Il concetto della “città da 15 minuti”’, racchiude in sé la possibilità per le persone, di poter soddisfare gran parte dei propri bisogni quotidiani nel raggio di 15 minuti a piedi o in bicicletta. Le “città da 15 minuti”, fanno parte del piano d’azione globale meglio conosciuto come “Agenda 2030”, e dovrebbe garantire il miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.
Ma è proprio così?
Intanto bisogna dire che la formazione della “città da 15 minuti”, comporta e richiede investimenti notevoli in in infrastrutture e progettazione urbana, quindi costi per la collettività significativi al punto dal richiedere impegni a lungo termine da parte delle amministrazioni locali (pensate ai famosi parcheggi d’interscambio, piste ciclabili, Ztl e digitalizzazione dei controlli sul territorio, isole pedonali, etc. etc. tutti interventi ad oggi, realizzati con i fondi del Pnrr, prestiti che dovranno essere restituiti).
Il tutto, per essere realizzato, comporterà profonde e significative modifiche alla viabilità e lo stravolgimento dell’economia di prossimità (le piccole-medie attività commerciali), con chiusure e perdita di posti di lavoro.
Infine, bisognerà fare i conti con la “gentrificazione”, cioè: quel processo di trasformazione urbana che indica il progressivo cambiamento socioculturale di vaste aree (città da 15 minuti), che porterebbe all’aumento dei prezzi delle case e al rischio (calcolato?), di escludere le persone a basso reddito dalle nuove “opportunità” offerte da questo modello urbano.
Un modello utopico, che sta stravolgendo i territori delle nostre città e sconvolgendo il tessuto socio economico delle stesse, sacrificati sull’altare del totalitarismo imperante. Il tutto, supportato dal falso obiettivo di raggiungere uno sviluppo sostenibile, l’accesso a servizi di base, alla sostenibilità ambientale e alla riduzione delle disuguaglianze. Con lo scopo, di attuare un controllo sociale invasivo e costante attraverso un lockdown perpetuo.
bilgiu