Atenei. Galli della Loggia: “Potere centrale”. L’ANDU: Autonomia del Sistema nazionale

Sul Corriere della Sera dell’11 aprile 2024 è apparso un editoriale di Ernesto Galli della Loggia intitolato I poteri delle nostre università.

Galli della Loggia ritiene che ci sia «una estesa autonomia alle singole sedi universitarie» e si domanda: «se si dà a un gruppo di docenti (anzi, più precisamente: alla maggioranza di essi che si forma all’interno di un dipartimento o di un senato accademico) il potere di decidere sostanzialmente a proprio piacere quali corsi di laurea un ateneo debba aprire, con quali insegnamenti, e per giunta quali nuovi docenti debbano essere assunti, togliendo di fatto ogni possibilità di controllo al potere centrale, quante possibilità esistono che il suddetto potere operi in funzione dell’interesse generale (utilità effettiva dei corsi prescelti, adeguatezza dei docenti chiamati a insegnare, ecc.) o invece degli interessi dei docenti in questione — volontà di favorire propri allievi, simpatie, amicizie, logiche di scambio ecc.?»

 

          Più avanti Ernesto Galli della Loggia scrive: «Elemento peculiare ed esemplare dell’autonomia universitaria nostrana è la trasformazione, avvenuta all’incirca negli ultimi due decenni, della figura del rettore: mutatosi in genere dal “primus inter pares” di un tempo non troppo lontano in un dominus autocratico.» «Il rettore, insomma, è divenuto sempre di più un “businessman” esperto di conti e di gestione anziché un rappresentante del mondo degli studi e del suo ethos.

In forza della legge il suo, però, è un potere a tempo. Ecco allora che spesso la principale preoccupazione di un rettore diviene quella di utilizzare il proprio mandato per non tornare a insegnare bensì per cercare di assicurarsi un avvenire diverso. Quasi sempre in politica, o nei dintorni. Egli sarà quindi inevitabilmente spinto a servirsi del suo ruolo per allacciare rapporti, stabilire relazioni, cercare ambiti di azioni comuni con gli interessi locali per lo più imprenditoriali e con il notabilato sociale che li rappresenta e il cui appoggio è evidentemente decisivo per il suo futuro. Sicché, oltre a quello che si è visto e detto prima l’autonomia universitaria diventa anche lo sgabello per entrare in Parlamento, fare il sindaco o aspirare a qualche altro incarico pubblico. Ma stando le cose in tal modo non è forse giunto il momento, mi chiedo, di rivedere qualcosa di tutta questa materia, magari restituendo un po’ di competenze al tanto vilipeso potere centrale di una volta

 

  1. I rettori e il «potere centrale di una volta». Una volta quando?

 

Galli della Loggia, dopo avere criticato duramente il ruolo del rettore (dominus autocratico, businessman, potere a tempo, relazioni di potere), chiude il suo editoriale auspicando che vengano restituite «un po’ di competenze al tanto vilipeso potere centrale di una volta».

Una volta quando? Certamente non quando il rettore veniva nominato dal Re e ‘vigilato’ dal Ministro dell’educazione nazionale, come prevedeva il R.D. 31 Agosto 1933 n. 1592.

E allora quando? Il fatto è che il Rettore è sempre stato ‘padrone’ del proprio ateneo per il ‘semplice’ fatto che ha sempre presieduto sia il Senato Accademico sia il Consiglio di Amministrazione.

La devastante cosiddetta “Legge Gelmini del 2010 ha ‘solo’ trasformato il rettore-padrone in rettore-sovrano assoluto, avendone aumentato i poteri di nomina e di iniziativa disciplinare e, soprattutto, avendo ridotto notevolmente il ruolo del Senato Accademico. In questo quadro la lunga durata del mandato è risultata ‘solo’ un’aggravante (v. nota 1).

Galli della Loggia, certamente per mancanza di tempo o di spazio, nel suo intervento non si è occupato del ruolo della CRUI che è la ‘somma’ dei rettori-sovrani assoluti. Ruolo improprio e negativo per l’Università (nota 2).

 

== SI RIBADISCE la Proposta dell’ANDU secondo la quale per ridurre veramente il potere del rettore e aumentare la partecipazione democratica della comunità universitaria alla gestione dell’ateneo occorrerebbe rendere il Senato Accademico organo decisionale e rappresentativo di tutte le componenti, trasformando il Consiglio di Amministrazione in organo puramente esecutivo e riducendo i poteri del Rettore, che non deve fare parte del Senato Accademico.

 

Nota 1. A proposito della durata del mandato e dei ‘nuovi’ poteri del rettore, l’ANDU nel novembre 2009, un anno prima dell’approvazione della cosiddetta Legge Gelmini, scriveva:

«L’introduzione di un limite al mandato dei Rettori è in realtà un diversivo rispetto alla gravissima scelta, prevista nel DDL governativo, di rafforzare negli Atenei il sistema di potere oligarchico, concentrando proprio nelle mani del Rettore e del ‘suo’ Consiglio di Amministrazione un potere assoluto: dal rettore-padrone si passa al rettore-sovrano assoluto!» (da documento Il DDL sulla durata del mandato dei Rettori).

 

Nota 2. Sul ruolo svolto dalla CRUI invitiamo a leggere il ‘vecchio’ documento I Rettori contro il Sistema universitario dell’aprile 2021.

 

  1. I concorsi e il «controllo del potere centrale». Quale potere?

                   

Galli della Loggia nel suo editoriale denuncia come a livello di ateneo un gruppo di docenti possa esercitare «il potere di decidere sostanzialmente a proprio piacere» anche «quali nuovi docenti debbano essere assunti, togliendo di fatto ogni possibilità di controllo al potere centrale» che eviterebbe che prevalgano gli «interessi dei docenti in questione — volontà di favorire propri allievi, simpatie, amicizie, logiche di scambio ecc.

Ma controllo di quale «potere centrale»? Certamente non quello del Ministro che prima della fine della guerra nominava, con varie modalità, le commissioni concorsuali.

Il fatto è che, dopo la guerra, i nuovi docenti di ruolo sono stati reclutati formalmente sempre da commissioni composte, per votazione e/o sorteggio, dai professori universitari (nota).

 

Nota. Si segnala l’articolo di M. Moretti e I. Porciani Il reclutamento accademico in Italia. Uno sguardo retrospettivo apparso negli Annali di Storia delle Università Italiane I/1997 e riproposto da Roars.

 

  1. a) La legge Berlinguer sui concorsi

 

Nel 1999 si è passati dai concorsi nazionali a quelli locali per volontà dell’allora ministro Luigi Berlinguer. I danni che avrebbe comportato questa scelta, ora denunciati da Galli della Loggia, erano stati previsti dall’ANDU già prima dell’approvazione della Legge Berlinguer che è stata sostenuta anche da eminenti cattedratici (nota).

 

Nota. Il 27 giugno 1998 l’ANDU aveva scritto:

«Con questa legge i concorsi locali ad ordinario e ad associato risulteranno una finzione come da sempre lo sono quelli a ricercatore. Localismo, nepotismo e clientelismo, già ampiamente esercitati nei concorsi per l’ingresso nella docenza, saranno praticati anche nell’avanzamento nella carriera, in misura di gran lunga superiore a quanto sperimentato con gli attuali meccanismi concorsuali.» (Università Democratica, n. 162-163, p. 5).

E nel dicembre 1998 l’ANDU ha aggiunto: «ora anche la carriera deve essere decisa attraverso una cooptazione personale da parte di quelli che una volta si chiamavano baroni ed è ad essi che bisognerà affidarsi, con adeguati comportamenti anche umani, per vincere concorsi che sono considerati, non a torto, una mera perdita di tempo, un fastidioso ritardo all’attuazione di una scelta già operata.» (Università Democratica, n. 168-169, p. 7).

Interessante è anche leggere le posizioni di coloro che allora hanno sollecitato fortemente l’approvazione della Legge Berlinguer sui concorsi locali: Eco, Panebianco, De Rienzo, Schiavone, Pera.

 

  1. b) La “Legge Gelmini” sui concorsi

 

La “Legge Gelmini” ha introdotto l’Abilitazione Scientifica Nazionale, una sorta di concorso senza posti su base quantitativa; nella sostanza una foglia di fico per ‘coprire’ i finti concorsi locali.

Che con “Legge Gelmini” sarebbe aumentato «il nepotismo rendendo ancora più locali il reclutamento e le progressioni di carriera», era già stato scritto dall’ANDU due mesi prima dell’approvazione della Legge (nella del 2010 raccolta di vari documenti v. quello alla data 3.10.10).

 

== SI RIBADISCE la Proposta dell’ANDU, secondo la quale per debellare la cooptazione personale è indispensabile che tutte le prove, a partire da quelle relative ai dottorati, diventino nazionali e i componenti delle commissioni devono essere tutti sorteggiati tra tutti i professori e di esse non ne devono fare parte i professori che appartengono alle sedi dove sono stati banditi i posti e non ne deve fare parte più di un professore della stessa sede. (dal documento-piattaforma Come ricostruire l’Università tutta).

 

  1. Galli della Loggia aveva sostenuto la pessima “Legge Gelmini”

 

Ernesto Galli della Loggia è stato uno dei maggiori sostenitori della cosiddetta Legge Gelmini che, tra l’altro, ha reso ancora più potenti i rettori e più arbitrari i finti concorsi locali.

Il 5 giugno 2010, a pochi mesi dall’approvazione della Legge, nel suo intervento Tra illusioni e pregiudizi  sul Corriere della Sera, Galli della Loggia aveva denunciato quanto 14 anni dopo è tornato a denunciare, scrivendo, allora, che gli atenei erano governati «da una corporazione professorale volta quasi sempre ai propri esclusivi interessi (rettori in carica per decenni; moltiplicazione insulsa delle materie, dei corsi di laurea e delle sedi decentrate al solo scopo di moltiplicare i posti per i docenti; scarso impegno didattico e scientifico; privilegio accordato alle carriere interne e ai candidati locali rispetto al reclutamento di forze nuove ope legis accettate con il consenso di tutti).»

Nel suo intervento Galli della Loggia esprimeva la sua preoccupazione che la Legge in discussione in Parlamento potesse non essere approvata («la prognosi non è delle più fauste»), una Legge, che secondo lui, era «almeno il tentativo onesto e ragionevole (sic!) di incidere in cinque direzioni importanti: introdurre criteri di ricambio e di funzionalità negli organi di governo degli atenei; sottoporre gli stessi a giudizi di efficienza e i docenti a giudizi di merito; avviare un riequilibrio quantitativo tra le diverse componenti della docenza; organizzare per gli studenti meritevoli un sistema di finanziamenti da restituire dopo la laurea e infine riformare il sistema dei concorsi in base ad una scelta dei commissari fondata sui loro meriti scientifici e insieme sul sorteggio.»

Nel novembre del 2010 Galli della Loggia aveva anche sottoscritto, pochi giorni prima dell’approvazione della “Legge Gelmini”, l’appello Difendiamo l’Università dalla demagogia. Nell’appello si sosteneva che «questo provvedimento rappresenta un passo nella direzione giusta per cercare di far uscire l’Università italiana dallo stato di grave prostrazione in cui essa si trova» e che la Legge andava apprezzata anche «perché riorganizza e moralizza gli organi di governo degli atenei (sic!); limita la frantumazione delle sedi universitarie, dei corsi di laurea e dei dipartimenti (sic!); introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti (sic!)».

 

Galli della Loggia ora, dopo 14 anni, prende atto che la Legge che voleva venisse approvata – e che è stata approvata ad ogni costo – non era né onesta né ragionevole. Una legge che ha accelerato lo smantellamento dell’Università statale e che è stata ‘sollecitata’ trasversalmente da Confindustria, CRUI, CUN, Luigi Berlinguer, Enrico Letta (allora vice segretario del PD), Silvio Berlusconi (nota), Francesco Giavazzi, Gaetano Quagliarello e tanti altri (v. il documento già citato).

Nota. Particolarmente accorato è l’appoggio alla Legge espresso da Silvio Berlusconi: «E’ fondamentale approvare al più presto la riforma universitaria voluta da Mariastella Gelmini che approderà tra breve al Parlamento.». E ancora: «È una riforma che introduce più trasparenza nei corsi di laurea, che dice basta ai concorsi truccati, a parentopoli, che limita a 8 anni (poi diventati 6, ndr) gli incarichi dei rettori. È una riforma che va nella giusta direzione» (dal documento Giavazzi ora vuole subito il DDL. A ruota Quagliariello e Berlusconi).

 

  1. è indispensabile invece l’autonomia del Sistema nazionale universitario

 

Bisogna finirla con la finta autonomia dei singoli atenei senza però passare alla dipendenza da un potere centrale politico.

Per realizzare una vera autonomia dell’Università statale dai poteri forti interni ed esterni che insieme da decenni la stanno demolendo, occorre costituire un Organismo di autogoverno e di rappresentanza democratica del Sistema nazionale dell’Università, con tutti i membri eletti direttamente e contemporaneamente, e, per la componente docente, con criteri proporzionali alla numerosità delle aree (non più di 5-6) e con elettorato attivo e passivo non distinto per fasce.

In questa direzione è indispensabile neutralizzare il ruolo della CRUI che ha sempre voluto e/o sostenuto lo smantellamento del Sistema nazionale universitario.

È necessario anche abolire (non riformare) l’ANVUR, istituito per commissariare l’Università.

 

  1. Bosniagate su Rai 3

 

Nella puntata del 15 aprile 2024 di FarWest su Rai 3 è stato trasmesso il servizio Bosniagate, lo scandalo dell’università fantasma.

Su questa questione vedi anche Bosniagate effetto collaterale del numero chiuso al punto 2 del documento Il numero chiuso dalla CRUI – Bosniagate.

 

  1. Prossimo Congresso nazionale dell’ANDU

 

Il 20 settembre 2024 con inizio alle 14.30 si terrà il Congresso Nazionale dell’ANDU al quale potranno partecipare tutti gli iscritti. Per iscriversi all’ANDU cliccare qui.