#23_maggio: i misteri torbidi della storia criminale italiana permangono nella nebulosa foschia che tutto inghiotte, mantenendo tutto nell’indistinto e soverchiante clima del sospetto capillare.
Sicché, fino a quando non si chiarisce il tutto con protagonisti e moventi, mandanti ed esecutori, fin’allora la discussione pubblica rimane astratta e opinabile, ovverosia priva di sostanza plausibile e di riconoscimenti di ‘merito’ sulle responsabilità.
A questa lunga sceneggiatura arriva oggi e si aggiunge l’ennesima dichiarazione sull’argomento dell’ex magistrato/politico Giuseppe Ayala, che ritiene, solo oggi e senza dettagliare e circostanziare, che la strage di Capaci non poteva essere concepita ed eseguita solo dalla mafia.
È l’ennesima puntata di una storia infinita, fatta di presunzioni e rappresentazioni fuori tempo, che si elaborano quando i soggetti che hanno ricoperto ruoli istituzionali, finita la carriera e cessato l’esercizio delle funzioni, si ritrovano custodi di verità nascoste e si peritano di elaborare tesi subdole e colpevoliste, provando ad accusare pezzi dello Stato, che si mostrano pronti a tradire i coraggiosi eroi con la fine peggiore e tramando alle spalle dei quali si ordivano lotte intestine e clandestine, strategie criminali, all’insegna di una logica che piegava e piegherebbe le istituzioni a interessi partigiani che poco hanno a che vedere con la generalità degli interessi e dei valori dello Stato, che dovrebbe detenere la forza e garantire protezioni e mettere in sicurezza le comunità, anziché renderle ostaggio di questo mai finito romanzo criminale. Credo che tutto questo risponda a giochi pericolosi di quanti vogliano divenire protagonisti per un giorno, ove i retroscena servono solo a rendere originale, seppur noioso, un canovaccio che serve a perpetuare la debolezza dello Stato che relativizza, senza essere depositario di volontà e interessi superiori.
Qui manca ciò che dovrebbe affermarsi come una cultura istituzionale che dovrebbe aiutare la coesione comunitaria attorno ad una piattaforma di valori inossidabili e costituzionali, per i quali bisognerebbe fissare una condivisione come metodo di scelte, ove costruire una consapevolezza diffusa in cui includere verità e sentimento comune, in cui ritrovarvi il bene di tutti e la bellezza dello Stato che vive o meglio dovrebbe vivere di ispirazioni culturali in cui vedere lo stare assieme all’insegna della fiducia non certo del subdolo sospetto.
È tempo di costruire fiducia, non certo seminare dubbi e vigliaccherie di 4 un soldo. Nel ricordo immemore della strage di Capaci che ha visto la morte di 7 rappresentanti delle istituzioni di cui bisogna per sempre ricordare la loro vita vissuta e sacrificata per servire lo Stato: Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Senza dimenticare chi è rimasto per fortuna vivo come gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. #23_maggio
Rino Nania