ARERA: ELETTRICITA’, NEL 2023 ANCORA TENSIONI SUI PREZZI MA SI ACCORCIA LA DISTANZA CON L’EUROPA

Con la presentazione del Collegio ARERA al Parlamento e al Governo della Relazione annuale 2023 sono stati pubblicati sul sito www.arera.it i due volumi della Relazione Annuale sullo Stato dei servizi e sull’Attività svolta nel 2023 dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente.

Nel 2023 i mercati internazionali hanno mostrato una grande reattività come conseguenza di una maggiore globalizzazione e dell’aumento della centralità del GNL, per compensare il drastico calo delle importazioni dalla Russia, a seguito della guerra contro l’Ucraina, che unito alla ripresa economica post-pandemia aveva innescato una crisi nel 2022.
In Italia, l’attenzione si è focalizzata sulla fine del mercato tutelato per gli utenti domestici gas.
In particolare, l’andamento dei prezzi, e il loro confronto tra i diversi paesi europei in base ai dati Eurostat, è influenzato anche dalla diversità degli interventi pubblici realizzati dai Governi a tutela dei consumatori nei settori energetici, interventi che sono andati via via riducendosi.
Nel caso italiano molti degli interventi, che hanno impiegato ingenti risorse pubbliche, hanno continuato a garantire un contenimento dei prezzi che, nonostante i cali registrati rispetto al picco del 2022, non tornano ai livelli pre-crisi.
Nonostante la fine tutela gas, maggiori richieste di informazioni e problematiche si sono registrate nel settore elettrico.
Sono diminuiti per la prima volta il numero dei venditori di gas e luce e migliorato al contempo anche il livello di concentrazione, soprattutto nel gas in cui il primo operatore storico è stato superato per quote di mercato.

Lato ambiente, proseguono gli investimenti programmati nell’idrico, le cui tariffe, come per i rifiuti, aumentano a causa dell’inflazione e dell’aumento del costo dell’energia.

 

SERVIZI ARERA PER I CONSUMATORI

BONUS SOCIALI: OLTRE 7,5 MILIONI I BONUS RICONOSCIUTI. ALLARGATA LA PLATEA DEI BENEFICIARI PER CONTRASTARE IL CARO-ENERGIA
Nel corso del 2023 l’innalzamento a 15.000 euro della soglia ISEE ha consentito di beneficiare del meccanismo automatico di sconto a circa 1 milione e mezzo di famiglie, che avevano ottenuto un’attestazione ISEE superiore a 9.530 euro, ma entro la nuova soglia di 15.000. Di conseguenza, sono stati riconosciuti 4,6 milioni di bonus elettrici e 3 milioni di bonus gas a clienti diretti, ossia titolari di forniture individuali di gas naturale: l’importo stimato corrispondente ai bonus riconosciuti è pari a circa 1.427 milioni di euro per i primi e a circa 716 milioni di euro per i secondi.
Al 31 dicembre 2023 i nuclei familiari con bonus attivo per disagio fisico erano 64.828 (+24% rispetto al 2022).
A fine 2023 è terminato il sistema di rafforzamento del bonus sociale in vigore negli ultimi 2 anni, che ne aveva esteso la platea dei beneficiari, tornando nel 2024 ai normali valori Isee (seppure aggiornati all’inflazione) per poterne usufruire. È invece proseguito il contributo straordinario crescente con il numero dei componenti familiari e applicato in automatico a chi già riceve il bonus elettrico, come previsto nella Legge di Bilancio 2024.

SPORTELLO PER IL CONSUMATORE ENERGIA E AMBIENTE: 25,5 MILIONI DI EURO RECUPERATI DALLA CONCILIAZIONE. AUMENTANO LE CHIAMATE, IL 97% RIGUARDA LUCE E GAS
Nel 2023, il call center dello Sportello ha ricevuto 1.546.809 chiamate in orario di servizio (+23% rispetto al 2022), con un tempo medio di conversazione di 252 secondi (erano 238 nel 2022). In linea con gli anni precedenti, il 97% delle chiamate ha interessato i settori dell’energia elettrica e del gas e il bonus sociale resta la tematica più ricorrente con il 67% dei contatti (era il 68% nel 2022). Le richieste scritte di informazione sono state 54.750 (in lieve diminuzione rispetto al 2022) e hanno interessato per la quasi totalità i settori energetici (49.930), a fronte di 4.631 richieste per il settore idrico e 189 richieste per il telecalore. I primi cinque argomenti oggetto delle richieste relative ai settori energetici sono stati: bonus sociale (45%), fatturazione (14%), mercato (12%), contratti (11%) e morosità e sospensione (7%). Le richieste di attivazione di procedure speciali informative per i settori energetici, nel 2023, ammontano a 44.929, in aumento rispetto al 2022 (+7%).
Nel 2023, il Servizio conciliazione ha ricevuto 32.677 domande (+34% rispetto al 2022). Il 38% delle domande di conciliazione è stato presentato da delegati di clienti o utenti finali diversi dalle associazioni rappresentative della clientela domestica e non domestica, il 35% direttamente dai clienti interessati mentre una quota pari al 27% da delegati delle associazioni CNCU. La grande maggioranza dei casi riguarda le utenze domestiche (76%); riguardo ai settori, prevalgono elettricità (16.216) e gas (8.420); seguono il settore idrico e il dual fuel (unica bolletta per luce e gas) con, rispettivamente, 3.923 e 3.817 domande, infine le pratiche attivate dai prosumer (i produttori-consumatori di energia elettrica (240) e telecalore (61).
Il tasso di accordo si attesta al 70% (+1% rispetto al 2022) con un tempo medio di conclusione di 56 giorni. Guardando ai tre principali settori per numero di domande, è il gas a fare registrare il tasso di accordo maggiore (74%), seguito dall’idrico (70%) e dall’elettrico (65%).
Nel 2023 è di oltre 25,5 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.).
Infine, nel 2023, a seguito di un percorso pluriennale, è stato reso operativo il tentativo obbligatorio di conciliazione per gli utenti finali dei settori idrico e del telecalore (attuazione a regime del sistema di tutele individuali) ed è stato avviato il procedimento per estendere gradualmente i servizi dello Sportello anche agli utenti finali del settore dei rifiuti.

RECLAMI: MAGGIORI PROBLEMI DEI CLIENTI SU ELETTRICITA’ E FATTURAZIONE. OLTRE 500 MILA RICHIESTE DI INFORMAZIONE SCRITTE AGLI OPERATORI E 2,8 MILIONI DI EURO DI INDENNIZZI PAGATI AI CLIENTI PER RITARDATA RISPOSTA
Nel 2023 il 61,84% dei 526.623 reclami inviati alle imprese è riconducibile a clienti del settore elettrico, il 32,23% a clienti del settore del gas e il 5,93% a clienti dual fuel; i principali argomenti riguardano la fatturazione (42,1%), i contratti (16,53%), il mercato (14,02%) e la morosità (8,7%), mentre le richieste di informazione hanno riguardato principalmente la fatturazione e i contratti. Le rettifiche di fatturazione sono diminuite rispetto all’anno precedente, mentre si è registrato un incremento delle rettifiche di doppia fatturazione. Le richieste di informazioni scritte inviate dai clienti agli operatori sono risultate, nell’anno, 536.870 (in aumento del 5,97% rispetto all’anno precedente).
Il 61,36% di tali richieste è attribuibile al settore elettrico, il 29,62% al settore gas e il 9,02% ai clienti dual fuel; i principali argomenti oggetto di richieste di informazioni dei clienti dei settori energetici riguardano la fatturazione (42,54%), i contratti (17,42%), il mercato (8,61%), le connessioni, i lavori e la qualità tecnica della fornitura (6,23%). La maggior parte dei reclami, delle rettifiche e delle richieste di informazioni proviene dai clienti del mercato libero.
Sono stati pagati oltre 65 mila indennizzi ai clienti nell’anno, principalmente per ritardi nella risposta ai reclami (97%), per un importo complessivo di oltre 2,8 milioni di euro.
Oltre all’analisi dei dati trasmessi dai venditori, ogni anno l’Autorità effettua un’indagine di customer satisfaction sulla qualità delle risposte ai reclami scritti e alle richieste di informazioni, intervistando i clienti che sono risultati destinatari di una risposta scritta.
Il 57,6% dei clienti si è dichiarato soddisfatto delle risposte ai reclami; i delegati non professionali (amici o parenti del titolare del contratto) erano mediamente più soddisfatti rispetto ai titolari e ai delegati professionisti. Analizzando i dati per tipologia di mercato, i clienti del mercato libero totalizzano livelli di soddisfazione superiori alla media (66,9%), mentre percentuali inferiori sono state riscontrate per i clienti del mercato tutelato (54,5%). L’82,8% dei clienti che hanno risolto il reclamo era soddisfatto mentre solo il 23,8% lo era tra coloro che non hanno risolto il problema. Prima del reclamo, il 53,7% dei clienti si era rivolto al call center aziendale e il 16,7% aveva presentato un reclamo precedente. I principali motivi dei reclami riguardavano la fatturazione (57,7%) e i contratti (24,8%). I fattori di insoddisfazione includevano la chiarezza sui tempi di risoluzione (38,5%) e la completezza delle informazioni (37,7%).
L’indice di soddisfazione complessiva (ICS) per il 2023, per l’intero campione di indagine, è pari a 64,2 su 100; valore che risulta quasi di tre punti inferiore rispetto a quello rilevato per il 2022 (67).

ELETTRICITA’

ELETTRICITA’: NEL 2023 ANCORA TENSIONI SUI PREZZI MA SI ACCORCIA LA DISTANZA CON L’EUROPA. LE FAMIGLIE TEDESCHE SONO QUELLE CHE PAGANO DI PIÙ, SEGUITE DA QUELLE ITALIANE
Come nel 2022, anche nella prima parte del 2023 i prezzi dell’energia elettrica in Italia e in Europa hanno risentito, seppur senza registrare i picchi dell’anno precedente, delle tensioni internazionali sui mercati all’ingrosso. I rialzi si sono riflettuti sulle bollette dei clienti domestici, nonostante le proroghe degli interventi pubblici da parte dei governi di molti Paesi europei, tra cui l’Italia. La tendenza dell’anno è stata, comunque, quella di un ritorno a una “nuova normalità” caratterizzata da mercati più reattivi e globalizzati, in cui i prezzi si sono assestati su livelli più alti del passato.
I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2023 fanno registrare aumenti del +6% in Italia (con prezzi medi finali pari a 38,64 c€/kWh) ben lontani dal +40% dell’anno precedente. Si è mantenuta pressoché stabile, invece, la variazione nell’Area euro che nel 2023 ha segnato un +12,6% (31,45 c€/kWh) rispetto al +13% del 2022.
L’aumento del prezzo lordo in Italia è dovuto principalmente alla componente oneri e imposte che, rispetto ai 12 mesi precedenti, ha subito sensibili variazioni (+54,4%) per la progressiva reintroduzione degli oneri generali in bolletta; i prezzi netti, infatti, dati dalla somma del prezzo di energia e vendita e dei costi di rete, hanno registrato una piccola variazione negativa (-2%), passando da 31,74 c€/kWh a 30,98 c€/kWh. Al contrario, nell’Area euro si è registrato un aumento dei prezzi netti (+16,6%, da 22,48 a 26,21 c€/kWh), mentre una lieve riduzione si è avuta per oneri e imposte (-4%, passando da 5,46 a 5,24 c€/kWh).
Grazie al minore incremento registrato dai prezzi lordi italiani, il differenziale rispetto all’Area euro, che nel 2022 aveva raggiunto quota +30%, si è ridotto al 22,9%, così come la differenza in termini di prezzi netti (cioè al netto di oneri, imposte e tasse) è scesa dal +40% al +18,2%. Dal confronto con i prezzi dei Paesi europei paragonabili per dimensione all’Italia emerge che, nel 2023, le famiglie tedesche tornano in prima posizione con i prezzi più elevati (42,03 c€/kWh) seguite da quelle italiane che lo scorso anno le avevano superate (38,64 c€/kWh), francesi (32,65 c€/kWh) e spagnole (26,02 c€/kWh) .
Guardando alle classi di consumo, il differenziale tra i prezzi lordi italiani e quelli dell’Area euro è positivo per tutte le classi, massimo per la prima a consumi più ridotti (+23,7%) e minimo per l’ultima con consumi maggiori (+5%). Anche per i prezzi netti i differenziali risultano tutti di segno positivo ma con valori più contenuti: +9% e +12 nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kWh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nelle quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese; +2,4% nella classe DE (superiore a 15.000 kWh/a) che rappresenta una quota residuale dei consumi domestici (circa il 2%).
In particolare, nella classe di consumo intermedia DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), che è rappresentativa del cliente domestico italiano, sia perché ha il peso maggiore in termini di energia venduta, sia perché includeva nel 2023 anche il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità, si osserva che il prezzo lordo in Italia è aumentato solo del 5,9% a fronte di incrementi più elevati negli altri Paesi: 14,5% in Francia, 22,9% in Germania e 35,4% nell’Area euro. Considerando i valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe pagano un prezzo di 35,71 c€/KWh che corrisponde + 46,5% rispetto alle famiglie francesi (24,38 c€/kWh) e +49,7% rispetto alle spagnole (23,86 c€/kWh), mentre pagano il 12,4% in meno delle famiglie tedesche (40,75 c€/kWh).

ELETTRICITA’: IN ITALIA CALANO CONSUMI (-2,9%) E PRODUZIONE (-6,9%), QUASI METÀ DELLA GENERAZIONE ANCORA DAL GAS (45%). RINNOVABILI SALGONO AL 44% SPINTE DALLA FORTE RIPRESA DELL’IDROELETTRICO (+42,4%). CRESCONO ANCORA FOTOVOLTAICO (+9,2%) ED EOLICO (+13,7%)
I consumi di energia elettrica si sono ridotti del 2,9%, la flessione ha interessato quasi tutti i settori con cali più rilevanti nell’agricoltura (-6,5%), nell’industria (-4%) e nel terziario (-2,1%), nel domestico (-3%), nonché nel comparto residuale “altro” (-10,5%), mentre trasporti e pesca hanno segnato aumenti, rispettivamente, del 5,6% e 5,2%.
La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco meno dell’84% dalla produzione nazionale e per il 16,8% dal saldo con l’estero (il valore più alto dall’inizio del secolo). Questi valori si confrontano con quelli del 2022 (87,2%) e del 2021 (87,5%) e confermano il calo osservato negli ultimi anni (nel 2020 era del 90,2%). La produzione nazionale lorda è scesa del 6,9% e si attesta a 264,3 TWh (284 TWh nel 2022) soprattutto per effetto del -19,3% nella produzione termoelettrica solo parzialmente compensato dal +15,6% delle fonti rinnovabili. Nel dettaglio, il segno meno compare per tutte le voci della produzione termoelettrica: solidi (-41,5%), prodotti petroliferi (-26,9%) e gas naturale (-15,9%). Tra le fonti rinnovabili sono in aumento la produzione idroelettrica (+42,4%), quella fotovoltaica (+9,2%) e quella eolica (+13,7%) mentre si sono ridotte la generazione geotermica (-2,5%) e da bioenergie (-9,1%).
Nel 2023 le importazioni sono passate da 47,4 a 54,5 TWh (+15%, +7,1 TWh rispetto all’anno precedente) mentre le esportazioni sono diminuite in misura percentualmente più elevata (-24,6%, da 4,4 a 3,3 TWh); di conseguenza l’incremento del saldo estero è risultato amplificato: rispetto al 2022, infatti, l’elettricità estera entrata nel sistema italiano è aumentata del 19%.
Nel 2023 il gruppo Enel si conferma il primo produttore con una quota del 16,9% (in calo rispetto al 18% del 2022) seguito da Eni al 9,5% (stabile rispetto al 2022), che risulta al primo posto per generazione termoelettrica (16,5% contro il 15,2% di Enel).
Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 22,4% della generazione lorda, con una quota in calo, ma ancora significativa, nell’idroelettrico (37,8%) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile restano rilevanti, pur se in diminuzione rispetto al 2022, le quote nell’eolico di Erg (10,6% contro 11,5% del 2022) e di Edison (9,4%, invariata rispetto all’anno precedente) e la quota nelle bioenergie di A2A (14,7% rispetto al 13,3% nel 2022).
Complessivamente, per l’anno 2023, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 7 miliardi di euro (erano 6,4 mld € nel 2022 e 10,5 mld € nel 2021), in aumento rispetto all’anno precedente quando, per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica e dei meccanismi di funzionamento degli incentivi descritti, il costo di alcuni strumenti incentivanti si è annullato. Fino al 31 marzo 2023, inoltre, i costi relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.

ELETTRICITA’: OLTRE IL 76,5% DEI DOMESTICI NEL MERCATO LIBERO. LE FAMIGLIE PREFERISCONO OFFERTE A PREZZO FISSO, CON SCONTO E DA FONTI GREEN. LA MAGGIOR TUTELA TORNA PIÙ CONVENIENTE DEL LIBERO. PER LA PRIMA VOLTA SI RIDUCE IL NUMERO DEI VENDITORI
A fine 2023 il numero di punti di prelievo domestici è risultato pari a 30,2 milioni, di cui poco meno di 8,9 milioni serviti in maggior tutela e circa 21,4 milioni nel mercato libero. Al 1° luglio 2024 i clienti vulnerabili in Maggior Tutela sono 3,6 milioni mentre sono 8,4 milioni i clienti vulnerabili che hanno scelto il mercato libero. I clienti non vulnerabili transitati automaticamente nel servizio a tutele graduali sono anch’essi circa 3,6 milioni mentre sono circa 14,7 milioni quelli nel mercato libero. I punti domestici serviti nel mercato libero erano saliti a fine 2023 al 70,7% (64,8% nel 2022), rappresentando il 75,5% dell’energia totale acquistata (68,5% nel 2022). Mentre al 1° luglio 2024 la quota del mercato libero risulta pari al 76,5%.
Dall’analisi dei consumi sotto il profilo geografico emerge che nel 2023 la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero ha superato il 65% in tutte le regioni (nel 2022 erano solo otto); le regioni in cui più del 70% dei punti di prelievo domestici è servito nel libero sono cresciute da due a nove.
La discesa dei prezzi, anche se ancora elevati rispetto a quelli pre-crisi, e l’imminente fine della tutela per i clienti domestici non vulnerabili sono tra le probabili cause dell’aumento dell’attività di switching tra le famiglie che è cresciuta dell’1%, sia in termini di punti di prelievo che di volumi: il 18,9% dei clienti domestici (circa 5,7 milioni di punti di prelievo pari al 24,5% dell’energia acquistata dal settore domestico) ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno.
Nel 2023, il numero dei venditori attivi scende per la prima volta da 806 del 2022 a 765. I volumi venduti al mercato finale sono stati poco più di 241 TWh (-4,4%) a 37,3 milioni di clienti domestici e non domestici +0,2%).
Il gruppo Enel rimane, come sempre, l’operatore dominante del mercato elettrico italiano con una quota del 33,8%, in lieve diminuzione rispetto al 36,3% del 2022, che sale al 41,6% per il solo settore domestico, seguito da A2A (8,4%), Hera (5,9%) ed Edison (5,4%). Il livello di concentrazione del mercato totale si è leggermente ridotto: la quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è passata dal 48,7% delle vendite complessive nel 2022 al 48,2%.
Lo scorso anno, il 66,8% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto nel mercato libero a prezzo fisso mentre il 33,2% ha scelto uno a prezzo variabile: nel 2022 queste percentuali erano rispettivamente 76,7% e 23,3% probabilmente anche in conseguenza della diminuzione per tutto il 2022 (e per la prima parte del 2023) della disponibilità di contratti a prezzo fisso. Inoltre, su fronte dei prezzi, il calo registrato nel 2023 ha avuto un impatto significativo sui contratti a prezzo variabile: i clienti domestici hanno pagato mediamente 227,33 €/MWh per la componente energia, circa 150 €/MWh in meno rispetto al 2022.
Il 33,7% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto che prevede uno sconto, mentre per quanto riguarda la presenza di servizi aggiuntivi si conferma la preferenza per l’acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili (51,7%) e per i servizi energetici accessori come strumenti digitali e collaborativi per il controllo di consumi e costi energetici, strumenti per aumentare l’efficienza energetica, prestazioni professionali come assistenza telefonica, manutenzione impianti, assicurazione sugli impianti energetici (37,6%).
In tema di prezzi ai clienti domestici si osserva, comunque che dopo la parentesi del 2022, il mercato libero presenta nuovamente valori superiori al servizio di maggior tutela, salvo che per i clienti con i consumi annui più elevati (superiori a 5.000 kWh/anno).

ELETTRICITÀ: NEL 2023 DOPO LE PICCOLE ANCHE LE MICROIMPRESE NEL SERVIZIO A TUTELE GRADUALI
Dal 1° aprile 2023 la maggior tutela è terminata anche per le ultime categorie di non domestici, le microimprese e le utenze “altri usi” (le piccole imprese erano già transitate nel 2021). Per tutti i clienti che a quella data non avevano sottoscritto un contratto nel mercato libero, si è attivato il Servizio a Tutele Graduali senza nessuna interruzione della fornitura. Il Servizio è erogato dalle società aggiudicatarie della gara bandita sulle 12 aree territoriali in cui è stato suddiviso il Paese. Le condizioni contrattuali sono quelle delle offerte PLACET mentre quelle economiche prevedono l’allineamento del prezzo dell’approvvigionamento al PUN e l’applicazione di una componente di prezzo a copertura dei costi di commercializzazione del servizio definita a partire dai prezzi di aggiudicazione delle gare. Il prezzo del servizio è unico a livello nazionale. Nel 2023 nel Servizio a Tutele Graduali per le microimprese sono stati venduti 1,5 TWh a 827.000 punti di prelievo.

GAS

GAS: CONSUMI STABILI A LIVELLO GLOBALE, SCENDONO IN EUROPA (-6,9%), LA PRODUZIONE MONDIALE TORNA AI LIVELLI DEL 2021. GIÙ L’IMPORT UE VIA TUBO (-24%) MA SALE IL GNL (+2,7%). RIEMPIMENTO STOCCAGGI A PIÙ DEL DOPPIO DEL 2022
Il 2023 ha visto una contrazione dello 0,69% dei consumi mondiali di gas, scesi da 4.109 a circa 4.095 miliardi di metri cubi (mld m3) ma in Europa il calo è stato più significativo (-6,9%, -7,3% se si considera la sola UE). In Asia Pacifico e Cina, la domanda è rimbalzata a +2,9% e +7,4%; gli USA, invece, si sono fermati a +1%. Considerando i primi cinque mercati dell’Unione europea, la riduzione dei consumi più importante si è osservata in Francia (-11,7%), in Italia (-11,2%) e in Spagna (-10,2%), mentre per i Paesi Bassi la contrazione è stata del 4,9% e per la Germania del 3,5%.
Nel 2023 la produzione mondiale di gas è tornata ai livelli del 2021, riguadagnando con un +0,36% il modesto calo dell’anno precedente, e al suo interno prosegue la crescita del gas non convenzionale che rappresenta il 32% del totale (31% nel 2022). Al contrario in Europa la produzione di gas naturale ha visto una notevole diminuzione arrivando a quota 215 mld m3: questo calo è dovuto principalmente alla riduzione della produzione dalla Norvegia, dai Paesi Bassi e il Regno Unito, con diminuzioni rispettivamente di 7 mld m3, 5,5 mld m3 e 4,6 mld m3.
Nel 2023 i Paesi dell’UE hanno importato 155 mld m3 di gas via tubo (-48 mld m3) con un calo del 24% determinato principalmente dalla riduzione delle importazioni dalla Russia e dalla Norvegia. Quest’ultima, tuttavia, è rimasta il principale fornitore via gasdotto per l’UE, con il 54% della fornitura totale, mentre l’Algeria ha rappresentato il 19% e la Russia il 17%. Si sono registrati aumenti marginali nella quota di fornitura da parte dei restanti fornitori: l’Azerbaigian è aumentato dal 6% nel 2022 al 7% nel 2023 e la Libia dall’1% al 2%. Di contro è cresciuta, seppur di poco, l’importazione di GNL in Europa, arrivata a 134,3 mld m3 (+2,7% rispetto al 2022), principalmente in arrivo dalle Americhe, (50%) seguite da Africa (19%), Russia (13%) e Medioriente (14%). Tra i maggiori importatori UE di GNL, solo l’Italia ha mostrato un incremento rispetto al 2022: +13,2%, contro forti riduzioni di Paesi Bassi (-35,1%), Francia (-15,5%) e Spagna (-13,9%). In Italia è entrato in funzione il rigassificatore di Piombino, che ha ricevuto 1,1 mld m3 nell’anno. Nel complesso, in Europa il tasso di utilizzo dei terminali GNL, rispetto alla capacità massima di immissione sulle reti, è passato dal 63% del 2022 al 58% del 2023. Infine, a chiusura della stagione fredda (fine marzo – inizio aprile) il volume di gas negli stoccaggi europei ha raggiunto il livello di 60,8 mld m3, più del doppio rispetto ai livelli di 12 mesi prima (28,5 mld m3).

GAS: SEGNALI DI RIEQUILIBRIO PREZZI A LIVELLO GLOBALE, MA RESTANO SUPERIORI ALLE MEDIE STORICHE. AZZERATA LA DIFFERENZA DI PREZZO DEL GNL TRA ASIA ED EUROPA. SUL PSV ITALIANO LE QUOTAZIONI PIÙ ALTE IN EUROPA
Nel 2023 i mercati del gas naturale hanno mostrato segnali di riequilibrio dopo un periodo di shock, con i prezzi del gas saliti dai minimi del 2020, durante la pandemia di COVID-19, a massimi record nel 2022, nel contesto della crisi energetica in Europa. I prezzi spot del gas hanno registrato un notevole calo dovuto principalmente a due inverni miti consecutivi, ma la “nuova normalità” li fa rimanere superiori alle medie storiche.
Nel 2023, il prezzo del gas naturale alle frontiere europee è stato 41,2 €/MWh (era 101 €/MWh nel 2022). Si è quasi azzerato il differenziale tra prezzo all’Europa e GNL asiatico, passato da 43 €/MWh dello scorso anno a 30 centesimi del 2023, evidenziando una tendenza alla convergenza tra macro-mercati, innanzitutto quello europeo e quello asiatico, grazie al crescente peso del GNL nel commercio mondiale di gas. Il prezzo agli hub europei non si è scostato da quello alle frontiere: 40,5 €/MWh al TTF (Paesi Bassi), 42,9 €/MWh al PSV (Italia) e 41 €/MWh al THE (Germania). Il prezzo al PSV si mantiene superiore a tutti gli altri, con un differenziale rispetto al TTF di 2,4 €/MWh.

GAS: NEL 2023 IN ITALIA CONSUMI ANCORA IN CALO A -10,4% E MINORE DIPENDENZA DALL’IMPORT. PRIMO FORNITORE L’ALGERIA, RUSSIA DAL 40 AL 4,7% IN 2 ANNI. BOOM DEL GNL
Nel 2023 il consumo netto di gas naturale è diminuito di 7 miliardi di metri cubi, attestandosi a 60,3 miliardi di metri cubi (-10,4% rispetto al 2022), principalmente a causa della discesa di 5,2 mld m3 del settore termoelettrico (-18,5%), oltre che a una diminuzione di 2,4 mld m3 del settore domestico (-12,9%), mentre i consumi del settore industriale sono scesi di 0,6 mld m3 (-4,6%). In controtendenza è risultato soltanto il settore del commercio e servizi, i cui consumi in aumento di 1,1 mld m3 (+18,3%) hanno parzialmente attutito il calo complessivo. La produzione nazionale di gas naturale ha registrato l’ennesima diminuzione (-12,2% decisamente superiore a quella del 2,4% registrato nel 2022) attestandosi a 2.728 mln m3; in calo anche le importazioni nette scese a 8,8 mld m3 (-12,9% rispetto al 2022) a causa della discesa delle importazioni lorde diminuite di 10,8 mld m3 (-14,8% rispetto al 2022), solo parzialmente compensata dalla riduzione delle esportazioni (-2 mld m3) che nel 2022 erano in crescita. Il livello di dipendenza dall’estero è diminuito: nel 2023 il 96,3% del gas disponibile in Italia è arrivato dall’estero (era il 99% nel 2022). Il gruppo ENI controlla il 62,6% della produzione (66,3% del 2022).
A seguito delle sanzioni imposte dall’Ue, le importazioni di gas dalla Russia si sono quasi azzerate nell’arco degli ultimi due anni: dai 29,2 mld m3 del 2021, infatti, nel 2023 si sono ridotte a 2,9 mld m3. La quota di gas russo nella copertura del fabbisogno nazionale è passata dal 40% del 2021 al 4,7% nel 2023. La sostituzione del gas russo è avvenuta in parte aumentando i quantitativi di gas che giungono in Italia via tubo dagli altri paesi con cui l’Italia è collegata (principalmente quelli dall’Algeria e dall’Azerbaigian) e in parte accrescendo la quota di gas naturale liquido che arriva in Italia attraverso le navi metaniere. Le importazioni di GNL, infatti, sono aumentate quasi del 70% in due anni.
Più in dettaglio, la provenienza del gas importato nel 2023 vede diversi Paesi con quantitativi importanti: 25,5 mld m3 dall’Algeria, 10 mld m3 dall’Azerbaigian, 6,8 mld m3 dal Qatar, 5,3 mld m3 dagli Stati Uniti, 6,6 mld m3 da Norvegia e Olanda, 2,5 mld m3 dalla Libia e i restanti 2 mld m3 da altri Paesi. Nel 2023 circa 14,5 mld m3 sono giunti via nave: l’88% di tutto il GNL importato è giunto da Qatar, Algeria e Stati Uniti, che nel 2021 contavano insieme per il 94%.
Arretra notevolmente Eni, che rimane al primo posto delle imprese importatrici, con una quota di mercato del 32,3% (41,9% nel 2022). I primi tre importatori hanno approvvigionato il 63,8% del gas entrato nel mercato italiano (era 70,1% nel 2022). In calo le esportazioni (-2 mld m3) che nel 2022 registrarono una crescita anomala.
Nell’anno termico 2023-2024, lo spazio offerto ad asta è stato conferito per il 100%. Al 31 ottobre 2023 il riempimento degli stoccaggi era pari a 13,1 mld m3 e la punta nominale massima di erogazione raggiunta nell’anno è stata di 260 milioni di metri cubi standard/giorno: 247,5 mln m3/g negli stoccaggi Stogit, 9,01 mln m3/g in quelli di Edison Stoccaggio e 3,47 mln m3/g in quelli di Ital Gas Storage.

GAS: 481 IMPRESE ATTIVE, CHE SCENDONO PER LA PRIMA VOLTA. SI RIDUCE IL LIVELLO DI CONCENTRAZIONE DEL MERCATO CON IL GRUPPO ENI SUPERATO DA EDISON ED ENEL. OLTRE IL 72% DELLE FAMIGLIE È SUL MERCATO LIBERO
Nel 2023 il numero di venditori attivi nel mercato al dettaglio è diminuito per la prima volta dall’inizio degli anni 2000 in misura consistente (-34 rispetto al 2022) arrivando a un totale di 481 imprese attive. Di queste soltanto 26 hanno venduto oltre 300 milioni di metri cubi, coprendo l’84,1% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio.
Nel 2022 il livello della concentrazione nel mercato della vendita finale è leggermente diminuito. I primi tre gruppi controllano 41,9% mentre nel 2022 la quota era pari al 44,3%. Considerando i primi cinque gruppi, la porzione di mercato servita sale al 54,9% (55,4% nel 2022). Il gruppo Eni (13,7%), per la prima volta non risulta in prima posizione, essendo stato superato, nei quantitativi di vendita complessivi, dai due gruppi storicamente inseguitori, Edison (14,3%) ed Enel (13,9%).
Considerando solo il settore domestico si può osservare che la quota di volumi acquistati sul mercato libero nel 2023 ha raggiunto il 74,1% per le famiglie e l’89,6% per i condomini (entrambi i valori al netto degli autoconsumi). In termini di punti di prelievo, nel 2023 la quota delle famiglie che hanno acquistato il gas nel mercato libero è salita al 72,1%; nel 2022 era pari al 66,8%.
Nel 2023 la percentuale di switching è risultata complessivamente pari al 15,2% in termine di clienti e al 17% dei volumi: rispetto al 2022 le percentuali sono in aumento per tutte le tipologie di clienti, complice la fine della tutela.

GAS: NEL 2023 I CLIENTI ITALIANI PAGANO MENO RISPETTO ALLA MEDIA AREA EURO GRAZIE AI TAGLI FISCALI PIU’ ALTI
Al contrario di quanto osservato nel 2022, nel 2023 i prezzi italiani del gas naturale per usi domestici sono divenuti più bassi della media dei prezzi nell’Area euro. Più precisamente, mentre nel 2022 i consumatori italiani pagavano il 13% in più del consumatore medio dell’Area euro, nel 2023 hanno pagato l’8% in meno. La proroga degli interventi pubblici, i cui effetti sulle bollette del gas si sono quasi interamente esauriti a fine aprile 2023 (ad eccezione dell’Iva agevolata al 5% fino a fine anno), ha praticamente azzerato la voce oneri, imposte e tasse compensando l’aumento dei prezzi lordi in Italia, in media pari al +2,3% (da 11,10 c€/kWh a 11,36 c€/kWh). Questo incremento è riconducibile ai rincari della materia energia (da 7,54 a 8,72 c€/kWh), che incide sul prezzo totale per il 77%, e dei costi di rete (+30%). Guardando al confronto con i principali paesi europei, quelli cioè i cui mercati presentano dimensioni più simili a quelle dell’Italia, il prezzo lordo medio italiano (11,36 c€/kWh) è risultato inferiore a quelli di Germania (-5%) e Francia (-1%), ma dell’8% più elevato rispetto a quello della Spagna, dove i clienti domestici nel 2023 hanno pagato mediamente un prezzo di 10,52 c€/kWh.
Guardando ai differenziali riferiti alle classi di consumo: i clienti italiani della classe D1 (fino a circa 520 m3/anno) hanno pagato il 4,2% in meno di quelli dei paesi dell’Area euro (nel 2022 il valore era +5,8%); per quelli nella fascia D2 (520-5.200 m3/anno) lo svantaggio dell’8,9% per i clienti italiani nel 2022, nel 2023 è divenuto un vantaggio del 13%; infine, per l’ultima classe D3 (oltre i 5.200 m3/anno) i prezzi dei clienti italiani sono sostanzialmente allineati con quelli dell’Area euro. Se si considera la materia energia gli italiani pagano di più in tutte le classi di consumo: +20,1% nella D1, +5,3% nella D2 e +8,8% nella D3.
L’incidenza fiscale è risultata particolarmente vantaggiosa in Italia nel 2023 e ha concorso alla riduzione dei prezzi finali italiani, anche per i clienti con consumi più elevati; nella prima classe tale componente è risultata inferiore del -139% rispetto all’Area euro, del 105% nella classe D2.

SERVIZIO IDRICO

ACQUA: SPESA PER INVESTIMENTI SI CONFERMA INTORNO AI 13,6 MILIARDI DI EURO. REALIZZATI GLI INTERVENTI PROGRAMMATI
Nel corso del 2023 l’Autorità ha proseguito le istruttorie volte all’approvazione dell’aggiornamento biennale (2022-2023) delle predisposizioni tariffarie. Alla data del 31 dicembre 2023, gli atti di determinazione tariffaria adottati dall’Autorità, per il biennio 2022-2023, hanno riguardato complessivamente 67 gestioni, interessando 30.830.746 abitanti.
Con riferimento al campione, composto da 130 gestioni per le quali la proposta di aggiornamento biennale delle predisposizioni tariffarie è stata trasmessa all’Autorità (che servono complessivamente 48.736.089 abitanti), la variazione media (rispetto all’anno precedente) dei corrispettivi applicati all’utenza nel 2023 risulta pari a +4,56% con una certa eterogeneità a livello geografico: +3,67% nell’area Sud e Isole, +3,97% nel Nord-Est, +4,22% nel Centro, e a +5,87% nel Nord-Ovest. Sulla base dei Pdi trasmessi all’Autorità per il medesimo campione, gli investimenti programmati per il quadriennio 2020-2023 – al lordo delle previsioni in ordine alla disponibilità di finanziamenti pubblici per la realizzazione di infrastrutture idriche – risultano, in termini pro capite, pari a 275 euro/abitante a livello nazionale (corrispondenti a una spesa annuale per investimenti di 69 euro/abitante); il valore più elevato si riscontra nell’area del Centro, con 337 euro/abitante per il quadriennio 2020-2023. Ricomprendendo nel campione anche i maggiori fornitori all’ingrosso e includendo i dati di gestioni escluse nelle analisi precedenti per la presenza di alcuni outlier, la spesa per investimenti relativa ad un panel di 139 gestioni che servono 49.463.872 abitanti ammonta complessivamente (considerando anche la disponibilità di fondi pubblici) a 13,6 miliardi di euro per il quadriennio, passando da 2,5 miliardi di euro nel 2020, a 3,2 miliardi di euro nel 2021 e nel 2022 e a 4,6 miliardi di euro nel 2023.
Le verifiche compiute con riferimento ai costi delle immobilizzazioni computati in tariffa hanno confermato i generali miglioramenti già registrati lo scorso anno nella capacità di realizzazione degli investimenti programmati (pur con una certa variabilità fra le gestioni del panel), il cui tasso a livello nazionale resta intorno al 100% (nonostante il calo registrato nel 2021 a causa dei rallentamenti dei cantieri per il COVID), con valori più bassi al Sud dove scendono fino al 77%.

ACQUA: 345 €/ANNO LA SPESA MEDIA PER LA FAMIGLIA TIPO DI 3 PERSONE. NONOSTANTE I MIGLIORAMENTI, PERMANGONO CRITICITÀ SU INTERRUZIONI E RETE FOGNARIA SOPRATTUTTO AL SUD E NELLE ISOLE
Nel 2023, la spesa media sostenuta da una famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 m3, risulta a livello nazionale pari a 345 euro/anno (2,30 euro per metro cubo consumato). Il dato vede un valore più contenuto nel Nord-Ovest (254,5 euro/anno) e più elevato nel Centro (421,8 euro/anno). Il valore, invece, si ferma a 367 euro/abitante nell’area Sud e Isole. Guardando le voci che compongono la bolletta degli utenti domestici, sempre con consumi pari a 150 m3/anno, risulta che il 38,8% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 133,7 euro/anno, il 12% è invece attribuibile al servizio di fognatura (41,4 euro/anno) e il 29,5% a quello di depurazione (101,9 euro/anno). Infine, la quota fissa pesa per il 10,6% (36,6 euro/anno) e le imposte per il 9,1% (31,4 euro/anno). Anche nel 2023, come già rilevato nella scorsa versione della Relazione Annuale, rispetto ai dati raccolti con riferimento all’anno di base (2016), emerge un avanzamento nel processo di miglioramento complessivo per gli indicatori di qualità tecnica individuati dall’Autorità e una lieve ma stabile crescita del numero di gestori per i quali viene svolta periodicamente dagli Enti di governo dell’ambito la ricognizione dei dati infrastrutturali e di qualità, anche con riferimento alle gestioni localizzate nell’area geografica del Sud e delle Isole. Nello specifico, nel 2023 a livello nazionale il valore delle perdite idriche si attesta in media a 17,9 m3/km/gg e al 41,8%, con valori più contenuti al Nord e valori medi più elevati al Centro e nel Sud e Isole. Lo stesso disallineamento a livello territoriale si riscontra anche nei dati relativi alle interruzioni di servizio, fortemente condizionati da alcune situazioni critiche a livello territoriale. Quasi il 60% della popolazione è servito da gestori che hanno garantito una buona continuità del servizio di erogazione, evidenziando una durata delle interruzioni inferiore alle 3 ore/anno per utente.
In media, tuttavia, a livello nazionale il valore del macro-indicatore si attesta a circa 59 ore/anno ad utente. Le maggiori difficoltà nel mantenimento di adeguati livelli di continuità del servizio sono localizzabili nell’area meridionale e insulare, dove è stato registrato un valore medio di interruzioni per utente all’anno pari a 227 ore mentre i valori risultano mediamente più bassi nel Nord Ovest e nel Nord Est (entrambi al di sotto dell’ora) e al Centro (29,4 ore/anno ad utente). Si segnala, in ogni caso, che, rispetto ai dati dell’anno base, è stata registrata una riduzione media del macro-indicatore M2 pari al 26% (era il 32% lo scorso anno). Infine, per quanto riguarda il sistema fognario, il dato medio sulla frequenza degli allagamenti e sversamenti da fognatura è risultato pari a 5,0 ogni 100 km di rete fognaria (con un picco di 11 ogni 100 km nel Sud e Isole), il 22% degli scaricatori di piena è risultato ancora da adeguare alla normativa vigente e il 7% degli scaricatori di piena sono risultati non controllati. L’analisi del fabbisogno di investimenti per il periodo 2022-2023 a livello nazionale conferma il peso degli investimenti destinati alla riduzione delle perdite idriche (che guida le priorità nella pianificazione del settore sin dalle prime rilevazioni effettuate dall’Autorità), rafforzandolo per il duplice effetto dell’iniezione di risorse stanziate per il medesimo scopo dal PNRR e dal REACT-EU (già rappresentato nella scorsa Relazione), e della maggiore popolazione del campione del Sud e delle Isole (27,5% degli investimenti programmati totali). A seguire, gli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata al 16,1%, quelli per la riduzione delle interruzioni idriche al 14,99% e gli interventi per l’adeguamento del sistema fognario al 13,1%. La quota di investimenti in infrastrutture del servizio idrico integrato non riconducibili direttamente a specifici obiettivi di qualità tecnica fissati dall’Autorità si conferma al 10,5% della precedente rilevazione. In termini generali di servizio, il quadro nazionale del biennio, anche per le motivazioni rappresentate in premessa, è maggiormente orientato sugli investimenti pianificati nelle infrastrutture acquedottistiche (48%, considerando anche i due prerequisiti legati esclusivamente a profili della filiera acquedottistica) rispetto a quelli previsti nelle reti fognarie e negli impianti di depurazione (nel complesso il 40,25%), con le già rendicontate differenze tra singole aree geografiche: il Nord-Ovest è l’unica area nella quale è stato espresso un maggiore fabbisogno nelle fasi di fognatura e depurazione, mentre nel Centro Italia e nel Sud e Isole la forbice tra le due fasi aumenta a favore delle infrastrutture di acquedotto, attestandosi per queste ultime al di sopra della media nazionale.

RIFIUTI

RIFIUTI: ANCORA IN AUMENTO IL NUMERO DEGLI OPERATORI CHE SALE A OLTRE 8.400. IL METODO TARIFFARIO COPRE IL 92% DEGLI ABITANTI. TREND IN AUMENTO (+1%) PER LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E NORD AL TOP
A maggio 2024 risultano iscritti all’Anagrafica Operatori dell’Autorità 8.419 soggetti con un incremento rispetto allo scorso anno di 318 nuovi iscritti. A conferma di un processo di organizzazione territoriale del servizio ancora incompleto, i soggetti iscritti come Enti territorialmente competenti permangono in numero elevato (pari a 3.389), seppur in progressiva riduzione. Nel 2022 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è stata pari a circa 29,1 milioni di tonnellate in calo dell’1,8% rispetto al dato 2021. La precedente annualità 2021 era stata caratterizzata da un’inversione di tendenza, in linea con la ripresa economica post pandemia dell’economia nazionale. Diversamente, il dato di produzione riferito all’anno 2022 segna nuovamente una contrazione, a fronte degli incrementi invece rilevati per gli indicatori socioeconomici, quali prodotto interno lordo e spesa per consumi finali sul territorio economico, rispettivamente pari al 3,7% e 6,1%. D’altro canto, si conferma il trend di crescita della raccolta differenziata, che aumenta più di un punto percentuale rispetto al 2021, passando dal 64% al 65,2% (in termini quantitativi quasi 19 milioni di tonnellate di rifiuti differenziati).
A livello territoriale, le regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest mantengono alti livelli di raccolta differenziata, confermando anche per il 2022 il superamento dell’obiettivo del 65% previsto per il 2012 dal decreto legislativo n. 152/06, con risultati pari rispettivamente al 74,3% e al 69,8% della produzione totale dei rifiuti urbani prodotti, mentre il Centro si attesta al 61,5% e il Sud e le Isole al 57,5%.
Nel corso del 2023 inoltre, sono proseguite le trasmissioni all’Autorità delle predisposizioni tariffarie relative al periodo regolatorio 2022-2025. Si registra un positivo incremento del numero di soggetti adempienti alla regolazione tariffaria: rispetto alle 5.987 proposte tariffarie rilevate nel 2022, ad oggi ne risultano trasmesse 6.202 – di cui 6.175 comunali e 27 pluricomunali – relative a 6.563 Comuni (l’83% dei Comuni italiani), per un totale di 54,5 milioni di abitanti serviti pari al 92% della popolazione nazionale.
Dall’analisi dei Piani economico-finanziari a disposizione dell’Autorità, con particolare riferimento all’annualità 2023, si osserva un limite di crescita medio delle tariffe determinato dagli ETC pari al 3,6%, mentre la variazione effettiva delle entrate tariffarie risulta più contenuta e pari al 2,3%, in continuità con i valori del 2022. Mediamente il limite di crescita è stato rispettato e determinato in misura maggiore rispetto all’incremento effettivo. A livello di macroarea si osserva sia un limite di crescita sia un incremento effettivo delle entrate tariffarie maggiore nell’area Centro, pari rispettivamente al 4,8% e al 2,9%, mentre il valore più contenuto si rileva al Sud che registra un limite di crescita del 2,6% a fronte di un incremento effettivo delle entrate pari all’1,7%.
Per l’annualità 2023 complessivamente si è registrato un ammontare di costi ammissibili sottesi alle entrate tariffarie pari a circa 11,4 miliardi di euro, da cui deriva un totale entrate tariffarie validate pari a 10,8 miliardi di euro. I costi operativi di gestione e costi comuni pesano circa l’80% dei costi complessivi, mentre i costi di capitale valgono quasi il 10%. La quota restante è costituita prevalentemente dall’IVA indetraibile a carico degli utenti finali.

TELERISCALDAMENTO

TELERISCALDAMENTO: IL GAS SI CONFERMA LA FONTE PRIMARIA CON IL 69,8% DEL CONSUMO COMPLESSIVO. DEFINITO IL QUADRO DI REGOLE PER IL NUOVO METODO TARIFFARIO TRANSITORIO IN VIGORE PER IL 2024
Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, tra il 2000 e il 2022 la volumetria allacciata è aumentata a un tasso medio annuo del 5,7%, passando da 117,3 a 392,7 milioni di metri cubi. Le 5 regioni del nord Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata. Nel 2022 le centrali termiche al servizio di reti di telecalore hanno prodotto 11.515 GWh termici, 6.535 GWh elettrici e 167 GWh frigoriferi. Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente con il 69,8% del consumo energetico complessivo, tra le altre fonti portano un contributo significativo i rifiuti (16,1%) e le bioenergie (biomasse, biogas e bioliquidi, al 10,7%). Il numero di imprese operanti su reti di telecalore è pari a 255 (258 un anno fa). Di queste, l’86% si occupa di attività strettamente legate all’esercizio delle reti e alla fornitura dall’energia termica alle utenze (distribuzione e/o misura e/o vendita) mentre la quota rimanente si occupa solo di produzione di energia termica. L’energia distribuita dalle reti di telecalore è utilizzata principalmente per la climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) e la produzione di acqua calda a uso igienico-sanitario, mentre è marginale l’utilizzo in processi industriali. Una quota significativa del mercato è costituita da utenze di tipo residenziale (64,0%) e terziario (33,2%), la domanda del settore industriale rimane marginale (2,8%).
A seguito del significativo incremento dei prezzi del servizio di registrato a partire dall’ultimo trimestre 2021 (dagli 81 €/MWh del 2020, a 93 €/MWh nel 2021, fino a raggiungere i 155 €/MWh del 2022), l’Autorità ha avviato un’indagine conoscitiva i cui esiti sono stati trasmessi nel novembre 2022 a Governo e Parlamento. Alla luce dei dati esposti, nel 2023 il Governo ha disposto l’estensione a tutte le reti di teleriscaldamento di tariffe regolate da ARERA (già previste per alcune tipologie di reti). L’Autorità ha, quindi, definito un primo quadro di regole transitorie per il 2024, in attesa del completamento del Metodo tariffario definitivo previsto a partire dal 2025.