ELLY SCHLEIN E LA “IV RIVOLUZIONE” DEL PARTITO DEMOCRATICO

Premessa. Studiosi cattolici chiamano “Rivoluzione” il “processo la cui essenza è quella di promuovere in maniera sistematica e organizzata il declino, il decadimento e, infine, l’agonia e la morte della civiltà cristiana o “cristianità” che per molti secoli è stata la civiltà dell’Occidente”.

Gli studiosi riassumono e schematizzano in quattro tappe fondamentali tale secolare “processo”: la prima inizia alla fine del Medioevo con la esplosione della “Riforma protestante” in Germania (1517); la seconda con la “Rivoluzione francese” (1789); la terza con la “Rivoluzione bolscevica” in Russia (1917); la quarta, ancora in corso, detta “Rivoluzione culturale o antropologica o sessuale o dei desideri…” che comincia col “1968”.

La Rivoluzione ha le sue strategie adattate ai tempi e ai luoghi, i suoi modi variegati a seconda delle circostanze, i suoi agenti occulti e palesi: massonerie, centri di potere finanziario, filosofi, giornalisti, professori, giudici “legislatori”, politici e – via via calando – “sparaparole”, teatranti e comparse del cinema e delle tv…; in particolare la “quarta”, che qui ci interessa di più, si situa “in interiore homine” direbbe Sant’Agostino, cioè nel profondo del cuore umano e ne fomenta le tendenze sregolate, le passioni e le pulsioni, facendo perdere a poco a poco la distinzione tra il “bene” e il “male”; la sua lotta è rivolta – com’è ovvio – soprattutto contro la Chiesa Cattolica e la sua Dottrina.

In questo schema, che diverse volte ho riproposto ai “cinque” benevoli lettori dei miei “foglietti”, possiamo inserire tranquillamente la elezione della signora Elly Schlein alla Segreteria del Partito Democratico. Consapevole o no, essa è protagonista autorevole della “IV Rivoluzione”. Parto, infatti, dalla sua dichiarazione solenne – “io amo una donna” – e faccio alcune considerazioni. Libera lei di stare o non stare con una donna e libera di credere di aver pronunciato parole dirompenti e da “prima della classe” schiaffandole in faccia a noi “conservatori” che non le approviamo a causa forse della nostra età avanzata – siamo “vecchi barbogi!” – della nostra indole, l’educazione ricevuta e gli esempi che nella Famiglia ci hanno lasciato nostro Padre e nostra Madre durante la fanciullezza, un tempo lontano, magari più povero ma, crediamo, meno impazzito di quello che oggi siamo costretti a constatare attorno a noi.

Sono, comunque, parole importanti quelle della Segretaria che possono confermare, a esempio, la volgarità che ci è toccato vedere a San Remo qualche settimana prima. Ma se i guitti dell’ “Ariston” potevano essere “cani sciolti”, forse sfuggiti di mano all’occulto “Padrone del mondo”, quindi momentaneamente liberi di dire sciocchezze gratuite e di compiere sconcezze impunite; qui, invece, siamo di fronte ad affermazioni molto più autorevoli che incidono nel profondo la società in quanto pronunciate non da gente ubriacata dalla ribalta di un palcoscenico di teatro dove tutto deve essere beatamente applaudito e osannato, ma dette dalla Segretaria di un Partito che, per quanto oggi confuso e stordito dalle sconfitte elettorali, rappresenta pur sempre una fetta notevole del Popolo Italiano; e poi – non si dimentichi – è l’erede legittimo di quello che fu con Togliatti, Longo e Berlinguer, il più grande Partito Comunista dell’Occidente libero.

Ma per capire, occorre, come sempre, rifarsi alla Storia e riflettere su cosa è accaduto a quel Partito in questi ultimi 50 anni. A partire dal “1968”, data emblematica e rappresentativa di grandi trasformazioni, esso ha subito una metamorfosi lenta, costante e inesorabile. Per farla breve, non è stato più creduto dalla “classe operaia” che man mano gli ha voltato le spalle e ha cercato rifugio e protezione perfino nella Destra: insomma gli è scoppiata tra le mani la “rivoluzione proletaria” tante volte invocata e proclamata. Miracolosamente, poi, senza spargimento di sangue, è imploso anche il Comunismo nella sua “casa madre”, cioè l’Unione Sovietica, e immagine plastica e plateale di questo epocale fallimento è stata la caduta, anch’essa miracolosa e senza sangue, del “Muro di Berlino” (1989) eretto dai comunisti nel 1961 per impedire ai cittadini tedeschi dell’Est di fuggire nella Germania libera occidentale. Tale sconquasso inaspettato e mai visto prima, fece piombare i nostri comunisti italiani nel panico più assoluto perché di colpo videro fallire le speranze e le certezze a cui religiosamente erano stati indotti a credere dai loro capi: io ricordo scene pietose di “fedeli” in lacrime! Il Partito allora abbandonò l’armamentario “comunista” e “operaista” ormai obsoleto, e fece sue le istanze del “piccolo” Partito Radicale: sarà così favorevole al divorzio, quindi all’aborto, alla droga libera, all’eutanasia, al femminismo, all’omosessualismo, al gender imposto nelle scuole fin dalle primarie, all’utero in affitto” o compravendita del corpo di una donna povera, al “genitore uno” e “genitore due”… e, via via, sarà contro tutto ciò che possa avere legami col passato bollato come “reazionario”; insomma, per dirla col grande filosofo Augusto Del Noce, si trovò – già negli ultimi decenni del 1900 – trasformato in “partito radicale di massa”: non avendo più nulla da dire alla “classe operaia” delle “periferie”, non gli è rimasto che afferrarsi a quella “borghese” dei salotti, saccente e acculturata e danarosa magari con casa al mare e in montagna, del “centro” città; qui, difatti, miete voti e incontra e seduce molti ingenui lettori di “Repubblica” che, come bambini non cresciuti, credono ancora vivo il “fascismo”, morto 78 anni fa, e accorrono in piazza con “bandiere e trombette” – vedi Firenze, sabato, 4 marzo 2023 – a fare girotondi e cantare “bellaciao”, nell’intento di esorcizzarne il fantasma. Da ridere se non fosse per i cartelli, stile anni 1970, che queste brave persone ostentano incitando alla violenza: “uccidere un fascista non è reato!”, “viva le corde di Piazzale Loreto!”, “Giorgia Meloni sei la prima della lista!” e perfino “viva le foibe!” che dimostra, fra l’altro, la loro crassa ignoranza della Storia.

Conclusione. Stando così le cose, salvo miracoli improbabili, con la signora Schlein alla Segreteria, il Partito Democratico, sperando di rifarsi delle sconfitte elettorali, correrà con rinnovato entusiasmo verso la conquista di sempre “nuovi diritti”: una caratteristica, infatti, della Rivoluzione è il non fermarsi mai ché, fermandosi, dimostrerebbe il suo fallimento. Quindi non c’è bisogno di almanaccare su quanto e cosa e come farà la nuova giovine Segretaria, ché ciò s’è potuto comprendere benissimo dalle sue prime dichiarazioni rilasciate a caldo: proporrà tutto il possibile contro il Diritto Naturale e i Dieci Comandamenti e i suoi seguaci, applauditori e ormai “borghesi”, lo chiameranno – al solito – “progresso” e “civiltà”; ciò, fra le altre cose, dimostrerà come la trasformazione del grande Partito Comunista degli operai del passato sia divenuta completa nel “partito radicale che vorrebbe essere di massa”. Attenzione, sarà una ulteriore male per la nostra Patria se questa signora potrà sedere in futuro alla Presidenza del Consiglio e prendere il posto di Giorgia Meloni, come sperano i suoi sostenitori.

Domande finali: perché “cattolici” stanno ancora nel Partito Democratico? Costoro – ex democristiani anche di altissimo ruolo – non hanno compreso di essersi “suicidati”? (v. la “profezia” di Gramsci del 1919!). Non si accorgono che la parte politica in cui si sono diluiti ha nei suoi programmi – specie su Vita e Famiglia – principi contrari, per diametrum, alla Dottrina sociale della Chiesa? Perché almeno non “battono un colpo” e alzano la voce per farsi sentire? O il loro “trasbordo ideologico inavvertito” è ormai diventato completo? Mistero!

 

Carmelo Bonvegna