Non ne azzecca una il “povero” capo politico del M5S, Luigi Di Maio. Certo, un napoletano che si fa fregare da un milanese non si era mai visto.
Non c’è più religione, si dice nel noto film di Luca Miniero. In verità, il “nostro” Di Maio è di Pomigliano D’Arco, il cui santo protettore è San Felice ma di felicità i risparmiatori italiani non ne vedono, anzi.
L’ultima del “nostro”, dopo la performance sulla richiesta di messa in stato di accusa del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, prontamente ritirata dopo lo scappellotto di Beppe Grillo, riguarda la posizione di Carlo Cottarelli sull’euro.
Secondo l’interpretazione del “nostro”, Cottarelli sarebbe favorevole all’uscita dall’euro, ci converrebbe, insomma. Non so quale libro abbia letto il “nostro”, ma alla seconda riga, del capitolo 7, pag. 137, del libro “I sette peccati dell’economia italiana”, Cottarelli scrive “Io credo che sia meglio vivere nell’euro”, poi elabora ipotesi di scuola sull’uscita dall’euro, scrivendo “In teoria, i problemi italiani, un debito pubblico elevato e una bassa crescita e produttività, potrebbero essere risolti uscendo dall’euro” salvo aggiungere che “questo avverrebbe al prezzo di un taglio dei salari reali, di una tassa da inflazione, e solo dopo un periodo che sarebbe molto turbolento, anche per via degli effetti di bilancio che accompagnano una svalutazione e dallo sconvolgimento del sistema dei pagamenti.”, e concludeva “Non ne vale la pena.”
Insomma, il “nostro” si esercita in pratiche furbesche, enucleando da un testo ciò che interessa, ignorando il contesto generale e, soprattutto, le considerazioni di opposizione ad una ipotetica teoria.
Il “nostro” racconta bufale. Purtroppo, qualcuno ci crede e chi risparmia perde.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc