La gestione del suolo pubblico a Messina è il prototipo di una città dove le istituzioni hanno concretamente collaborato al crollo del tessuto produttivo.
Confesercenti Messina da 10 anni denuncia i soprusi e la miopia delle Istituzioni che hanno deliberatamente ostacolato lo sviluppo delle attività, danneggiando i pubblici esercizi fino a farli chiudere in massa.
10 anni fa la giunta del sindaco Buzzanca decise di aumentare dalla sera alla mattina il canone del suolo pubblico a Messina del 300%. Per 10 anni i bar ed i ristoranti di Messina hanno pagato più dei bar con vista sul Colosseo a Roma.
Soltanto i tribunali hanno riportato, dopo anni, la tariffa ad un canone ragionevole.
Una mattina i titolari dei pubblici esercizi che avevano investito ognuno centinaia di migliaia di euro per sposare la ripartenza della Galleria Vittorio Emanuele di Messina scoprirono che il Commissario mandato dalla Regione a sostituire il Sindaco e il Consiglio Comunale di Messina, aveva trovato il tempo per revocare le autorizzazioni ad occupare il suolo, comunale, della galleria vittorio Emanuele. Otto attività fallirono e decine di giovani e piccoli imprenditori compromisero il loro futuro grazie alle garanzie personali che avevo messo per le loro aziende, fidandosi delle promesse di Palazzo Zanca.
Per anni in via Tommaso Cannizzaro, l’unica città d’Italia che aveva adibito i marciapiedi a parcheggio, non ha voluto concedere il suolo pubblico, e quando lo ha fatto la Confesercenti ha dovuto pagare fior di legali per difendere gli esercenti dai ricorsi di chi ancora insisteva a parcheggiare l’auto sul marciapiede.
Ed oggi, ancora, la Soprintendenza di Messina continua con atteggiamenti ondivaghi, a non dare certezze ai piccoli imprenditori che hanno investito il loro futuro in bar, pub, ristoranti, pasticcerie, pizzerie, gelaterie, per collaborare nel creare un’offerta degna di una città definita dalle istituzioni turistica, ma che ai turisti non da nulla, neanche i bagni per fare la pipì, perché a questo ci pensano i pubblici esercizi.
La misura è colma, e dopo nove mesi di trattative con la Soprintendenza ancora non si ottengono risposte e certezze, con il rischio, ancora una volta di acquistare arredi che poi non potranno essere collocati perché la Soprintendenza non si decide a fornire linee chiare, con attese infinite e decisioni incoerenti.
E dopo quasi 3 mesi di chiusura ci si ritrova ancora a subire il disinteresse delle Istituzioni, ripiegate tra cavilli utili soltanto a perpetuare servizi che hanno di pubblico soltanto gli stipendi pagati dai contribuenti, privi di efficacia ed ostativi allo sviluppo del tessuto produttivo sano delle imprese, utili soltanto a provocare malcontento e scontro sociale.
𝐂𝐨𝐬𝐢̀ 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐢 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐢𝐧 𝐩𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚 𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐬𝐭𝐚𝐫𝐞, 𝐚 𝐮𝐫𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐫𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚 𝐞𝐝 𝐚 𝐧𝐨𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐞̀ 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐚.
𝐃𝐨𝐦𝐚𝐧𝐢 𝟐𝟖 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝟏𝟐.𝟎𝟎 𝐯𝐢 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚 𝐩𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚 𝐔𝐧𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐞𝐚, 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐞𝐫𝐢𝐧𝐚 𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢, 𝐚 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐢 𝐚𝐢 𝐬𝐞𝐩𝐨𝐥𝐜𝐫𝐢 𝐢𝐦𝐛𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐜𝐚𝐫𝐧𝐞 𝐝𝐚 𝐦𝐚𝐜𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐯𝐢𝐭𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨.