Quando questa brutta storia del coronavirus sarà finita (non tanto presto) bisognerà scrivere molte cose, in particolare sul tormentone degli hastag. Dalla rimozione iniziale agli abbracci in piazza, tipo“AbbracciaUncinese”, dai libri usati come mascherine per prendere in giro la plebe ignorante alla lotta contro il “virus della paura e del razzismo”.
Ai brindisi del “milanononsiferma” con politici con lo spritz col sorriso a trentadue denti, tutti belli ammassati, così che non si avesse a pensare che c’era un’emergenza; e poi tutti quei giovani che hanno continuato a fare la movida fino a ieri.
Dopo questa sbronza collettiva, si passa simultaneamente alla calma piatta del “iorestoacasa” come un nuovo“contrordine compagni”, dilagante anche sui profili di noti ex brindanti e accompagnato da una generale riscoperta delle virtù della disciplina e dell’ordine.
Ora tutti questi signori, stupiti e ammirati dalla capacità del governo cinese di governare le quarantene e le zone rosse, auspicano, desiderano l’adozione di un modello simile (diciamo tecno-capital-comunista) per irreggimentare le società disordinate dell’Occidente.
È lo scenario descritto analiticamente su Huffington Post da Roberto Arditi, direttore editoriale di Formiche del 10.3.2020: vediamolo. La Cina molto probabilmente ha vinto la lotta per la leadership mondiale, perché il modello cinese ha dimostrato di essere l’unico in grado di dare risposte efficaci al contagio, avendo “il potere assoluto (fino a quello di vita e morte) sui propri cittadini e sulle loro relazioni sociali, economiche e familiari…Quindi il potere imperiale e comunista del Presidente Xi Jinping si è dispiegato in tutta la sua potenza, consentendogli di annunciare la fine dell’emergenza mentre nel mondo (Washington compresa) si arranca tra incertezza, sarcasmo e paura”.
Ancora, “la battaglia contro il Coronavirus si è combattuta con ampio utilizzo di tecnologia e big data, facendo scempio di ogni elementare diritto di privacy dei cittadini. Controllo degli spostamenti attraverso smartphone e compagnie telefoniche, utilizzo delle informazioni presenti su chat e social network, caschi indossati dai militari in grado di riconoscere i volti anche in presenza della mascherina e dotati di dispositivi per rilevare immediatamente la temperatura, robot in giro per le strade con funzione di monitoraggio sociale, telecamere piazzate ovunque, banche dati delle carte di credito a disposizione per incrociare dati sensibili.
Tutto è stato usato per sconfiggere il Virus, tutto è nelle mani dello Stato (che d’ora in poi potrà farne ciò che vuole).
Ma ecco il punto chiave: “La vittoria cinese è culturale, perché tutto il mondo sta guardando a Pechino per capire come risolvere il problema. La Cina, potenzialmente l’untore del pianeta, è diventata la soluzione del problema, grazie a un poderoso cocktail di “soft e hard power”, che verrà certamente buono anche per altri usi. Il Coronavirus, in fondo, è stata solo una monumentale prova generale”.
Infine starei attento a quello che ha scritto l’Istituto Bruno Leoni: «È chiaro che i Paesi autoritari sono luoghi nei quali è più facile dire alla gente quel che deve fare. Le società libere rivelano sempre una certa quantità di caos. Ma sono anche di gran lunga un posto migliore dove vivere».
Sullo stesso tema, ritengo importante il servizio apparso sul settimanale Tempi di Leone Grotti, che smonta il “successo” di Pechino sul contagio del virus.
«SE IL MONDO È NEI GUAI È COLPA DEL REGIME. È vero che l’assenza di democrazia ha permesso ad esempio al governo cinese di sospendere il campionato di calcio, causando perdite milionarie ai club, senza incassare proteste di alcun tipo e di mettere in quarantena 60 milioni di persone senza che nessuno battesse ciglio. Ma la natura autoritaria del governo cinese, così efficiente quando si tratta di obbligare e reprimere, è anche quella che ha permesso al virus di circolare indisturbato per almeno due mesi. Se oggi l’Italia (e presto la Francia, la Germania e chissà quanti altri paesi) si trova in ginocchio è perché a inizio dicembre la Cina non ha rivelato la presenza di abitanti di Wuhan in ospedale con gravi sindromi respiratorie simili a quelle causate dalla Sars». (L. Grotti, Coronavirus, il modello cinese ha causato il disastro. Altro che «imitarlo», 11.3.2020, Tempi).
Dopo aver ricordato l’eliminazione di Li Wenliang, il medico che aveva scoperto il nuovo virus. Grotti, si occupa delle varie falsità messe in atto dal regime comunista cinese. A partire da quando viene lanciato l’allarme dal segretario del Partito comunista Xi Jinping, soltanto il 23 gennaio, quando ormai la Cina aveva già avuto 80.924 casi e 3.136 decessi. Quanti di questi sarebbero stati evitati se la Cina fosse stata una democrazia? Si domanda Grotti.
Inoltre l’editoriale ricorda all’Oms e ai giornali che ora inneggiano all’esempio cinese, che il 6 marzo la vicepremier Sun Chunlan, in visita a Wuhan, centinaia di persone si sono affacciati dai balconi dei palazzi blindati per gridare: «Falsità, solo falsità, le autorità mentono».
Grotti, racconta diversi gravi episodi violenti e disumani durante la quarantena, come il nonno di Zhang Bella, che è stato immediatamente cremato da un’agenzia funebre senza che la sua morte fosse ascritta al virus […]Quanti signor Zhang ci sono stati in Cina? A Lianshui, nella provincia dello Jiangsu, un’intera famiglia è stata blindata in casa con sbarre di metallo dalle autorità locali. Sulla porta è stato appeso il cartello: «In questa casa vive una persona rientrata da Wuhan. È vietato toccare». La famiglia ha confessato che sarebbero tutti morti di fame se un vicino, mosso a compassione, non gli avesse calato dal balcone del cibo. Simili metodi di quarantena forzata sono stati applicati in tutta la Cina da zelanti funzionari del Partito. Quante famiglie non hanno avuto la stessa fortuna di quella di Lianshui e sono decedute?»
L’articolo riporta altri casi, come la vicenda di un figlio affetto di paralisi celebrale che la famiglia ha dovuto abbandonare. «Le autorità locali della contea di Hongan (Hubei) avevano giurato al padre che si sarebbero presi cura di lui, invece l’hanno lasciato morire di fame in mezzo ai suoi escrementi. Quante persone, come il figlio di Yan Xiaowen, sono morte per colpa di un sistema autoritario tanto efficiente quanto disumano?
Ci sono forti dubbi sulle guarigioni, sulle cifre ufficiali rilasciati dalle autorità. Anche qui si raccontano gravi episodi di finti guariti.
Altra fake news è quella che “riparte” l’economia in Cina. Tutto falso. Il modello cinese ha causato il disastro. «Altro che «imitarlo» governo centrale calcola la ripresa economica di fabbriche e aziende in base al consumo di energia. Per questo, chiede a tutti i segretari locali del Partito comunista di rispettare certe quote di elettricità consumata. I segretari si rifanno sui proprietari delle aziende, che a loro volta azionano e fanno andare anche tutta la notte macchinari, luci e condizionatori. Le aziende però restano vuote e i dipendenti a casa per mancanza di lavoro». In conclusione, «se proprio dobbiamo rifarci a un modello guardiamo alla Corea del Sud. E lasciamo perdere la Cina, dove il virus è stato bloccato dall’eroismo dei cinesi di Wuhan e non dal governo».
Inoltre è interessante anche un editoriale del sociologo Massimo Introvigne, pubblicato su BitterWinter. Il professore riporta documenti secreti che istruiscono i diplomatici e gli agenti a chiamare il COVID-19 “virus italiano”, affermano che non ha avuto origine a Wuhan e promuovono Xi Jinping come l’eroico leader che lo ha sconfitto. «Il PCC si propone di «sinizzare» tutto, comprese le religioni. L’unica cosa ad essere «de-sinizzata» è il virus». (M. Introvigne, La propaganda del PCC de-sinizza il virus e riscrive la storia, 12.3.2020, Bitter Winter)
Praticamente secondo Introvigne esiste un rapporto investigativo, pubblicato dal quotidiano cattolico La Croix international, dove si rileva che una settimana fa alle varie ambasciate cinesi e ai compagni di viaggio di tutto il mondo «È stato chiesto loro di persuadere coloro che erano favorevoli alla Cina a non menzionare mai l’origine cinese del virus e di insistere sul fatto che «sebbene il virus abbia colpito gravemente Wuhan la sua origine è sconosciuta. Stiamo conducendo nuovi studi per individuare la vera origine del virus».
Secondo il rapporto, le ambasciate dovranno «sollevare dubbi» nell’opinione pubblica, suggerendo che forse il virus è arrivato in Cina dall’estero. Lo stesso articolo riferisce che l’ambasciata cinese a Tokyo ha iniziato a promuovere l’uso dell’espressione «virus giapponese» per designare COVID-19 (anche se ciò è stato negato dai media giapponesi) e che altre fonti cinesi menzionano un «virus italiano» o un «virus iraniano».
Il PCC secondo Introvigne va oltre «Chiede al mondo di «ringraziare la Cina» per la sua presunta perfetta reazione al virus. I media controllati dal PCC continuano a spiegare che i Paesi democratici non avrebbero potuto adottare misure così decisive come quelle adottate dalla Cina, perché la democrazia di tipo occidentale limita i poteri dei governi. Ciò dovrebbe dimostrare, ancora una volta, la superiorità del sistema non democratico cinese».
Infine secondo L’agenzia di stampa statale Xinhua, annuncia l’uscita di un libro dove si esalta «la «straordinaria leadership del presidente Xi Jimping un leader di grande forza», che ha sconfitto il virus. Il libro inoltre dimostrerà al mondo i «vantaggi significativi del sistema di potere cinese e del socialismo con caratteristiche cinesi».
L’ultimo intervento che giudico interessante lo riprendo da Formiche.net. Scrive Soldi: «Sono bastate due settimane per trasformare la Cina da epicentro della pandemia a clemente e innocua spettatrice degli eventi. Il coronavirus, ora, è un problema dell’Occidente. Dell’Italia, anzitutto». (Mattia Soldi, Dalla Via della Seta al coronavirus. Ecco chi rilancia la propaganda cinese in Italia, 11.3.2020, Formiche.net)
L’articolo parla della telefonata del ministro Di Maio all’omologo cinese Wang Yi su una maxispedizione di “respiratori e mascherine” in arrivo a Roma dalla Città Proibita. “In futuro ci ricorderemo di tutti i Paesi che ci sono stati vicini in questo momento” ha ammonito severo Di Maio al termine del colloquio. Poi l’annuncio in pompa magna, sulla pagina ufficiale del Movimento Cinque Stelle. Ma l’annuncio nel giro di pochi minuti, è scomparso nel nulla. Forse qualcuno ha fatto notare che, contemporaneamente, le agenzie battevano la stessa notizia, spiegando però che l’Italia si presta ad “acquistare”.
Intanto Il Global Times, megafono inglese del Partito comunista cinese (Pcc), rilancia su twitter una video intervista al viceministro della Salute italiano, il pentastellato Pierpaolo Sileri. Titolo:“Grazie, Cina, per aver condiviso il lavoro di prevenzione con noi!”. Sottotitolo: “Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, loda la Cina per aver dato l’esempio nella lotta al Covid-19”. Testo, Sileri promette: “mutuiamo queste indicazioni e le facciamo nostre, e ovviamente le applichiamo nella nostra routine quotidiana”. Senza parole.
DOMENICO BONVEGNA
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