CASO COSPITO: UN MONDO CHE NON HA FATTO I CONTI CON LE “IDEE ASSASSINE”

Il Pd e la sinistra che ha governato gli ultimi dieci anni, ora che sta all’opposizione ha sollevato un caso per cercare di screditare il Governo Meloni. Su atlantico quotidiano.it, Lorenzo Gioli (Caso Cospito, ecco tutti i nervi scoperti del Pd, 5.2.23) parla apertamente di ipocrisia e ambiguità della sinistra sul 41 bis, invece di affrontare la questione sollevata da Giovanni Donzelli nel suo intervento alla Camera, preferisce concentrarsi sulle modalità con cui quelle informazioni sono state divulgate.

Per alcuni esponenti del Pd, il problema principale non sarebbe l’eventuale accordo fra il terrorista anarchico e due o più boss mafiosi per rimuovere il 41-bis dal nostro ordinamento, ma il fatto che quelle conversazioni non dovessero diventare di dominio pubblico e dunque essere discusse in Parlamento.

L’altro elemento che Gioli rileva è che gli esponenti Dem hanno reagito scompostamente alle parole forse inopportune di Donzelli. Ma sono reazioni ipocrite perché la sinistra da sempre ha delegittimato con ogni mezzo il centrodestra e i suoi leader. Oggi con quale credibilità si invoca il fair play, dopo aver criminalizzato per anni Silvio Berlusconi, accusandolo addirittura di concorso in strage per i fatti del 1992-1993? Ma soprattutto: che senso ha parlare ancora di “correttezza politica” e di “rispetto fra gli avversari” dopo aver negato ogni legittimità a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, bollandoli di neo o post fascismo? Di una certa gravità sono le parole dell’ex ministro della giustizia Andrea Orlando in un colloquio con Monica Guerzoni sul Corriere della Sera del 2 febbraio: “Forse abbiamo dato troppo per scontata una democratizzazione della destra post-fascista”. E ancora: “Trovo inquietanti le dichiarazioni di Donzelli. Associare il reato di chi è in carcere al parlamentare che lo va a visitare è la spia di un atteggiamento autoritario…”.

Infatti secondo il giornalista di Atlantico, proprio “a causa di questa narrazione esecrante e a tratti violenta se alcuni anarchici si sentono autorizzati ad organizzare attentati, minacciando uomini e donne delle istituzioni, in Italia come all’estero.

Lo stiamo toccando con mano in questi giorni: l’accanimento politico e mediatico contro il governo si riversa non solo nelle piazze, ma anche nelle università. Basti pensare all’occupazione della Facoltà di Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma in solidarietà con “Alfredo”, come lo chiamano affettuosamente alcuni studenti, cercando di mascherarne gli ormai accertati trascorsi criminali. E poi i manifesti affissi dove vengono additati “gli assassini di Alfredo Cospito”.

Gioli evoca un antico proverbio, che recita: “il nemico del mio nemico è mio amico”. Dovremmo chiederci se per caso al posto di Cospito ci fosse stato un ex terrorista di Ordine Nuovo, avremmo letto e ascoltato gli appelli accorati per cancellare il 41 bis all’anarchico Cospito?

Della faccenda dell’anarchico ha fatto un sintetico intervento chiarificatore Domenico Airoma, vice presidente del Centro Studi “Rosario Livatino”, nonchè esponente di Alleanza Cattolica. (Chi è l’assassino di Cospito? Cospito, 5.2.23, alleanzacattolica.org)

A condannare l’anarchico Alfredo Cospito ad una possibile morte di stenti non è lo “Stato cattivo”, ma l’ostinazione nel male, in un mondo che non ha ancora fatto i conti con le “idee assassine””. Così esordisce Airoma, “Tutti noi ci auguriamo che Alfredo Cospito cambi idea, e non solo sullo sciopero della fame. Quel che deve essere chiaro è che sono le sue idee che lo stanno assassinando, così come hanno cercato di assassinare altri”.

A questo proposito ricordo che c’è un interessante libro di Robert Conquest, “Il Secolo delle idee assassine”, che da la percezione plastica di come le ideologie tossiche del ‘900, a cominciare da quelle anarco-comuniste, hanno contribuito a far morire milioni di uomini e donne.

Il problema è che molti, soprattutto in certi ambienti politici di sinistra, si ostinano a non comprendere, “per la semplice ragione che non hanno fatto ancora i conti con altre idee, o meglio ideologie, che nel recente passato hanno ucciso, armando la mano di tanti uomini e donne. La dimostrazione è nei manifesti affissi di recente alla Sapienza, ma anche in tanti maîtres à penser che si inerpicano sui viscidi pendii del giustificazionismo e dei sottili distinguo”.

Lascio la parola ad Airoma, “La realtà è una sola: chi inneggia all’assassinio seriale, ammantandolo di orpelli vuotamente ideali, è un criminale ancor più pericoloso dei mafiosi. E lo è perché, mentre per i mafiosi è immediatamente percepibile la matrice delinquenziale e l’ingiustizia delle loro azioni, per i cosiddetti anarchici e “nemici del sistema” la pericolosità è assai maggiore, dal momento che veicolano sotto specie di bene qualcosa che è, invece, radicalmente contrario alla dignità dell’uomo. E lo è perché, se l’esercizio dei pubblici poteri può arrecare danno al bene comune, l’assenza di ogni regola e autorità – vagheggiata da Cospito e dai suoi supporters – è garanzia certa di soccombenza per i deboli e di affermazione dei violenti”. Pertanto, precisa Airoma: “La posta in gioco non è, dunque, riducibile all’applicabilità o meno del regime detentivo previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario. La questione è se un criminale che si ostina a fare il cattivo maestro possa avere una cattedra dalla quale continuare ad intossicare menti e cuori. E non è lo Stato a non doversi piegare ai ricatti; siamo tutti noi, che abbiamo a cuore la libertà vera a dover pretendere che ciò non accada”.

DOMENICO BONVEGNA

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