Conversando con un amico al telefono sui troppi anziani deceduti a causa del virus Covid-19, mi faceva notare un particolare che forse nessuno ha rilevato. Queste persone dopo aver lavorato una vita, versando contributi, tasse a questo Stato, nel momento del bisogno, lo Stato li ha lasciati soli, senza assistenza, “in mezzo a una strada”, non li ha aiutati. Molti di questi anziani sono stati lasciati morire in casa, perchè per loro non c’era posto negli ospedali. Certo non è mia intenzione colpevolizzare i medici o il personale degli Ospedali, in particolare quelli della Lombardia, tra l’altro i più funzionanti in Italia.
Della questione degli anziani abbandonati se ne è occupata la Nuova Bussola Quotidiana, che ha intervistato il presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (Sigg), Raffaele Antonelli Incalzi, il quale lancia un appello: «Non lasciate gli anziani al loro destino, il Covid non è la rupe tarpea del darwinismo sociale: il rischio di una deriva eutanasica non è da escludere». Il presidente della Società di Geriatria parlando delle vittime più fragili della pandemia e rivela: «La nostra risposta alle superficiali linee guida dei Rianimatori è stata silenziata dai media, che hanno fatto passare quello dell’età come criterio unico per non attivare la ventilazione. La valutazione deve essere multidimensionale: l’anziano può reagire meglio di un adulto a cui l’intubazione può risultare insufficiente».
Sono state dette e scritte, «Tante belle parole sui nostri “Anchise” da accompagnare, ma nella pratica il rischio che vengano abbandonati senza cure è concreto». (Intervista di Andrea Zambrano, L’allarme dei geriatri: «No a derive eutanasiche su anziani», 1.4.2020, LaNuovaBQ.it).
C’è un interessante riflessione di Gennaro Malgieri, ex direttore de “Il Secolo d’Italia”, pubblicata dal sito dove collaboro, Destra.it. L’intervento è abbastanza lungo, ma provo a proporre alcuni straordinari passaggi alla vostra attenzione.
«Il coronavirus s’è portato via la nostra memoria. Svanita buona parte di essa con i vecchi e gli anziani che soli se ne sono andati, privi del conforto dei loro cari e di un addio religioso […]Erano il sale di questa terra per chi sapeva vivere la loro presenza come una ricchezza. Purtroppo, molti hanno chiuso gli occhi attaccati ad un ventilatore, attraverso uno strano tubo, semi-incoscienti, senza poter dire nemmeno una parola». (Gennaro Malgieri, Omaggio agli anziani d’Italia. Pietre del passato, colonne della memoria, 3.4.2020, in destra.it)
Tra i più fortunati hanno avuto la benedizione cristiana, altri neanche quella. Ci hanno mostrato solo le bare. «E lì dentro non c’erano corpi che in poco tempo si sarebbero disfatti, corpi privati dal dolore, corpi inutili che erano d’ostacolo a coloro che bramavano il loro letto per potersi curare».
Continuando nella riflessione Malgieri, evidenzia un certo disprezzo della memoria.
E’ qualcosa che non si può perdonare per il giornalista, «Sì, è vero il cinismo che accompagna le nostre vite ha fatto dei vecchi un “problema”, tranne che per quella pensione che è d’aiuto alle loro famiglie e che spesso neppure si accorgono di averla ricevuta […]Adesso, molti di loro hanno finito di essere pesi ingestibili, peccato che si siano portati via quella piccola somma che neppure vedevano dopo una vita di lavoro e spesso di stenti». Ora che se ne sono andati questi anziani, nessuno «potrà più recriminare sui troppi assegni previdenziali che secondo qualcuno mettevano in ginocchio il nostro sistema pensionistico. Hanno tolto il disturbo molti degli “inutili” percettori di risorse, ma per la legge del contrappasso anche i giovani nipoti hanno perso più di qualcosa: dalla ricarica del telefonino alla sopportazione di incomprensibili racconti che per chi sapeva ascoltarli erano brandelli di umanità».
Malgieri li definisce gli anziani: “Pietre del passato”. Ci viene detto che con loro, non si costruisce nulla: chissà se la pensavano così gli agonizzanti da coronavirus. Oggi, «I materiali che si preferisce impiegare sono altri: meno resistenti, più economici, maggiormente malleabili. Destinati a un deperimento precoce, tanto per non avere l’incombenza della custodia, del restauro, della manutenzione».
«Uccidere la memoria equivale a svaligiare il futuro».
E qui Malgieri sottolinea l’importanza della memoria, citando S. Agostino e S. Tommaso e Bergson. La memoria è qualcosa di dinamico, che ci fa comprendere il presente e il futuro. «La decadenza nella quale siamo immersi è tributaria anche del tramonto della memoria come elemento distintivo di comunità caratterizzate dall’assenza del ricordo del loro cammino perché scientificamente cancellato da chi aveva immaginato il “nuovo inizio” della storia dalla proclamazione della morte di Dio».
Per Malgieri oggi siamo diventati un popolo di immemori. Abbiamo perso la memoria, quando abbiamo cominciato a perdere il sacro, il Principio.
Stiamo vivendo per Malgieri, nella cultura dell’evanescenza, che prepara il nichilismo, che approda al nulla, devastando la memoria, fino a negarla. «Privi di memoria non dobbiamo fare i conti con noi stessi. Perché non dobbiamo tramandare nulla. E, dunque, siamo esentati dal coltivare obblighi con il passato […] La condanna della memoria, sopraffatta dalla dimenticanza, lascia sul campo macerie di ogni tipo».
Conclude l’intervento ricordando che la negazione della memoria avviene sia oltraggiando i vecchi che con «l’assassinio indecente dell’anima dei popoli, come l’aborto è il più vile degli omicidi. Per Malgieri, «In entrambi i casi si celebra il trionfo dell’oblio, la fine della storia». Pertanto, Disonorare i vecchi è come restare indifferenti davanti a chi si affaccia alla vita. Avrebbero bisogno di un sorriso, di una stretta di mano, di una parola e magari di un segno di religiosa pietà. Di questi tempi sono doni preziosi e impossibili. Se ne sono andati i vecchi senza nome; diventanti numeri da elaborare e confrontare nelle sofisticate statistiche. E con loro siamo diventati tutti più poveri di memoria, testimoni perfino indifferenti di una tragedia moderna che nessuno avrà voglia di raccontare neppure quando sulle loro sperdute tombe apparirà un fiore, una candela».
DOMENICO BONVEGNA
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