C’è una ragione precisa per cui Legambiente ha deciso di dedicare anche questa edizione del Rapporto Ecomafia, dopo quella pubblicata giusto vent’anni fa, nel 2003, al pensiero di Giovanni Falcone: la sua straordinaria attualità.
«Cerchiamo d’immaginarlo questo mafioso, divenuto capitano d’industria. Ricco, sicuro di potere disporre di una quantità di denaro che non ha dovuto prendere a prestito e che quindi non deve restituire, si adopera per creare nel suo settore di attività una situazione di monopolio, basata sull’intimidazione e la violenza. Se fa il costruttore, amplierà il suo raggio d’azione fino a comprendere le cave di pietra, i depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture in genere e anche gli operai […]. Gli altri proprietari di cave, gli industriali del cemento e del ferro verranno a poco poco inglobati in una rete monopolistica sulla quale egli eserciterà il controllo». Tratto da “Cose di cosa nostra”, Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani, Rizzoli 1991.
Nella descrizione fatta da Giovanni Falcone alla giornalista Marcelle Padovani del mafioso costruttore che diventa “capitano d’industria” ricorrono i tratti di una criminalità organizzata capace, oggi più di ieri, di inquinare l’economia saccheggiando l’ambiente in cui viviamo. Un’aggressione “condivisa” con imprenditori privi di etica, faccendieri senza scrupoli, politici e funzionari corrotti, in particolare nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa ma non solo, come dimostrano gli scioglimenti, per il condizionamento subito dalla ’ndrangheta, dei comuni di Anzio e Nettuno, in provincia di Roma. Una diffusione confermata anche dal numero dei clan ecomafiosi censiti da Legambiente: dal 1994 a oggi ammontano a 375, operativi in tutte le filiere ambientali.
La morsa delle ecomafie rimane ben salda. Nel 2022 i reati contri l’ambiente restano sopra la soglia dei 30.000, esattamente sono 30.686, in lieve crescita rispetto al 2021 (+0,3%). Una media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora. Crescono anche gli illeciti amministrativi che toccano quota 67.030 (con un incremento sul 2021 del +13,1%): sommando queste due voci – reati e illeciti amministrativi – le violazioni delle norme poste a tutela dell’ambiente sfiorano quota 100.000 (97.716 quelle contestate, alla media di 268 al giorno, 11 ogni ora). Il maggior numero di illeciti si registra nel ciclo illegale del cemento, i reati contro la fauna e il ciclo dei rifiuti. L’incremento più significativo dei reati accertati dalle forze dell’ordine si registra nel ciclo illegale del cemento, lungo tutta la filiera, dalle cave ai reati urbanistici, dalla produzione di calcestruzzo alle imprese di costruzione: esattamente 12.216 illeciti, pari al 39,8% del totale, con una crescita del +28,7% rispetto all’anno precedente.
Il nostro nuovo rapporto, Ecomafia 2023, mette in fila, come ogni anno, le storie e i numeri sulla criminalità ambientale in Italia. Le considerazioni che emergono, frutto di un grande lavoro di analisi e contributi raccolti, confermano il lavoro importante svolto da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, enti di controllo e magistratura. E dovrebbero sollecitare risposte coerenti ed efficaci da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali. Accade purtroppo spesso il contrario: deregulation, come quelle inserite nel nuovo Codice degli appalti, invece di semplificazioni; condoni edilizi più o meno mascherati, invece di ruspe.
Enrico Fontana – responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità Legambiente