Essere conservatori che significa? E poi che cosa bisogna conservare e per quale motivo è meglio essere conservatori che progressisti? Il Conservatorismo è l’alternativa alle ideologie? E’ esistito un conservatorismo in Italia? Non è facile rispondere a queste domande poste tutte insieme. Ci ha provato a rispondere un lavoro collettaneo in un libro, “Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico”, pubblicato da Edizioni Ares di Milano nel 2023.
Gli autori sono Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti, con contributi di Giovanni Orsina, Andrea Morigi, Francesco Pappalardo, Mauro Ronco. Tra l’altro questo è un libro che ha messo in moto un interessante “Laboratorio” dei conservatori sul sito online di alleanzacattolica.org, che intende essere uno spazio aperto alla discussione e all’approfondimento.
Affrontare il mondo del conservatorismo non si presenta un’operazione semplice: da un lato la complessità perfino definitoria del termine prima ancora del tema, dall’altro la necessità di un approfondimento che ricostruisca in una prospettiva storica, politica, culturale e scientifica. Del resto gli autori del testo sono consapevoli di questa necessaria premessa. Il libro offre una ricostruzione quanto mai ricca di dettagli, protagonisti, eventi, ripercorrendo i passaggi fondamentali degli ultimi duecento anni di storia occidentale e soffermandosi, in particolare, sulla tradizione conservatrice difficile italiana. “Un autentico tour de force”, ha scritto il professore Giovanni Orsina.
Cosa ha spinto in questo momento storico gli autori del libro a occuparsi del conservatorismo? La risposta si trova nell’introduzione. Tutto parte da una dichiarazione del Capo del Governo italiano Giorgia Meloni. Un governo “eccezionale”, che “rompe” con tutto un passato, in quanto per la prima volta è guidato da un personaggio politico nazional-conservatore. Infatti in uno dei primi discorsi del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha citato il filosofo Roger Scruton, “uno dei grandi maestri del conservatorismo europeo”, costringendo i mezzi di informazione a chiedersi cosa, e come mai, fosse cambiato nel pantheon culturale della Destra italiana, scrive Andrea Morigi nel contributo finale del libro.
Ed effettivamente da un po’ di tempo, qualcosa è cambiato nella Destra, un forte segnale nell’ambiente culturale e politico, l’aveva dato una rivista molto originale e particolare: “Percorsi di politica, cultura, economia”, un mensile, fondato e diretto da Gennaro Malgieri, all’epoca parlamentare di Alleanza Nazionale (An) e direttore del quotidiano Secolo d’Italia, organo della stessa An. Un lavoro purtroppo durato solo tre anni (il primo numero è uscito nel dicembre del 1997), ma che ha tracciato un percorso culturale, politico nella Destra. Morigi ne evidenzia alcuni importanti contributi di eminenti scrittori e studiosi del mondo conservatore pubblicati dalla rivista, tra questi Giovanni Cantoni, Marco Respinti che propone la figura dell’americano conservatore Russel Kirk, e poi scritti di Thomas Molnar, dell’insigne medievalista Marco Tangheroni, Roger Scruton, ma sono presenti anche articoli di autorevoli scrittori dell’area politica della Destra a cominciare dal Malgieri stesso, Riccardo Pedrizzi, Aldo Di Lello e tanti altri.
Tornando al libro “Conservatori”, è un testo di quasi 300 pagine, composto di quattro densi capitoli, arricchito di tre contributi finali e di approfondite indicazioni bibliografiche. Il libro propone una mappa storico – politica per orientarsi di fronte a un termine spesso frainteso o distorto. Infatti il termine “conservatore” segue la sorte del termine “destra”, usato spesso per chi “si trova” a destra, piuttosto che a chi “è di” destra. A questo proposito scriveva Clemente Solaro della Margarita (1792-1869): “Una sola è la destra e vi appartengono color che la Religione, il bene e la gloria dello Stato hanno in mira”. Tuttavia, “Il conservatorismo non è semplicemente una mentalità individuale o una condizione di fatto: è anche un fenomeno – sostengono gli autori -, una realtà osservabile, di natura collettiva e culturale, civica e politica, ovvero un insieme di giudizi non episodici sul reale che un gruppo umano ha formulato nel tempo e continua a formulare: possiede cioè un pensiero, ha avuto e ha dei teorici, ha una ricaduta sulla società e sulla politica e, ormai, anche data da qualche secolo.“Non è tuttavia un’ideologia, almeno – viene precisato – come la si intende comunemente”. E’ bene chiarire che “il conservatorismo non è l’ennesima ideologia moderna, come il liberalismo, il comunismo, il nazionalismo, il nazionalsocialismo”. In pratica non è quella costruzione intellettuale sistematica costruita a tavolino. Nell’introduzione si fa un paragone per individuare chi è il vero conservatore: non è il politologo statunitense Francis Fukuyama, che pensava che dopo il crollo del comunismo, la vittoria del mondo liberaldemocratico segnasse la “fine della storia”. Ma lo è invece Aleksandr Isaevic Solzenicyn (1918-2008), che“quando ha accolto l’ammainabandiera del vessillo rosso dalla torre più alta del Cremlino non solo come un osanna alla libertà che finalmente invadeva anche l’ex impero zarista, ma anche come il preludio alla rinascita della tradizione russa di sempre”.
I curatori del libro precisano che “il conservatorismo non è e non è stato il proprium di aristocratici misoneisti o di borghesi desiderosi solo di salvaguardare il loro benessere e il loro status sociale”. Al contrario, i conservatori difendono e promuovono “le fasce meno altolocate della società, tanto è vero che la prima reazione contro la Rivoluzione francese non viene dagli ecclesiastici, dai nobili, dagli intellettuali, bensì dalle plebi rurali e urbane […]”.
Il 1 tema affrontato dal testo è Il conservatorismo: un profilo ideale e storico.
Il conservatorismo reagisce contro il fenomeno rivoluzionario e si oppone a chi “adora” il cambiamento in quanto tale e che odia ogni punto fermo, ogni radice, ogni fattore di stabilità, ogni idea di creazione. Per affrontare il pensiero conservatore occorre partire dalla Rivoluzione francese, infatti, “la dottrina conservatrice è figlia di un avvenimento. Essa è nata da una reazione contro la Rivoluzione francese […]” Scrive il francese Philippe Beneton. “La dottrina conservatrice è dunque nata contro-rivoluzionaria”. L’89 dei rivoluzionari ha preteso insorgere contro le ingiustizie della “società feudale”, mentre in realtà sono insorti proprio a causa dei difetti di quell’epoca feudale, che aveva provocato l’assolutismo regio, che a sua volta, aveva soppresso tutte le libertà concrete.
Il 1789 è stato un anno epocale perchè segna l’inizio di una rivoluzione come non se ne erano mai viste fino ad allora. Il primo a rendersene conto della portata epocale della rivoluzione francese fu un irlandese, vissuto in Inghilterra, Edmund Burke (1729-1797) nato a Dublino. Considerato il primo conservatore, il “padre” del conservatorismo. Ha scritto un libro che viene considerato “il manifesto di una controrivoluzione”, “Riflessioni sulla Rivoluzione francese”, scritto nel 1790, quindi in piena rivoluzione. Il libro racconta i tragici anni rivoluzionari, il terrore della ghigliottina. Invernizzi e Sanguinetti fanno riferimento ai contributi indispensabili di due studiosi francesi, Pierre Gaxotte e Augustin Cochin. Quest’ultimo è autore di un’opera eccezionale per comprendere la Rivoluzione: “Meccanica della Rivoluzione”. La reazione e la critica alla Rivoluzione francese non arriva solo da Burke ma anche dal conte Joseph De Maistre con le sue “Considerations sur la France”. In Italia non abbiamo avuto figure autorevoli del conservatorismo però, scrive Invernizzi, “come definire se non conservatori quegli ‘insorgenti’ che si ribellano contro Napoleone Bonaparte (1796-1821)?” Napoleone tra il 1796 e il 1814 con le sue guerre di invasione, ha scatenato ovunque in Europa, centinaia di insurrezioni popolari causando decine di migliaia di vittime. Eppure in Italia Napoleone è stato e viene ancora celebrato come un liberatore, gli sono state intitolati monumenti, strade, piazze, mentre sono state accuratamente coperti dal silenzio i suoi numerosi furti e le devastazioni del patrimonio artistico, laico ed ecclesiale del nostro Paese.
Nell’excursus storico-politico il saggio esamina gli sviluppi in Europa ma anche in America del movimento conservatore in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Austria, Svizzera, Germania e negli Stati Uniti. Non manca un capitolo dedicato alle “tentazioni” del pensiero conservatore che spesso cede ai compromessi con la modernità e che se comporta inizialmente un forte consenso, paga poi con cadute che lo azzerano del tutto (i casi di Action Française e del Fascismo italiano).
In questo viaggio voglio ricordare qualche nome significativo di questo movimento Gustave Thibon, Juan Donoso Cortes (1809-1853), Giacinto de Sivo (1814-1867). Antonio Capece Minutolo, Principe di Canosa, Cesare Taparelli d’Azeglio (1763-1830) il movimento Carlista, lo spagnolo Francisco Elias de Teyada y Spinola. Karl Ludwig von Haller (1768-1854), Gonzague de Reynold, Karl Lueger, il cancelliere Engelbert Dollfuss (1892-1934), infine negli Usa, Russell Amos Kirk. Da ricordare c’è l’esperienza culturale intorno alla casa editrice Rusconi di Milano, “anima” delle varie collane è stato Alfredo Cattabiani (1937-2003) Altre figure importanti di studiosi sono Emanuele Samek Lodovici (1942-1981), il prof. Augusto Del Noce, Carlo Alianello (1901-1981), grande studioso del brigantaggio e del Regno delle due Sicilie, infine l’animatore culturale napoletano, Silvio Vitale (1928-2005), con la sua rivista “L’Alfiere. Pubblicazione tradizionalista napoletana”. Sicuramente ci sono altri nomi significativi del conservatorismo.
Passando al profilo ideale del conservatorismo si individua la filosofia, che non può prescindere da San Tommaso d’Aquino (1225-1274) e dal pensiero di Giambattista Vico (1688-1744) Il conservatorismo “indossa” ogni filosofia che si conformi ai canoni della philosophia perennis, quella della verità oggettiva e del senso comune.
“Il conservatore si ispira dunque a principi e a valori perenni quelli che hanno creato e retto la civiltà europea e occidentale per secoli”. E poi c’è la Tradizione, che significa continuità con il passato migliore, perché il conservatore non è solo tradizionalista ma anche riformatore. Il conservatore è agli antipodi della società totalitaria, come quella comunista, o dello Stato etico, come nei fascismi o nel nazionalsocialismo. Il conservatore si affida alla Dottrina Sociale della Chiesa.
I pensatori conservatori hanno criticato i principi delle varie ideologie della modernità radicale, mostrandone l’inconsistenza, l’astrazione e la contraddittorietà.
Interessanti le nozioni sulle “tentazioni” del conservatorismo, a cominciare dal nazionalismo, l’autoritarismo, il totalitarismo, la dittatura, il conservatorismo liberale e socialista, il populismo.
Il 2 tema affrontato dal libro è “Il conservatorismo nell’Italia post-unitaria”. E qui si comincia ad analizzare le varie fasi dell’Insorgenza nella Penisola italiana, poi la fase della cosiddetta restaurazione, quindi il Risorgimento. Attenzione il conservatore non ha nostalgia per gli Stati preunitari in quanto tali, perché la Storia non torna indietro. Certamente l’unità era necessaria, ma non come è stata fatta, imposta con la forza, contro il diritto internazionale, contro le radici stesse della storia italiana. “Il Risorgimento è stata una rivoluzione, la Rivoluzione ‘italiana’”. Sebbene più moderata rispetto a quella francese, ma sotto il paravento dell’unità e della lotta allo straniero, ma è stata una vera rivoluzione. “Se siamo onesti non possiamo avere seri dubbi su chi fosse più italiano fra il re di Napoli, Francesco II di Borbone (1836-1894), sovrano delle Due Sicilie, il ‘franceschiello’ messo alla berlina dai liberali e dai nazionalisti, che parlava in dialetto ai suoi sudditi, e quello di Torino, Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878), che usava abitualmente il francese”.
Il Risorgimento, la Rivoluzione italiana, è un argomento delicato da trattare, ma quello che è stato veramente occorre dirlo e scriverlo. Brandiva un’ideologia nazionalista contro la libertà della Chiesa e le radici cristiane dell’Italia. Per decenni, grosso modo i conservatori, i cattolici, coincisero con i cosiddetti “intransigenti”, quelli che non dimenticavano il sopruso di Porta Pia e si organizzarono nell’Opera dei Congressi. Era il movimento cattolico, che rappresentava il “Paese reale” contro quello “legale”. Una minoranza che rappresentava lo Stato risorgimentale, che poi votava, cercava di imporre alla maggioranza un’azione “pedagogica”, era quel “fare gli italiani” di Massimo D’Azeglio. Tuttavia il Risorgimento aveva prodotto la questione romana, quella meridionale e poi quella sociale.
Arriviamo alla Grande Guerra del 15-18. Anche questo un avvenimento che ha segnato la Storia, un vero spartiacque. Una società ancora contadina e religiosa conobbe in tre anni di guerra grandi trasformazioni. Migliaia di giovani costretti a vivere nelle trincee per combattere. L’esito oltre ai milioni di morti e di feriti, è la “nazionalizzazione delle masse” e la penetrazione capillare delle ideologie nel corpo sociale. Di fronte alla guerra i cattolici si dividono tra interventisti come don Luigi Sturzo (1871-1959), fondatore del Ppi e non interventisti.
“La Grande Guerra – scrivono gli autori del libro – è un’occasione proficua per distinguere i conservatori autentici, quelli legati ai principi perenni, da chi vuole semplicemente evitare un male peggiore. Chi è veramente conservatore intuisce la portata rivoluzionaria e l’ispirazione massonica del conflitto, voluto non solo “per Trento e Trieste”, ma anche per distruggere gli imperi centrali, in particolare quello asburgico, e per depauperare della propria cultura e destrutturare una società ancora cristiana, limitando l’influenza internazionale della Chiesa”. Infatti, i cattolici conservatori seguono le indicazioni del Papa Benedetto XV sull’inutile strage. “Sono per la neutralità e per il non intervento, anche perchè ideologicamente ostili a quel nazionalismo che con la guerra avrebbe diviso episcopati e fedeli delle diverse nazioni in guerra fra loro”.
I conservatori con il Fascismo non hanno avuto un ruolo significativo nel nuovo regime. Gli autori del libro per capire il ventennio consigliano di fare riferimento agli studi di Renzo De Felice, intanto si chiedono: il consenso che sostenne il regime fra il 1925 e il 1938, fu un consenso di tipo conservatore? La risposta non è facile. Si può sostenere che ci fu un tentativo del rettore della Università Cattolica, Agostino Gemelli di cristianizzare il fascismo.
Il Referendum istituzionale del 1948. Grazie ai Comitati Civici di Luigi Gedda, la Democrazia Cristiana di De Gasperi riesce a vincere le elezioni contro il Fronte Popolare delle sinistre. E dopo questo voto si apre la questione del rapporto tra la DC e i conservatori. La vittoria del 1948 non comportò nessun cambiamento per quanto riguarda un certo revisionismo storico, fra l’Italia liberale, quella fascista e quella democratico-cristiana, dal punto di vista della lettura storica del passato nazionale, non vi è stata una grande differenza.“I padri della patria rimasero quelli che l’avevano scristianizzata”, scrive Marco Invernizzi. Mentre per gli insorgenti e i “vinti del Risorgimento”, invece non c’è posto nel pantheon nazionale. La DC si preoccupava di mantenere la titolarità del potere, mentre “la cultura, la scuola, l’università, l’editoria, cioè tutti i luoghi della vita pubblica che contribuivano alla formazione del senso comune, erano invece lasciati alla gestione da parte di altre forze politiche-ideologiche, con una egemonia della cultura marxista e di sinistra”. Ne abbiamo una prova recentissima con le università di Pisa e di Torino che boicottano le attività di ricerca con Israele perché glielo ordinano i collettivi studenteschi di sinistra.
Arriva il 1968, il “maggio francese”, il fronte conservatore avrebbe dovuto combattere una battaglia anzitutto culturale, perchè si trovava davanti a una rivoluzione che come obiettivo non aveva la conquista del potere, ma soprattutto la trasformazione del modo di pensare e di agire degli uomini. Il mondo stava per cambiare, intanto nel 1989 implode l’impero socialcomunista, cade il Muro di Berlino, il pool di magistrati“Mani pulite”, spazza via la DC e tutti i partiti dell’Arco costituzionale rimane solo il PCI e l’MSI. Il Pci si trasforma in Pds, Achille Occhetto aveva pronta la “gioiosa macchina da guerra” per vincere le elezioni, ma un imprenditore milanese Silvio Berlusconi scende in campo con la sua Forza Italia e si verifica un altro “miracolo” politico conservatore, un miracolo “muto” ma reale. Vince le elezioni Berlusconi con il centrodestra. Ormai siamo ai giorni nostri, la storia politica del centrodestra continua.
Il testo di Invernizzi e Sanguinetti prosegue con altri due temi: “Il pensiero conservatore correnti e protagonisti”; “L’identikit dell’Italia conservatrice”. Infine i tre contributi, in ordine di pubblicazione: 1 Francesco Pappalardo (Come è nata l’Italia); 2 Mauro Ronco (Vico e la verità del diritto); 3 Andrea Morigi (Una rivista conservatrice negli anni 1990) Io mi fermo per non appesantire ulteriormente lo studio del libro. Avrò modo sicuramente di riprendere l’importante tema.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com