L’Unione Europea in una lettera in difesa dei diritti Lgbtq, firmata da 17 leader europei, tra i quali Draghi, Merkel e Macron, ha lanciato un vero e proprio ultimatum al governo ungherese affinché ritiri la cosiddetta legge sull’omofobia. Inoltre, il presidente dell’europarlamento Sassoli minaccia di escludere l’Ungheria dai fondi europei. Per il premier olandese Marc Rutte: “non c’è più posto nell’Ue per l’Ungheria. Ma non sono l’unico a deciderlo, ce ne sono altri 26”, ha detto riferendosi agli altri capi di Stato e di governo. Rutte ha invitato il governo di Orbán ad “abrogare” la controversa legge. Altrimenti “devono andarsene”.
Anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Gutierres, ha criticato l’Ungheria. «Le discriminazioni non sono accettate in nessuna circostanza – ha dichiarato – e qualsiasi discriminazione contro Lgbtiq è totalmente inaccettabile nella nostra società moderna».
Il vergognoso ultimatum di questi giorni dell’UE ha suscitato in Oscar Sanguinetti un parallelismo storico con quello di 65 anni fa, nel novembre del 1956, lanciato dall’Unione Sovietica, coadiuvata dai Paesi socialisti adunati nel cosiddetto Patto militare di Varsavia, contro il piccolo Paese magiaro insorto per difendere la sua indipendenza e per dire no al “socialismo reale” che opprimeva la nazione. Chi conosce la storia sa come è finita: l’ultimatum fu rifiutato, e l’Ungheria, fu invasa da tutti i lati dai carri armati sovietici, polacchi, cechi. Il popolo magiaro tentò di difendersi con le poche armi strappate alla gendarmeria durante i moti ma venne brutalmente schiacciata.
Dalle poche fotografie della rivolta di Budapest, si capisce la portata della repressione comunista, la battaglia, strada per strada, affrontata dagli studenti e dagli operai magiari contro le colonne corazzate sovietiche. Ancora oggi non si sa il numero degli ungheresi caduti nelle centinaia di esecuzioni con cui si chiusero i processi contro i resistenti.
“Ebbene, questa nazione martire riceve ancora, oggi, un ultimatum: deve piegarsi al nuovo paradigma che incensa l’omosessualità e con il pretesto di difenderne la libertà di pratica vuole far tacere ogni voce anche solo limitatamente critica e ogni iniziativa moderatrice”. (Oscar Sanguinetti, I nuovi carri armati con la stella arcobaleno, 26.6.21, alleanzacattolica.org).
Quello che impressiona maggiormente è che oggi a dare l’ultimatum “non è più una superpotenza messa al servizio di una ideologia ingiusta e sanguinaria, il comunismo, a dettare l’agenda, ma è la “mite” Unione Europea, debole e pavida su ogni teatro mondiale, a fare la voce grossa. Non accetta infatti che uno Stato-membro, uno Stato nominalmente sovrano, possa legiferare, si badi bene, non contro i principi dell’uguaglianza e della non-discriminazione quanto a determinate pratiche sessuali, bensì ponga dei limiti legali alla propaganda a favore di esse, con il motivo sacrosanto della tutela della libertà di informazione delle fasce più giovani e meno attrezzate della popolazione”. Rispondendo alle accuse di discriminazione contro gli omosessuali, Orban ha replicato: “Nel regime comunista l’omosessualità era punita. E io ho combattuto per la loro libertà e i loro diritti. Quindi difendo i diritti dei ragazzi omosessuali. Ma questa legge non riguarda questo. Riguarda i diritti dei ragazzi e dei genitori”.
L’Urss imponeva il socialismo, l’UE, impone l’ugualitarismo più spinto fino a negare i dati più evidenti della natura. Anni fa il noto dissidente russo Vladimir Bukovskij sosteneva che l’Europa di oggi assomiglia molto all’Unione Sovietica del 1986, al periodo quando arrivò al governo dell’Urss, Gorbaciov. Per il dissidente russo le analogie tra l’Urss e l’Ue sono tante. L’ex dissidente ne individua tre; la prima: “Come fu creata l’Urss? Costringendo le repubbliche a unirsi, anche con la minaccia finanziaria. Come si sta costruendo l’Ue? Costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria”. La seconda: “Per l’Urss le nazioni non esistevano, ma solo i ‘cittadini sovietici’. E anche l’Ue non vuole nazioni, ma solo i cosiddetti ‘europei’”. La terza: “In teoria ogni repubblica dell’Urss aveva il diritto di secessione. In pratica non esisteva nessuna procedura che consentisse di uscirne”. E nell’Ue? Se qualcuno dovesse cercare di uscire, scoprirebbe che non è prevista alcuna procedura…”. Le similitudini tra i due imperi del male non finiscono. “L’Ue è governata da una ventina di commissari, rigorosamente non eletti, come accadeva in Urss; il Parlamento è ridotto a uno sfogatoio privo di partiti, come accadeva in Urss; l’Europa promette più uguaglianza, più equità e più giustizia, come accadeva in Urss. ‘La Mosca bolscevica aveva l’Armata Rossa, qui si usa l’arma della finanza per sedare le rivolte’”. Forse come nell’Urss anche in Europa ci sono i gulag, soltanto che sono figurati: “se parli male dell’Europa sei tagliato fuori, isolato. Da perseguire”.
Nella grave ingerenza dell’UE nei confronti del governo ungherese, Sanguinetti, nota che dietro al patto europeo esiste “un disegno di alcune centrali ideologiche post-comuniste per edificare un organismo sovranazionale semi-totalitario, non più comunista ma ferreamente conforme ai canoni del più rancido socialismo umanitarista”. Basta leggere il Manifesto di Ventotene di Spinelli &company per rendersene conto. Ora il progetto è realtà e l’Ungheria uscita fortunosamente dalla gabbia comunista nel 1989 deve ora mantenersi entro la gabbia, più impalpabile e non sancita con la violenza delle armi, dell’ideologia “giacobina” 2.0. E se questo vale oggi per lei, vale allo stesso tempo per ciascun Paese della UE, Italia inclusa, come il dibattito sul DDL Zan sta rivelando.
Pertanto, paradossalmente il Paese-martire del 1956 si trova oggi di fronte a una forma di nuovo e più sottile martirio.
Non resta che pregare la Beata Vergine, Regina dell’Ungheria, il beato Carlo, suo ultimo sovrano cristiano, e i suoi grandi santi non l’abbandoneranno nelle mani dei nuovi seguaci di Erode.
DOMENICO BONVEGNA