Emigrazione degli italiani, quasi uno su dieci è residente all’estero

L’emigrazione è raccontata quasi unicamente come un fenomeno che ha come punto di approdo l’Italia e come punto di partenza un paese straniero – molto spesso africano, asiatico o sudamericano. Ma qual è l’altra faccia della medaglia, cioè i fenomeni migratori che riguardano gli italiani oggi?

Per il passato, sappiamo che tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento la stima è di più di 5 milioni di italiani emigrati verso l’estero: solo dal 1876 al 1900, 2.628.206 italiani emigrarono verso Francia, Svizzera, Germania e Austria, mentre circa 2.629.705 italiani cercarono fortuna in paesi come gli Stati Uniti, Argentina e Brasile. Anche nel dopoguerra i flussi migratori italiani si diressero verso mete europee – si pensi che già alla fine del 1945 il governo italiano si impegnò nelle trattative con la Francia e il Belgio per siglare accordi bilaterali sul reclutamento di manodopera – e d’oltreoceano, segnando un nuovo periodo di forte emigrazione italiana. Il nostro Paese ha una storia segnata dall’emigrazione, che allora avveniva per ragioni economiche, spinta cioè da miseria, disoccupazione, mancanza di prospettive. Oggi ci troviamo di fronte a un fenomeno differente, marginale rispetto al passato ma che continua a raccontare dinamiche sociali ed economiche della realtà nostro Paese.

Chi sono oggi gli italiani all’estero

Nel 2024 sono iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) più di 6 milioni di italiani (6.134.100), ovvero quasi quasi un italiano su 10 ha residenza all’estero, o almeno è iscritto all’AIRE, escludendo di fatto tutti quei casi in cui si vive all’estero ma senza iscrizione all’anagrafe specifica. I dati diffusi dall’Istat e risalenti al 2022 indicano, d’altro canto, che su 5.940.000 italiani residenti all’estero, solo il 31,6% è nato in Italia, e questi sono più numerosi in Europa che in America. Questa è la sintesi storica delle migrazioni del passato, laddove si è mantenuta la cittadinanza di origine dei genitori o si è acquisita per discendenza (iure sanguinis) da un progenitore italiano. Nel 2022, sempre secondo l’Istat, è Londra la città dove risiedono più connazionali (circa 375 mila); seguono la città argentina di Buenos Aires (322 mila) e la brasiliana Sao Paulo (239 mila). In sintesi, più della metà dei cittadini italiani residenti all’estero vive in Europa (3 milioni e 246mila) mentre più di 2 milioni e 384mila vive nelle Americhe, con i due continenti che raccolgono il 95% degli italiani residenti all’estero. Il saldo tra rimpatri ed espatri verso e dall’Italia vede gli espatri superiori di 25mila unità rispetto ai rimpatri. Si evidenzia, inoltre, il dato che rimpatriano mediamente persone meno giovani e meno istruite: espatriano soprattutto gli italiani con età compresa tra i 20 e i 39 anni, mentre rimpatriano soprattutto gli over 40 e over 65, tra i quali solo il 22,8% risulta laureato e quasi la metà (47,7%) ha un titolo di studio inferiore al diploma.

Emigrazione oggi: il 23,2% ha tra i 35 e i 49 anni, il 21,7% tra i 18 e i 34 anni 

Il Rapporto Italiani nel mondo 2024, della fondazione Migrantes (Cei), pone anch’essa l’accento sulla componente demografica degli italiani all’estero: secondo i dati forniti nel rapporto, il 23,2% di chi risiede all’estero ha tra i 35 e i 49 anni, il 21,7% ha 18-34 anni e il 19,5% ha tra i 50 e i 64 anni. Il 14,6% di chi è all’estero è minorenne, mentre gli anziani sono il 21%. Prima della pandemia avvenivano circa 130mila espatri l’anno, mentre nel 2023 sono espatriati 89.462 italiani, valore in ripresa ma inferiore ai livelli pre-pandemici. Nel 2023, il 45,5% del totale iscritti all’AIRE ha tra i 18 e i 34 anni e un 23,3% tra i 35 e i 49 anni, evidenziando una esigenza migratoria legata alle opportunità lavorative in quanto si  tratta di una fascia di popolazione attiva. L’11,1% di chi emigra ha tra i 50 e i 64 annitestimoni di una popolazione forse respinta dal sistema lavorativo italiano per motivi di età, mentre il 5,5% ha più di 65 anni (5 mila circa) e può rappresentare una quota di italiani che decide di vivere in luoghi dove il potere d’acquisto delle pensioni è più favorevole che in Italia.

Espatriano soprattutto gli italiani con età compresa tra i 20 e i 39 anni, mentre rimpatriano soprattutto gli over 40 e over 65

Il Rapporto Italiani nel mondo 2024 evidenzia anche i dati sull’emigrazione interna italiana, un fenomeno di cui si parla spesso ma per il quale si fa molto poco, e che si collega ai fenomeni di spopolamento e depauperamento di aree interne o depresse , che vengono private ancor di più di popolazione e forza lavoro. Dai dati del citato rapporto, su 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, i tre quarti riguardano movimenti tra Comuni italiani: sei su dieci avvengono all’interno della stessa provincia, uno su dieci all’interno della stessa regione e tre su dieci uno spostamento verso un’altra regione. Tra questi ultimi, oltre un terzo coinvolge i movimenti che dal Mezzogiorno si dirigono verso il Centro-Nord e riguardano soprattutto i giovani, ovvero i principali attori del mercato del lavoro. Tra il 2013 e il 2022, il Nord e il Centro hanno raccolto rispettivamente oltre 125 mila e oltre 13 mila giovani risorse umane provenienti dal Mezzogiorno. Nello stesso tempo, la perdita complessiva di giovani laureati nella classe di età 25-34 anni a favore dell’estero ammonta nel Nord a circa 43 mila unità, nel Centro è di circa 14 mila unità, segnando quindi un saldo positivo per il Nord di circa 82mila unità tra uscite ed entrate. Le uscite dal Mezzogiorno verso l’estero e verso le altre regioni d’Italia, invece, determinano una perdita complessiva di circa 168 mila giovani residenti laureati, che non viene compensata da movimenti in entrata.

Emigrazione interna, il 46% dei neolaureati del Sud è costretto a trasferirsi per lavoro

Un altro dato in merito lo fornisce Almalaurea, nel Rapporto sulla Mobilità Territoriale (2023): la percentuale di laureati di primo livello che a 5 anni dalla laurea si sono trasferiti per lavoro è del 46% al Sud Italia e del 6% al Nord. Un distacco di 40 punti percentuali che descrive la ricchezza, in termini di risorse umane, che il Sud perde ogni anno per mancanza di opportunità lavorative per i propri giovani. L’emigrazione dal Sud verso il Nord è un fenomeno che minaccia la tenuta economica e sociale di una parte del Paese, e che andrebbe attenzionato e affrontato forse ancor più di altri tipi di emigrazione. La coesione territoriale in questa prospettiva appare non solo un problema legato alle infrastrutture e ai collegamenti effettivi tra varie aree del Paese, ma in senso più ampio una necessità di non abbandonare al proprio destino luoghi che già rischiano lo spopolamento.

 

Roberta Rega – www.leurispes.it