Sono ormai decenni che non vedo “Sanremo” e che non mi interessa più. In un lontano passato – anni Cinquanta – lo sentivano solo coloro che possedevano una radio; ma l’indomani tutti cantavamo “I papaveri” o “La casetta in Canadà”. Ora, nonostante la televisione onnipresente, il baccano dell’“Ariston” avviene a mia completa insaputa.
Ciò anche perché non ho mai amato quelle “canzoni” gridate senza parvenza di melodia, quei contorcimenti scomposti dei corpi, quei gesti violenti quasi di minaccia contro qualcuno o qualcosa di urlatori detti “cantanti” con bocche spalancate quasi volessero ingoiare il microfono… Fin qui, comunque, nulla da obiettare: a me piacciono le canzoni melodiche come tante ce ne sono nel grande repertorio italiano, conosciute in tutto il mondo, e ad altri piace il gridato. Ricordo volentieri, semmai, “Con ventiquattro mila baci” (1961) col “molleggiato” che moltiplica i “mille” baci che Catullo chiede alla sua amante (“da mihi basia mille”), “Il cielo in una stanza” (1961), “Il ragazzo della via Cluk” (1966)…: ma qui siamo ancora nell’ambito lecito e legittimo del “de gustibus non est disputandum”.
La “volgarità”, invece, del recente “Sanremo”, di cui ho sentito dire, è una “aggiunta” che non riesco ad accettare e pertanto, nel mio “zero-virgola” di cittadino che paga il canone, intendo protestare come, immagino, abbiano già fatto prima e meglio di me molti contro quello che è parso un vero e proprio sopruso. Ciò che indigna ancora di più è che essa – la volgarità – viene sciorinata da lor signori e spiegata come qualcosa alla quale è inutile opporsi perché significa “evoluzione” e “progresso” necessari verso un futuro più libero e più bello a cui bisogna assuefarsi: così il bacio in bocca di due maschi o altre sconcezze del corpo esibite e beotamente applaudite dai presenti in teatro, secondo i padroni della Rai, non dovrebbero impressionare più di tanto perché sarebbero lo specchio della società di oggi e farebbero parte di quel “costume” sempre in evoluzione e teso alla conquista del “bene” e del “bello” verso cui sicuramente è avviata l’umanità; di conseguenza, chi non si adegua e non corre a rotta di collo con loro sarebbe un poveretto rimasto indietro, un medioevale, reazionario e retrogrado, un talebano e magari un “ultra-cattolico… da non prendere neanche in considerazione.
Attenzione!
Sulla “volgarità” esibita all’Ariston si potrebbero dire molte cose, ma – studiandola bene – io penso che la si possa considerare anche come una sorta di prova o un sondaggio nel processo secolare di distruzione di quel poco che rimane della passata “societas christiana” e che in Italia ha avuto nei secoli il suo centro ispiratore. Mi spiego meglio: al di là se i guitti protagonisti di quella prova volgare siano stati o no consapevoli del loro ruolo e dei gesti scomposti che hanno mostrato a tutti nelle case, anche ai bambini, il “Padrone del mondo” (alta finanza mondiale, massonerie più o meno occulte, poteri che vogliono distruggere la Famiglia naturale e sono per l’ “utero in affitto” e per il “gender”, per l’aborto alle sedicenni e post-natale, etc. etc…), li ha potuti usare come strumenti per sondare se e quanta resistenza ancora quella residua “società cristiana” sa opporre alla sua dittatura; così ha permesso ai suoi accoliti servitori nel festival di scatenare la provocazione per, poi, misurare le reazioni della gente comune e magari aggiustare il tiro per un attacco futuro più mirato. Nel caso del “Sanremo 2023” di cui stiamo parlando – viste le molte reazioni contrarie da parte della gente alle volgarità – quel “Padrone” forse potrà decidere di frenare i suoi “cani sciolti” perché si è reso conto che questi gli erano un po’ sfuggiti di mano andando troppo avanti e che il popolo non è ancora completamente corrotto e maturato dalla propaganda di lor signori e, quindi, non è pronto per l’assuefazione completa che gli è imposta: insomma, ordinerà di fare uno o due passi indietro dopo averne permessi tre in avanti; è un vecchio sotterfugio nella strategia della Rivoluzione che vuole ri-creare l’“homo novus” contrario al Diritto Naturale e ai Dieci Comandamenti.
Può essere una mia ipotesi forse non del tutto peregrina, ma penso che il successo della Destra nelle recenti elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio (12-13 febbraio) sia dovuto, in parte, anche alla protesta di persone che come il sottoscritto, votandola per disperazione, hanno creduto di potere difendere ancora qualcosa – la Famiglia e la Vita, ad esempio – visto che a Sinistra approvano quelle sconcezze e, anzi, le applaudono freneticamente.
Domande: la Destra ne è consapevole? la Destra, che vuole chiamarsi “Partito conservatore”, sa cosa deve “conservare” e difendere?
Carmelo Bonvegna