“Continuano a esondare i corsi d’acqua e a franare le colline. E ciò avviene su un territorio vulnerabile per l’aumento di urbanizzazione in pianura e l’abbandono dell’entroterra. I corsi d’acqua arginati non reggono e si continua a urbanizzare il suolo, impermeabilizzandolo e esponendo beni e vite umane a subire danni.
Tagliare troppo e male la vegetazione ripariale può addirittura aumentare il rischio a valle. Le frane sono più frequenti nei versanti non più gestiti negli ultimi decenni, rispetto a quelli ancora mantenuti o boscati. Oggi dobbiamo mitigare l’aumento di rischio idrogeologico, compensando gli effetti del consumo di suolo e del cambio climatico con la prevenzione tramite soluzioni basate sulla natura, ovvero realizzando interventi di Ingegneria Naturalistica con investimenti 10 volte inferiori a quelli per la ricostruzione in emergenza post eventi catastrofici e dando opportunità di lavoro a tecnici, professionisti e giovani disoccupati.
La strada è rinaturalizzare il territorio quanto prima (secondo la Restoration law) e pianificare interventi strutturali e non strutturali (anche delocalizzazioni di edifici) a medio e lungo termine (recuperando risorse economiche da altri settori non così prioritari rispetto al disastro idrogeocementizio) ” . Lo ha dichiarato Federico Preti, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica.