Ikigai, una filosofia di vita che è anche un formidabile metodo pedagogico

di Roberto Malini

Quando ascolto i giovani di oggi parlare della scuola, è evidente che molti di loro vivono un rapporto conflittuale con il sistema educativo. Le sensazioni di inadeguatezza, frustrazione e, a volte, depressione sembrano prevalere. Gli studenti si sentono costantemente sotto giudizio, e l’obbedienza è spesso valutata più dell’apprendimento stesso. Questo sistema, dove la puntualità e la ripetizione mnemonica prendono il posto del pensiero libero e creativo, soffoca lo spirito curioso e intuitivo dei ragazzi.

Come scrive il filosofo e pedagogo Jean-Jacques Rousseau, nell’Emilio, l’adolescente si nutre di conoscenza attraverso le sue passioni, e l’educatore dovrebbe avere il compito di assecondare queste inclinazioni piuttosto che imporre modelli rigidi. Rousseau credeva che la libertà di pensiero e lo sviluppo morale fossero la chiave per formare individui completi e questa prospettiva è più rilevante che mai. Le sue idee richiamano ciò che i giapponesi chiamano Ikigai, un concetto che si riferisce alla scoperta di ciò che dà senso alla vita di una persona.

In un contesto scolastico tradizionale, molti giovani si sentono oppressi da un sistema che sembra ignorare le loro passioni e talenti unici. Tuttavia, incoraggiare i ragazzi a creare una “seconda scuola”, parallela a quella istituzionale, può offrire loro uno spazio di espressione personale. La chiave è la curiosità unita all’autonomia della persona giovane. Domandare a un giovane: “Cosa ami fare?” “In cosa ti senti bravo?” lo spinge a riflettere su sé stesso e sulle sue potenzialità. Gli interessi personali come l’arte, lo sport, o la tecnologia diventano strumenti di apprendimento autonomo, creando un percorso contemporaneo e non alternativo, che alimenta autostima e benessere.

Il legame tra Ikigai ed educazione diviene possibile proprio in tale frangente. Come sottolineano Héctor García e Francesc Miralles – autori di Ikigai: Il metodo giapponese. Trovare il senso della vita per essere felici – l’Ikigai si basa su quattro domande fondamentali: “Cosa ami?”, “In cosa sei bravo?”, “Come puoi essere utile agli altri?”, e “Cosa può darti soddisfazione?” Questo approccio può essere trasferito al mondo educativo, offrendo agli studenti la possibilità di trovare ciò che li motiva veramente.

Ad esempio, un ragazzo che ama l’arte secondo un interesse personale potrebbe sentirsi alienato dalle materie scolastiche tradizionali, ma se gli viene dato lo spazio per coltivare la sua passione, potrà portare quel senso di realizzazione anche nelle altre attività. Ecco perché può essere utile consigliargli di acquistare libri secondo il proprio intuito, visitare musei e mostre in galleria, dove spesso avrà la possibilità di confrontarsi con l’artista che espone. Quando un giovane capisce il suo Ikigai, diventa più motivato e trova scopo anche in compiti che prima sembravano gravosi.

Il pedagogista italiano Mario Lodi, in Il Paese sbagliato, evidenzia l’importanza di lasciare che i bambini e i ragazzi esplorino liberamente il mondo circostante, affinché possano sviluppare pensiero critico e autonomia. Questa idea è vicina al concetto di una “scuola parallela”, in cui i ragazzi non imparano solo per obbedire o per ottenere buoni voti, ma per la gioia della scoperta e della crescita personale.

Questi pochi paragrafi rappresentano solo una sintesi di quanto il metodo Ikigai possa offrire in campo pedagogico. Per conciliare questo approccio con i voti e i risultati scolastici, è fondamentale che i giovani acquisiscano consapevolezza delle loro passioni e condividano le nuove esperienze con i loro docenti. Il coinvolgimento attivo nelle loro passioni, anche al di fuori della scuola, non solo aumenta l’autostima dei giovanissimi, ma li rende più preparati ad affrontare compiti scolastici con una mente aperta e motivata. Come scriveva Rousseau: “L’educazione non deve insegnare cosa pensare, ma come pensare.”

Promuovere l’Ikigai nell’educazione non significa dunque ribellarsi al sistema, ma piuttosto integrarlo con un nuovo approccio che dia ai giovani lo spazio per crescere sviluppando le proprie inclinazioni culturali.