Messina – Lo confessiamo: ci sono pensieri che non ci fanno dormire la notte. Sono pensieri che attengono alla storia della politica messinese, piena purtroppo di problemi irrisolti. Per esempio, l’etica è uno stile che si afferma in un certo tempo e un certo luogo: l’Italia di Mani pulite, oppure è una tendenza eterna che si ritrova persino in certe aggregazioni (approssimative, ben s’intende) degli aspiranti sindaco?
Altro esempio: che fine ha fatto la politica del porta a porta? Quel comportamento democristiano che ha trionfato (deliziandoci) fra gli anni ’50, ’60 ’70? Dove sono finiti i politici della strada? Perché non nascono più figure importanti come Gullotti, Capria, Astone? C’è chi dice: la politica di una volta è morta, e per sempre (pace all’anima sua) perché era legata a un tempo, un momento particolare: il Paese del boom, del nuovo benessere economico. C’è invece chi sostiene (a ragione, crediamo) che la politica non è morta affatto. Ha solo cambiato di luogo e di faccia (di facce). Non bisogna cercarla più al Parlamento, ma nelle interviste concordate (a pagamento, s’intende). E non nei passaggi elettorali, nelle cosiddette adunate di piazza. Ma in certe trasmissioni televisive di informazione e discussione. Solo così uno come Cateno De Luca avrebbe preso il posto di un gigante che risponde al nome di Peppino Astone. Anche le risse – le famose, famigerate risse pre – elezioni – andrebbero rivalutate, da questo punto di vista (andrebbero? la discussione è aperta). Parteggiamo apertamente per questa ipotesi. La commedia politica c’è ancora, per nostra fortuna. Non sta più in un solo luogo. Si è diffusa, sparpagliata. Ma si è anche arricchita. Prima era sostanzialmente romanocentrica. Gira e rigira, i suoi protagonisti – Berlusconi, Renzi, Meloni, Salvini, Conte, Grillo, Di Maio – sempre sotto il Cupolone si ritrovavano.
La nuova commedia politica all’italiana vede fra i suoi protagonisti anche i messinesi. Ce ne compiacciamo, naturalmente, in omaggio all’unità d’Italia: sacra e inviolabile. Messinese è Nino Germanà, ragazzo imprevedibile che ci ha deliziato con la sua apparizione nell’ultima sceneggiata di Cateno De Luca. E’ arrivato a pretendere di poter far il sindaco sotto le bandiere del centrodestra. Si è arrabbiato con i suoi alleati, ricchi e potenti. Si è meravigliato che si discutesse tanto su chi fosse più bravo, tra lui e Maurizio Croce, con quel che succede in città (si è meravigliato lui, che è il simbolo della politica anni Duemila, dove più della bravura, del merito, dell’esperienza di vita, conta il posto nella lista, onorevole della Repubblica senza colpo ferire…). Poi si è offeso. Si è prodotto in uno scambio di insulti con i suoi avversari in squadra. Si è alzato e se n’è andato. Meglio: è andato in scena con il rivale: Federico Basile, uomo di De Luca. Fantastico! Prima lo doveva sfidare sicuro di batterlo, poi si è alleato per sconfiggere la coalizione che avrebbe voluto guidare.
Senza dubbio: un momento solenne per la politica con la p minuscola!
E’ vero, non l’avevamo notato. Che cosa non si fa in Sicilia (da quando c’è la Lega di Matteo Salvini) per l’unità d’Italia.