarsi”.
Anf segnala che nel caso dell’obbligo di rendiconto “la cui semplificazione eccessiva nel caso di persone con gravi disabilità -fisiche o psichiche– e pertanto non in grado di attivarsi autonomamente per evidenziare comportamenti non corretti, può trasformarsi in una minaccia rispetto al patrimonio della persona oltre che un elemento di rischio per la stessa persona”. Per cui “sarebbe opportuno prevedere un differente livello di formalità in presenza di patrimoni e redditi superiori ad una determinata cifra”. L’amministrazione di sostegno “è nata come istituto flessibile e adatto ad intervenire anche in situazioni temporanee o contingenti mentre inabilitazione e interdizione hanno, per loro natura, una funzione stabile e duratura dovendosi occupare di situazioni non reversibili, salvo il caso della interdizione legale. È pertanto necessario pur nella doverosa semplificazione, mantenere distinti gli istituti e il grado di protezione che gli stessi offrono a maggiore tutela delle persone beneficiarie“, segnala poi l’Anf. Ma non è finita. Infatti, viene denunciato “il pericolo che l’amministrazione di sostegno semplificata si trasformi, di fatto, in un nuovo strumento di interdizione, silenziosa e meno garantita. In assenza di adeguati meccanismi di controllo e di limiti puntuali all’operato degli amministratori, esiste infatti il rischio di un uso distorto o improprio del potere conferito, con gravi conseguenze per la dignità e la libertà personale dei soggetti coinvolti. Un ‘carcere invisibile’, da cui è difficile uscire e nel quale troppe persone potrebbero ritrovarsi recluse”.
Dunque l’Anf chiede che nel testo in discussione per l’approvazione della delega venga previsto il rispetto integrale del parere della commissione Giustizia; che ci siano criteri stringenti per l’applicazione dell’amministrazione di sostegno; l’introduzione di garanzie effettive di controllo giurisdizionale e partecipazione attiva del beneficiario, al fine di verificare il suo grado di invalidità e incapacità; il coinvolgimento delle professioni legali e del terzo settore nella fase attuativa della riforma. “Una vera semplificazione normativa non può avvenire a discapito dei diritti”, conclude e ribadisce Anf.