Una campagna elettorale “diesel” a lentissima accensione e un’agenda politica priva di grandi argomenti attorno ai quali dibattere; su tutti, un illustre assente: l’Europa, appunto. Dei temi marcatamente europei si è parlato poco o per nulla, nelle settimane precedenti al voto che, all’indomani del 26 maggio, ci consegnerà il rinnovo del Parlamento europeo.
È quanto emerge dall’analisi realizzata, in modo congiunto, dall’Osservatorio Tg dell’Eurispes e dall’Osservatorio Mediamonitor Politica del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma. La ricerca ha monitorato i temi di apertura dei Tg di primetime e l’informazione dei maggiori talk show, di approfondimento politico e di infotainment.
Le prime due settimane di campagna elettorale (29 aprile-12 maggio) sono state dominate dal “caso Siri” e da alcuni episodi di cronaca nera – la sparatoria di Napoli e il ferimento della piccola Noemi, i misfatti della baby gang di Manduria e il caso di violenza ai danni di una donna di 36 anni a Viterbo.
In particolare, il “caso Siri” è stato oggetto del contendere tra le due maggiori forze politiche. Uno scontro che idealmente si salda all’onnipresente tema “scontro Lega-M5S” e costituisce, almeno nell’agenda dei talk, il primo tema della puntata per quasi la metà delle occorrenze.
Per quanto riguarda la cronaca, il ferimento di Noemi – dopo un primo tentativo, da parte della politica, di trasformarlo in un tema da campagna elettorale – nel giro di qualche giorno ha perso peso ed è rientrato negli “altri casi di cronaca nera”, superato in numero di aperture dalla violenza sessuale perpetrata da due esponenti di CasaPound nei confronti di una donna di 36 anni a Viterbo; dal brutale omicidio di un pensionato da parte di una baby gang a Manduria; dalle declinazioni, in termini di accoglienza o respingimento, della vicenda della casa popolare di Casal Bruciato assegnata a una famiglia rom.
I risultati relativi alla terza settimana di campagna (13-19 maggio) offrono qualche speranza in più circa la qualità dell’informazione politica in televisione. La necessità di riempire il vuoto della polemica sul Sottosegretario leghista ai Trasporti, Armando Siri, consente, tanto nei Tg quanto nei talk, di gettare il seme di una discussione che diviene sempre più importante in termini di presenza nei titoli e nelle aperture delle trasmissioni di approfondimento: l’economia. Questo tema si declina, in particolare, nel dibattito sull’aumento dell’Iva e la copertura delle manovre economiche, come “quota 100” e “reddito di cittadinanza”.
Lo scandalo della “nuova Tangentopoli” ha orientato per diversi giorni l’agenda mediatica, e c’è stato il rischio che il “passo” della campagna elettorale venisse dettato dalle vicende giudiziarie che hanno interessato diverse Amministrazioni regionali e comunali. Ma il pericolo è stato, nei fatti, scongiurato. Il tema “corruzione”, che pure ha conservato una discreta importanza nelle aperture dei telegiornali, non si è tradotto in alcuna riflessione compiuta, ed ha finito con l’occupare un numero di coperture analoghe a quelle dedicate ai capricci del meteo di questo maggio atipico. La mancanza di una qualunque resipiscenza, da parte della politica quanto dell’informazione, la si avverte soprattutto nel talk, dove la riflessione sulla corruzione ha registrato presenze così basse da poter essere aggregata al macro-tema “politica interna”, insieme alle questioni relative a sicurezza e immigrazione; tematiche imperanti in altre stagioni, ma che nell’agenda televisiva di queste europee hanno chiaramente perso di centralità.
Pur in assenza di concreti riferimenti alle politiche europee o ai vincoli di cui l’economia nostrana dovrebbe tenere conto, la presenza significativa nel dibattito mediatico, di quelle che in letteratura sono policy issues ‒ questioni che riguardano direttamente l’applicazione delle politiche di Governo e gli effetti che queste possono avere in riferimento alla vita quotidiana dei cittadini – resta comunque un segno di buona salute dell’informazione televisiva. Si discute e si dibatte, ma l’agenda europea non si impone, se non attraverso le parole degli stessi leader che la evocano.
La posta in gioco: la strategia della personalizzazione
Resta sul tavolo un dato sensibile, riconducibile alla copertura mediale della figura di Matteo Salvini. Il Vicepremier non compare solo in riferimento al tema, ormai caratterizzante di questa tornata elettorale, dello scontro tra i due partiti di Governo su questioni politiche come di policy. Ma si declina in termini personalistici, sia nei Tg sia nei talk, in riferimento al rapporto tra la Lega e i sovranisti europei; legame di cui il Vicepremier è senza dubbio il driver, se non altro a livello simbolico. A questo si aggiunge, nei salotti televisivi, il cicaleccio bipartisan a commento del sedicente “movimento dei balconi”, e dell’ironia, soprattutto social, che ha accompagnato la diffusione di alcuni brani del libro-intervista a Salvini.
Il passaggio da una campagna giocata sulla lite di Governo a una campagna giocata sulla personalizzazione ‒ che sembra concretizzarsi in questi giorni nelle diverse strategie di “contro campagna” dal basso, giocate in occasione delle ultime tappe del tour elettorale di Salvini ‒ non avviene però senza conseguenze. In passato, porre la propria persona politica quale “posta in gioco” della campagna elettorale (il riferimento è alla ricerca condotta da Paolo Mancini sulle Politiche del 2006) ha portato buoni frutti. Nell’Italia che ha sostituito l’orientamento populista a quello antipolitico, quali effetti sortirà questa strategia ormai antica?