di Nicola Forcignanò
Non ho voglia di perdere tempo scrivendo di Silvio Berlusconi (anche se ci sarebbe molto da scrivere, soprattutto sul suo attuale equilibrio), Ignazio Benito La Russa, Lorenzo Fontana e Licia Ronzulli. Chi mi conosce sa come la penso. E, poi, giornali e tivù ci stanno raccontando molto dettagliatamente che cosa sta accadendo in questi giorni a Roma. Inutile aggiungere una parola a fatti che si commentano da soli e aiutano a capire perché quasi metà dei cittadini che hanno diritto al voto – comunque sbagliando – hanno deciso di non recarsi alle urne. Mancanza di credibilità di questa classe politica, a trecentosessanta gradi.
Voglio scrivere di Giorgia Meloni e del suo governo che sta per nascere. E voglio credere in lei e nella sua volontà di presentare un Consiglio di ministri di alto profilo. Anche se l’elezione del presidente del Senato, La Russa, e della Camera, Fontana, non vanno certo in questo senso. Venerdì la delegazione del centro destra, o della destra come sembra, salirà al Colle e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, possiamo dirlo con certezza, conferirà a Giorgia Meloni l’incarico di formare il Governo. I nomi dei futuri ministri li conosciamo, perché come sempre è accaduto sono trapelati in questi giorni. E non certo per colpa della Meloni.
L’ho già detto, la leader di Fratelli d’Italia, ha vinto le elezioni e ha il diritto e il dovere di governare. Le aspetta un compito difficilissimo, da far tremare le vene dei polsi. Scopriremo nei prossimi mesi che cosa lei e il suo governo sapranno fare per risolvere gli enormi problemi che assillano il Paese. Arrivare dopo Mario Draghi non sarebbe facile per chiunque e non lo sarà soprattutto per lei, che deve maturare un’esperienza di governo. L’unico appunto che mi sento ora di muovere alla futura premier è non aver riservato una casella, nel suo elenco di ministeri, al Turismo. E per me questo è un grande errore.
Noi tutti sappiamo quanto sia importante per l’Italia questo settore – industriale, commerciale e artigianale – che aiuta sensibilmente il Pil del Paese e che offre migliaia di posti di lavoro. Settore colpevolmente ignorato dalla politica. Di turismo si è parlato anche troppo, soprattutto dalla destra in caccia di voti, per la protesta dei proprietari degli impianti balneari contrari agli appalti. Protesta vergognosa considerando quanto questi paghino per le concessioni e quanto siano alte le tariffe per due sdraio e un ombrellone. Ma questi imprenditori – tra i quali molti furbacchioni – non rapprendano il turismo. Il turismo è una grande azienda che necessita di programmazione, di strategie, di idee in linea con le richieste dei clienti, di infrastrutture, di aeroporti e voli che colleghino le nostre coste con l’Europa. Il turismo non è improvvisazione e non può essere affidato solo alle capacità delle grandi o piccole imprese del settore.
Da anni ci palleggiamo il problema del Sud, dimenticando che una delle soluzioni che potrebbero creare business e impiego è proprio il turismo che necessità di investimenti ma soprattutto di una gestione globale intelligente. Nel 2009 quando Berlusconi vinse le elezioni mi strappò un gridolino di entusiasmo quando disse che l’Italia sarebbe dovuta diventare la Florida dell’Europa. Il gridolino mi rimase in gola e quando nominò la Brambilla ministro del Turismo mi caddero anche le braccia. Berlusconi, come per tutte le sue altre promesse, non fece nulla. Come nessuno aveva fatto qualcosa di concreto prima di lui e dopo di lui. Perché del turismo la politica si è sempre disinteressata. Da Giorgia Meloni mi attendevo un importante cambio di rotta. Specie ora con un’Italia in crisi che ha bisogno che tutti i suoi settori possano dare il meglio al Paese.