I tre volumi di Vittorio Messori, “Pensare la Storia”, “La sfida della Fede”, e “Le cose della vita”, pubblicati prima dalle Paoline e poi riproposti dalla casa editrice Sugarco, sono frutto dei “Vivai” apparsi due volte alla settimana (io li leggevo e studiavo, sottolineandoli, poi li ho perfino rilegati creando 3 fascicoli) sul quotidiano Avvenire dal 1987 al 1992.
La lettura dei tre volumi sono un distillato di notizie, informazioni, storie, racconti, come sempre politicamente scorrette che spesso sollevano critiche e ampie riflessioni. Una caratteristica di questi libri di Messori è che si possono leggere a sprazzi, scegliendo gli argomenti che più interessano al lettore. Pertanto di fronte al 3° volume “Le cose della vita”, del 2009, pubblicato da Sugarco Edizioni, ho scelto alcuni temi da proporre a voi lettori. Comincio dalla caduta del “Muro di Berlino”, visto che oggi ricorre l’anniversario.
Legati alla caduta del Muro, ci sono i capi comunisti (I Vinti) Erich Honecker, per la Repubblica “democratica” tedesca e Gustav Husak, per quanto riguarda la Cecoslovacchia comunista. Honecker, per tutta la vita fu servitore zelante dell’Unione Sovietica, “fu alla fine pugnalato alle spalle”, scrive Messori, proprio dall’Urss, per un pugno di marchi. “Gorbacev vendette Honecker e il suo regime ai tedeschi di Bonn”, successivamente Eltsin, l’ha prelevato dall’ambasciata cilena a Mosca e lo ha spedito a Berlino, qui vecchio ottantenne fu dichiarato idoneo dai medici tedeschi per la detenzione. L’accusa è quella di aver consentito di sparare a chi cercasse di fuggire in Occidente. Infatti 49 tedeschi orientali persero la vita. Ma in questo caso Messori sottolinea l’ipocrisia dell’Occidente, che mentre considera criminale Honecker, tutti i governi occidentali avevano le ambasciate a Berlino Est e persino la Santa Sede non esitava ad inviare delegazioni presso lo spregevole pluriomicida. “Guai ai vinti”, si diceva, attribuendolo ai barbari. A punire i vinti si è cominciato con la Rivoluzione Francese, quando la guerra diventa un fatto della nazione intera, mirante alla distruzione dell’avversario. E’ la Rivoluzione stessa che ai cittadini in armi, chiede di odiare il nemico. Nel Medioevo la guerra era una sorta di attività privata di re e principi, duelli fra professionisti,, mercenari. Si faceva la guerra senza che i sudditi ne fossero troppo importunati. Tutto si rivolgeva in qualche scaramuccia o nell’assedio di qualche fortezza. Dopo la Rivoluzione francese, con la nascita delle ideologie moderne, nelle guerre repubblicane, per esportare il “verbo” giacobino e poi nelle guerre napoleoniche che abbiamo il cumulo di morti.
Per quanto riguarda Husak, che nonostante le “purghe” staliniane, ritornò al potere, per la sua incrollabile riaffermazione della fedeltà alla dottrina sovietica. Al collasso del regime ceco, con la presa del governo di Vaclav Havel, Husak dimenticato e disprezzato viveva in una villetta in provincia. Pare che in lui sia emersa una certa religiosità, forse addirittura una conversione al cattolicesimo. E’ sicuro che Husak orfano di tutto, nella sua solitudine, sia stato consolato e confortato, dall’arcivescovo di Trnava, monsignor Jan Sokol, proprio quello che insieme a tanti altri membri della Chiesa cecoslovacca, come di ogni altro Paese dell’Est, “aveva per decenni sperimentato nelle sue carni il morso della persecuzione antireligiosa gestita in prima persona proprio da Husak”. Nel deserto in cui era piombato il capo comunista ceco, ora c’è la mano tesa della Chiesa, il bersaglio principale della persecuzione comunista. Una Chiesa non solo pronta a perdonare, ma anche a dare solidarietà.
Cambiamo argomento, a proposito dei giovani “Obiettori Caritas”, interessanti le risposte che hanno dato questi giovani cattolici ad una domanda loro posta: “A quali esempi vi siete ispirati per le vostre scelte?”. Tra i nome che gli interrogati potevano fare c’era anche quella di Gesù Cristo. I risultati delle risposte degli obiettori intervistati è che Nostro Signore Gesù Cristo, ha ottenuto il misero 6,5%, è solo al quarto posto. Al primo posto, con un trionfale 49,2%, sta Gandhi, assai staccato al secondo posto (8,1%) c’è don Lorenzo Milani, al terzo (7,3%) Martin Luther King.
A proposito di Gandhi, Messori fa una interessante riflessione su questa figura tanto mitizzata e celebrata. Il mitico “droghiere”, infatti questo significa il nome nella sua lingua, il gujarati. Messori cita uno storico inglese Paul Johnson, che ha studiato il Mahatma, la “grande anima”. Intorno a questo personaggio si creò una corte di ciarlatani. Gandhi viveva nel suo ashram assistito da una corte di donne devote che lo servivano: Appena si alzava la prima domanda che rivolgeva loro era: “Sorelle, siete andate bene di corpo, stamane?”. Uno dei libri che rileggeva continuamente era La stitichezza e la nostra civiltà. Una delle sue segretarie osservò: “ Far vivere Gandhi in povertà costa un sacco di soldi!”. Il Johnson racconta altri pettogolezzi, non mi soffermo, ma quello che è importante sapere per Messori è questo: “Gandhi può essere davvero un maestro superiore, e addirittura di molto a Gesù Cristo?”. La risposta per Messori è difficile e delicata.
Di certo fu una figura eccezionale, e non per i suoi presunti discepoli di oggi, a cominciare dai radicali italiani dei falsi digiuni. Tuttavia per capire Gandhi, non vanno dimenticati, certi fatti poi rimossi con imbarazzo, come, ad esempio, il feeling tra l’indiano e il fascismo italiano. Nel 1931, Gandhi venne a Roma a trovare Mussolini, verso il quale esternò simpatia e stima. Mussolini finanziò il movimento gandhiano e non solo in funzione anti-inglese. “Il Duce e il Mahatma: una coppia che mette – e non a torto! – a disagio chi in Gandhi vede solo la quintessenza del pacifismo”. Gandhi dal terzomondismo romantico viene visto come il campione di valori religiosi dell’Asia contro la brutale rozzezza delle potenze colonialiste “cristiane”. In realtà non è proprio così per Messori. Naturalmente non posso dilungarmi. Qualche conclusione: intanto, Gandhi non è contrapponibile a Gesù Cristo. In realtà, Gandhi non sarebbe Gandhi senza Gesù, come egli stesso riconobbe. Nelle pagine successive Messori racconta un pò la storia dell’India e come raggiunse l’indipendenza anche qui ci sono sorprese. Tra guerre, violenze, bagni di sangue, lo stesso Mahatma cadde vittima non per mano di un cattivo colonialista inglese, ma per mano di un devoto indù, che lo accusava di “modernismo” e di “occidentalismo”.
Il caso Cambogia. Tutti ricordiamo il famoso film, “Urla dal silenzio”, che descrive bene quello che è successo dopo la fuga degli americani e l’instaurazione del governo comunista dei “Khmer rossi”. Qui Messori invita il lettore a riflettere sulla maledizione insita in ogni ideologia, veramente in questo caso, assassina, che vuole “creare l’uomo e il mondo nuovi” attraverso l’ingegneria sociale. Questo avviene quando, il politico, “considera se stesso come un ‘ingegnere’ che, al suo tavolo di lavoro, analizza e ricostruisce la realtà sociale secondo criteri ‘razionali’”. Questo è un criterio che ha insanguinato tutta la storia moderna e per certi versi continua a minacciare ancora oggi con altri piani rivoluzionari con altre ideologie. In pratica per Messori, in “Cambogia non avvenne nulla di diverso di quanto già visto in tante altre parti del mondo”. Certo qui il volto demoniaco dell’”ingegneria sociale” venne più chiaro che in altre parti. Naturalmente Messori ricostruisce i fatti quasi dettagliatamente. Io cercherò di farlo in qualche battuta. Siamo nell’aprile del 1975, tutta l’ex Indocina cadde sotto il potere comunista. Phnom Penh, la capitale della Cambogia, fu occupata dalla guerriglia, in particolare dai Khmer rossi comunisti, guidati da una ventina di intellettuali, figli di di Jean-Paul Sartre, avevano tutti studiato alla Sorbona di Parigi, imbevuti di utopie ideologiche, principalmente marxiste, cercarono di mettere in pratica i loro piani rivoluzionari che avevano studiato sulla carta. Disgraziatamente per i cambogiani i laureati alla Sorbona, divenuti capi della guerriglia, poterono passare dalla teoria alla pratica. Intellettuali che non hanno mai lavorato, così come Lenin e Stalin. Lo schema di questo gruppetto di asiatici, con il loro religioso fanatismo, prevedeva tre sole categorie di persone avessero diritto di vita nella “società nuova”: contadini, operai, soldati. La campagna doveva predominare sulla città, ecco perchè tutti i cittadini della capitale furono forzatamente costretti a sgomberare in poche ore la città. Milioni di disgraziati costretti ad abbandonare le proprie case e perfino i 20 mila feriti degli ospedali.
Lo sterminio era previsto a chi era fuori dal loro micidiale schema. Pertanto furono uccisi mendicanti, prostitute, feriti gravi, i malati incurabili, i funzionari, gli insegnanti e i loro studenti migliori. Bisognava “ricominciare da capo la storia”, ecco perché venne dichiarata guerra alla “peggiore malattia sociale: quella della memoria e del ricordo”. Fu cambiato il nome stesso del paese, non più Cambogia, ma “Kampuchea”. Viene trasformato tutto, anche la vita sessuale, i matrimoni e tutta l’attenzione si concentrò sui bambini, “lavagne ancora pulite”. Naturalmente in Occidente l’intellighenzia “progressista” o taceva o esaltava quel modello, lo ricordiamo benissimo. Anche i vicini comunisti del Vietnam di Hanoi, stavano cercando di creare l’”uomo nuovo”. Poi per ragioni politiche e non umanitarie i comunisti vietnamiti decisero di rendere pubbliche al mondo le atrocità dell’Angka comunista cambogiana.
Messori conclude l’argomento dell’esperimento criminale cambogiano e di tutte le ideologie sanguinarie del Novecento con la parabola del “Grano e della Zizzania”. Diffidate di tutti quelli che vogliono fare la società nuova secondo un piano teorico “razionale”. Bisogna accettare l’imperfezione di questo mondo che vive sotto il regime del peccato, “di non cedere alla tentazione (che, pure, sembra così nobile) di volere a ogni costo estirpare la zizzania che, nella storia degli uomini, cresce e sempre crescerà, accanto al grano. Rinviando, dunque, il desiderio di un’umanità ‘perfetta’ al tempo della ‘mietitura’”. Lo stesso Gesù rimprovera i suoi discepoli ogni volta (come novelli Pol Pot) sono colti da velleità di “perfezionismo” sociale.
Pertanto mettiamoci in guardia dagli utopisti politici, dagli “ingegneri sociali”, i rivoluzionari di ogni risma, insomma, dai “cambogiani” di ogni tipo, sempre pronti a sterminarci tutti perché non corrispondiamo (né mai potremo corrispondere) al piano “razionale” di perfezione. E in questo momento penso a tutti gli ambientalisti, verdi catastrofisti di ogni tipo, novelli giacobini, che imperversano nella nostra società di oggi. Messori alla fine di queste schede sull’utopia rivoluzionaria, invita a guardare, a cominciare dai cattolici, alla Dottrina Sociale della Chiesa, che ha il compito decisivo di mettere contro ogni utopismo sociale. “La storia ha visto di continuo settari ed eretici reclamare o promettere il paradiso in terra. Ma La dottrina sociale della Chiesa sa che, prima del giudizio finale, non vi sarà alcun paradiso terrestre. Neppure gli apostoli più zelanti saranno in grado di creare degli ordinamenti sociali ideali, poiché ‘il mondo sta in potere del maligno’ (IGv 5,19)”.
Certo il mondo è migliorabile col nostro impegno, ma non come pensano i “rivoluzionari”, facendo “tabula rasa” e riorganizzando tutto da capo. Il Cristianesimo non comincia mai da zero ma da uno, due o tre. Per ora mi fermo ma è entusiasmante seguire il più grande scrittore cattolico vivente.
DOMENICO BONVEGNA
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