I Pm e Giudici Onorari scrivono al Ministro della Giustizia dopo la “debacle” elettorale

Al Ministro della Giustizi Alfonso Bonafede

Signor Ministro,

non è mia intenzione intervenire sui risultati delle recenti elezioni, dai quali prendo solo spunto per sottoporle una riflessione sulle ragioni della parabola discendente intrapresa dalla sua formazione politica.

Il cambiamento annunciato nel così detto contratto di Governo prevedeva una forte discontinuità dal passato e dalle lobby che avevano eterodiretto le finte riforme di precedenti stagioni.

Lei ha invece esordito celebrando i meriti di chi aveva guidato prima di lei il Suo dicastero, lasciando  al proprio posto gran parte della tecnostruttura autrice di iniziative totalmente disfunzionali all’interesse del Paese, come confermato dalle elaborazioni OCSE sulla giurisdizione italiana.

In questo anno abbiamo avuto la riprova di quanto coloro che in precedenza avevano portato la “nave” giustizia sugli scogli fossero inidonei a realizzarne il “disincagliamento”.

Questo Paese, i suoi operatori, tra cui noi Magistrati Onorari, i cittadini utenti di questa denegata giustizia, tra cui le persone offese da reati, i creditori e le imprese, gli innocenti veri e presunti in attesa di giudizio, restano in surreale attesa di una svolta verso una normalità che rimane chimerica per la giustizia italiana.

Il deludente epilogo elettorale di un movimento che aveva ricevuto entusiastica fiducia, trova spiegazione anche in questo conservatorismo temporeggiatore, che ha impedito, al netto delle erogazioni indifferenziate, l’attuazione di una discontinuità culturale, politica e gestionale di cui pure Lei ed altri leader della sua formazione si erano dichiarati convintamente fautori.

Emblematico è il caso della magistratura onoraria che, da possibile chiave di volta della nostra malandata giustizia ordinaria, è stata maltrattata, quasi il suo apporto al rilancio della macchina giudiziaria fosse un trascurabile dettaglio e le sue costruttive proposte avessero valenza di semplici rivendicazioni sindacali.

Se modesti riconoscimenti morali ci sono stati concessi, si è ben pensato di intervallarli con disposizioni addirittura peggiorative del trattamento economico e giuridico disegnato dalla legge Orlando, coronando tale surreale operazione demolitoria con propagandistiche affermazioni di una sua rispondenza agli interessi collettivi dei destinatari finali.

Ho tentato in ogni modo, limitatamente alla vertenza di cui mi occupo, di avvisarla dei pericoli insiti in tale persistente deriva metodologica e politica, ricevendo risposte del tutto effimere, inutilmente temporeggiatrici, e prontamente smentite da uno sbalorditivo prodotto finale, inopinatamente avallato in un frettoloso Consiglio dei Ministri in cui è stato addirittura carpito il consenso, forse incauto, dei Ministri in quota alla Lega, ossia alla formazione che aveva negoziato e preteso l’inserimento di questo tema nel cosi’ detto accordo giallo-verde.

Lei ha addirittura avallato la cassazione di proposte emerse nel tavolo tecnico da Lei istituito, che non avrebbero comportato alcun aggravio di spesa, benché poi finanziare un minimo le riforme sia sempre regola aurea affinché qualcosa cambi davvero.

Il Suo Movimento politico, in definitiva, ha fornito, senza dubbio meritoriamente, un reddito di cittadinanza a tanti italiani, inclusi quei pregiudicati formalmente nulla tenenti che affollano le nostre aule giudiziarie, i quali oggi non possono più giustificare con la propria dichiarata condizione di indigenza rapine, estorsioni, furti e ricettazioni; però Lei non è stato al contempo in grado di reperire neppure uno dei 100 milioni di euro necessari per finanziare l’utilizzo full-time e l’efficientamento di quella magistratura onoraria che tali crimini deve accertare e perseguire.

Quanto agli enormi benefici finanziari e macroeconomici che possono scaturire, con un modico investimento, dalle riforme che le erano state proposte, essi non sono stati neppure considerati.

La proposta legislativa che Lei ha invece ritenuto di fare propria è sostanzialmente sintetizzata nella iniziativa politica di differire dopo la ottava ora lavorativa il pagamento della indennità giudiziaria che il Ministro Orlando ci aveva continuato a riconoscere dopo la quinta ora lavorativa.

Ometto in questa occasione di enunciare tutte le numerose aberrazioni della proposta governativa, già evidenziate ai suoi collaboratori. Le chiedo però anche di cambiare passo e metodo di lavoro, mostrando alla nostra componente giudiziaria maggiore rispetto e fornendo indicazioni politiche conseguenti alle strutture ministeriali cui sovrintende, così da recuperare i contenuti del disegno di legge da ultimo prodotto nel tavolo tecnico ministeriale, conformemente alle linee guida concordate con Anm, Angdp, Federmot, Unagipa.

 

Distinti saluti,

 

Raimondo Orrù