L’ultimo libro inchiesta di Mario Giordano lo dedica a sua moglie Paola che lo sopporta e supporta da tanti anni per il suo intenso e difficile lavoro di giornalista.
Dedicare un libro dura in eterno, sostiene Giordano. L’ultimo libro appena uscito è «Avvoltoi», con un sottotitolo abbastanza lungo e impegnativo: «L’Italia muore, loro si arricchiscono. Acqua, rifiuti, trasporti. Un disastro che ci svuota le tasche. Ecco chi ci guadagna». Sono vent’anni che Giordano scrive libri inchiesta sui difetti della nostra politica, denunciando gli sprechi del Palazzo, i costi esagerati, le spese folli delle Regioni, le auto blu, lo scandalo dei vitalizi, la moltiplicazione dei privilegi.
Nell’introduzione Giordano tenta di giustificare il suo ventennale impegno giornalistico di denuncia sul mal funzionamento del Paese.
Le domande da porsi potrebbero essere tante: «Chi te lo fa fare? Anche stavolta hai deciso di farti qualche nemico». Infatti lo stesso Giordano si rende conto dei rischi che corre, forse sarebbe meglio scrivere un romanzo d’amore, anzi meglio se erotico, «sono sicuro che venderebbe molto più di un saggio d’inchiesta. In ogni caso mi provocherebbe meno guai». Anche per me potrebbe risuonare la stessa frase di Giordano: chi me lo fa fare di scrivere su certi temi. Con tutti i problemi che ho. Tuttavia meglio avere giornalisti coraggiosi come Giordano che ci racconta così bene il «Male italiano», parafrasando il titolo di un libro del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone.
Certamente si potrebbe far finta di non vedere. Anzi sarebbe più comodo averli come amici gli avvoltoi. E invece no, anche in questo libro, Giordano come nel precedente «Vampiri», il giornalista di Mediaset (a proposito per quanto tempo ancora?) come in tutti gli altri, non avendo girato la testa dall’altra parte, sicuramente avrà dei problemi, qualche guaio.«E’ inevitabile. Gli avvoltoi sono elencati con nomi e cognomi, come è abitudine della casa. Qui non si spara nel mucchio. Non si fanno discorsi generici. Tutt’altro che qualunquismo. Si raccontano casi e storie, fatti concreti. E’ inevitabile che qualcuno se ne abbia a male».
Infatti Giordano rivela di ricevere per i suoi libri inchiesta diverse querele. Ogni mattina a casa si aspetta il messo comunale con qualche querela.
Avvoltoi è il 15° libro pubblicato da Mondadori. «Ho sempre pensato – scrive nella introduzione- che i problemi del nostro Paese fossero in una classe dirigente che non è stata all’altezza della sfida dei tempi[…]in questi ultimi tempi è successo qualcosa di nuovo: proprio per colpa di quella politica malata, lo Stato si è pericolosamente avvicinato al trapasso. Vacilla, barcolla, esala gli ultimi respiri. E attorno a questo corpaccione malato, ormai a un passo di diventare cadavere, si sono levati in volo gli Avvoltoi, che non vedono l’ora di divorarselo tutto».
Chi sono questi avvoltoi che si stanno divorando i resti dell’Italia? Giordano nei 4 capitoli, li raggruppa tutti insieme: nel 1° si occupa degli avvoltoi dei trasporti. Nel 2° degli avvoltoi dei rifiuti. Il 3° quelli dell’acqua, infine nel 4°, quelli dei caselli, delle autostrade.
L’intento del libro è che venga letto, che se ne parli il più possibile, per il giornalista, non c’è altra via per tentare di cambiare le cose: «smascherarle. Divulgarle. Farle sapere a tutti. Perché sono convinto che gli Avvoltoi di tutti i luoghi e di tutte le epoche abbiano un unico grande alleato: la nostra ignoranza».
Ci sono due punti fermi nel libro: il male è diffuso e comune a tutte le aree nazionali, da quelle meridionali a quelle settentrionali. Dalla Sicilia alla Campania, alla Sardegna, ma anche nelle efficienti, indiscutibili ed operosi territori dell’Italia settentrionale. Il secondo aspetto che appare evidente, nello scorrere delle pagine, dalle Alpi al Mediterraneo la degenerazione morale, è penetrata in tutti i partiti sul palcoscenico, soprattutto nel sottobosco incontrollato delle Regioni e dei Comuni.
«Si sono buttati sopra il treno e anche sull’autobus», scrive Giordano. Nel senso che da veri Avvoltoi, manager, imprenditori, dirigenti, direttori si sono buttati sulle carcasse del trasporto pubblico. Così da Nord a Sud, un po’ dappertutto, su e giù per l’Italia, hanno depredato tutto quello che c’era nelle ferrovie, nei trasporti comunali. Ovunque spuntano «vagoni d’oro, bus fantasma, treni comprati a caro prezzo e fermi da anni, soldi buttati, soldi intascati, tangenti, operazioni illegali, strane compravendite, manager arricchiti, denari distribuiti a pioggia e utilizzati per tutto, tranne che per migliorare il servizio».
Le tariffe dei treni, degli autobus, dei tram continuano ad aumentare, i costi pure (paghiamo oltre 6000 euro al minuto per il trasporto pubblico). Ma tutti questi quattrini non servono a far funzionare come si deve i treni, tram e autobus. Leggendo il libro di Giordano scoprirete dove finiscono i soldi. Non starò qui a raccontare o a segnalare tutti gli episodi, ne scelgo qualcuno, come quello dello «scandalo degli autobus di seconda mano (200 all’anno)». In pratica in Italia c’è l’abitudine di comprare gli scarti delle altre nazioni. Quando la Germania, la Polonia, la Francia, la Svizzera, «decidono di buttare via i loro mezzi pubblici perché sono troppo vecchi e insicuri per girare sulle strade, noi li compriamo e li mettiamo in circolazione con orgoglio. La loro spazzatura è il nostro investimento, i loro scarti sono il nostro futuro. Allegria».
Chiediamoci, quale futuro può avere un paese che investe su autobus usati? Che futuro può avere un Paese che ricicla come novità gli scarti d’Europa? Nelle pagine del libro Giordano con metodo certosino racconta fatti ben documentati che appartengono alle nostre amministrazioni comunali. Autobus vecchi di 12 anni, comprati come nuovi. Qualche amministrazione li compra addirittura di terza mano, per carità di patria non scrivo quale. Poi uno si stupisce se gli autobus finiscono in una scarpata.
Giordano rivela che esiste in Italia, un’azienda specializzata che acquista bus usati e poi li rivende soprattutto agli enti comunali, si può consultare in internet, nulla di nascosto. Vendono trecento autobus usati all’anno, il 70, 80%, alle amministrazioni pubbliche.
Il testo pubblica numerosi dati, come quello del tempo trascorso sui mezzi pubblici dagli utenti europei, in Italia per spostarsi in media ci vuole il doppio dei Paesi europei. In tutto il nostro paese ci sono meno metropolitane che nella sola Madrid, la metà di quelle che ci sono a Londra. Il ritardo è spaventoso, «se il nostro sistema si adeguasse agli standard europei, guadagneremmo di botto, oltre a un fegato sano, anche 12 miliardi di euro». Immaginate quante cose si potrebbero fare anziché stare bloccati nel traffico. Basti pensare a quello che devono subire i cittadini romani, a causa dei mezzi pubblici dell’Atac, «non c’è bisogno della sfera magica, per sapere che i mezzi pubblici romani sono più vecchi e più inefficienti d’Europa». Giordano racconta cose turche. Su l’Atac, Raffaele Cantone, è lapidario: il 90 per cento dei contratti siglati dall’Atac negli ultimi cinque anni risulta irregolare.
Ma non c’è solo Roma, il disastro torinese della Gtt non ha nulla da invidiare a quello romano.
Per quanto riguarda l’inadeguatezza del servizio ferroviario, il libro si sofferma sulla Puglia, addirittura con 2 paragrafi. Ci sono nomi e cognomi dei vari Paperon dei Paperoni che nonostante lo squallore dei servizi mungono a man bassa le casse dello Stato. Giordano dà conto di contratti, di consulenze, veramente aberranti e ci si chiede come mai ancora succedono tutte queste cose nonostante il serio lavoro del presidente dell’anticorruzione Cantone. Lavoro e impegno che l’ex pm napoletano ha raccontato in un libro nel 2015, insieme al giornalista Gianluca Di Feo, «Il Male italiano», Rizzoli (2015), libro che ho presentato l’anno scorso. Ci sono regioni come la Puglia e la Basilicata che ricevono fondi europei per lo sviluppo regionale, ben 123 milioni, tra il 2006 e il 2016 e altri 46 milioni per la Bari-Matera, ma non si sa dove sono finiti. Per percorrere i 74 chilometri che separano le due città ci vogliono 1 ora e 39 minuti. Matera nel 2019 sarà la capitale europea della cultura, ed è l’unico capoluogo di provincia italiano che non ha un collegamento ferroviario, c’è la stazione, ma non arrivano i treni.
Non potevano mancare i riferimenti al trasporto siciliano. Descrivere il trasporto ferroviario in Sicilia è come sparare sulla Croce rossa. Giordano fa l’esempio degradante del viaggio “biblico” che bisogna affrontare da Trapani per raggiungere la città dei Templi, Agrigento, 11 ore e 58 minuti. Il candidato premier della Lega Matteo Salvini per comprendere il disagio dei pendolari siciliani, ha voluto percorrere persoalmente per intero il tragitto pubblicandolo sui social.
Ma il libro tratta anche delle Ferrovie Nord di Milano. Anche qui c’è molto da scrivere, basti pensare al recente e tragico incidente di Pioltello, alle porte di Milano.
Nel 2° capitolo, quello dei rifiuti. Scopro che non puzza solo il Sud, come ha ben scritto Pino Aprile in un suo fortunato pamphlet, ma anche il Nord puzza. «Il business della spazzatura non è più Cosa loro – scrive Giordano – Ormai dilaga. Al Nord, al Centro, al Sud, prende molte strade, s’intrufola nei nostri condomini, ci prosciuga le tasche, ci rovina i terreni sotto casa, s’è messo la grisaglia della finanza, il vestito buono dell’imprenditore, soffia dentro le società quotate in Borsa». Trafficare con i rifiuti ormai rende molto più che trafficare in cocaina o in immigrati. «L’immigrazione prima o poi, si fermerà. La monnezza si produce sempre». Anche qui il libro di Giordano fa un giro per tutta l’Italia, per scoprire cose raccapriccianti. Il magna magna, la “mucaria”, la “pila”, i soldi, quanto costa per comprarsi i sindaci, per vincere gli appalti, per fare la bella vita. Del resto, scrive Giordano «in Italia, chi trova l’immondizia trova un tesoro». Troviamo manager, direttori, politici, che nel gestire i loro affari personali, di famiglia sono asburgici, quando devono però gestire quelli pubblici, l’atteggiamento cambia.
In questo capitolo fanno una certa impressione i numerosi roghi sospetti accesi in Lombardia e Veneto. E’ esagerato parlare di una nuova «terra dei fuochi» al Nord? Perché nessuno si allarma? «Perché le autorità costituite controllano attentamente gli asini dell’allevatore e non altrettanto gli asini che fanno viaggiare l’immondizia?». E’ una frase ironica che Giordano utilizza dopo l’inchiesta di «Bresciaoggi», sulle fiamme a un impianto dei rifiuti nella città lombarda.
Sembra che in Lombardia da qualche tempo, gli incendi seguiti da nubi tossiche, si susseguono a ritmi impressionanti. Giordano riporta casi clamorosi, come quello in provincia di Pavia, dove i cittadini sono stati costretti a rimanere chiusi in casa. Comunque non è un mistero, ne parlano i giornali, si parla di strani incendi nel settore dei rifiuti, venti casi in due anni. «A bruciare sono sempre centri per la raccolta, lo smistamento e il trattamento della differenziata, che in Veneto è a livelli record, ‘siamo di fronte alla mafia senza mafiosi’ sostengono gli investigatori».
Giordano lamenta il silenzio su questi incendi. «Eppure il ripetersi ossessivo di episodi del genere, a breve distanza di tempo e a breve distanza di chilometri, dovrebbe suscitare almeno qualche domanda».
Sembra che la Commissione d’inchiesta parlamentare abbia contato 260 roghi dolosi a impianti di rifiuti in tre anni, il 40 per cento al Nord.
Peraltro secondo Giordano «la rotta dei rifiuti si è invertita. Non è più da Nord a Sud, dalle industrie settentrionali alla terra dei Fuochi, dal produttivo lombardo-veneto alle discariche del Mezzogiorno. La nuova rotta è, all’opposto, dalle terre dell’emergenza (che sono al Sud) a quelle dove ci sono più imprenditori, commercianti, faccendieri, mediatori, businessman e uomini d’affari (cioè al Nord)». Praticamente per Giordano questa è gente che sa come fare quattrini. «Perciò accendono i roghi. Bruciano i rifiuti. Per non toccarli e guadagnare di più». Come li prendi, così li consegni. In pratica si finge di fare la lavorazione. «Il rifiuto meno lo tocchi, più si guadagna». E se la gente si avvelena? Peggio per la gente, e se i terreni si avvelenano? Peggio per i terreni.
Il 3° capitolo si occupa degli Avvoltoi dell’acqua. Vogliono farci credere che i rubinetti restano a secco perché c’è il cambiamento climatico o perché ci siamo fatti troppe docce o abbiamo innaffiato gli orti. «Mentre il clima prosciuga i fiumi, loro prosciugano le nostre tasche». Sono sempre gli stessi che si gonfiano di stipendi d’oro, poltrone, appalti, consulenze e tanti quattrini. In questo capitolo si comincia dalla Sicilia. Ma anche qui la grande sete non è dovuta per il clima siciliano. Se a Canicattì, in certi quartieri, l’acqua arriva ogni 15 giorni, un paio d’ore al massimo, nei quartieri più fortunati, arriva ogni tre o quattro giorni. Ormai nessuno si scandalizza più. L’acqua non esce, ma le bollette si. Negli acquedotti ci sono perdite giganti che aspettano da anni per essere riparate. Almeno il 50 per cento dell’acqua immessa va dispersa. Sindaci e assessori non smettono di denunciarlo.
Anche per il business dell’acqua, Giordano elenca una serie di nomi eccellenti, li trovate nel libro. Il costo dell’acqua in Italia, negli ultimi anni è aumentato dell’89 per cento, più dei trasporti, più dei rifiuti, più del gas, più della luce. I soldi delle bollette che finiscono spesso a gestori privati, non ha migliorato per niente il servizio. Il servizio «fa acqua da tutte le parti».
A Napoli, va disperso il 35,7 per cento di quello che passa nei tubi, a Roma il 44,1 per cento, a Palermo il 54,6 per cento. A Potenza addirittura il 68,8 per cento. E’ veramente significativo lo sfottò sui web a proposito di Roma senz’acqua: «non c’erano riusciti nemmeno i barbari…». Tuttavia la questione tocca anche territori che dovrebbero essere virtuosi, nella verde Toscana, il cuore dell’Italia, si pagano le tariffe delle bollette più alte d’Italia. La domanda è sempre la stessa dove diavolo finiscono tutti questi soldi, che le Regioni incassano?
Infine l’ultimo capitolo, quello dei caselli, delle autostrade. I dati sono sotto gli occhi di tutti, qui non c’è bisogno di ricorrere a fonti segrete o a documenti inediti per scoprire chi si arricchisce. «I signori del casello», «sono ricchi, potenti, gestiscono tanti soldi, fanno assunzioni, distribuiscono appalti, pagano pubblicità e controllano la rete di autogrill, dove si può decidere la fortuna di un prodotto, forse anche di un libro». E’ tutto da leggere il capitolo, i nomi, i dati,le tabelle di quanto si incassa nelle autostrade. E a proposito dell’autostrada dell’A22, che passa per il Trentino-Alto Adige. Perché i cittadini devono pagare una tassa ai potenti locali? Che cos’è ? Un nuovo Medioevo autostradale ? Il neofeudalesimo del pedaggio? O,più semplicemente uno scambio politico?”.
Giordano attribuisce l’osservazione al senatore Malan ma è vecchia e decrepita, ora con Renzi e la Boschi ma in precedenza con i democristiani, con cui il partito locale era fratello di fede.
Domenico Bonvegna