All’università statale di Milano un gruppo di facinorosi democratici, al grido di “fuori i cattolici dall’università!”, ha impedito con la forza una conferenza sulla Vita (v. “La Verità”, 28-XI-2024).
Per me “nihil novi” (niente di nuovo) perché da tempo immaginavo che prima o poi frange estremiste di violenti lo avrebbero gridato, soprattutto in quella università abituata da decenni a tali scenate: dopo i “fascisti”, l’ostracismo sarebbe toccato ai “cattolici” ed era fatale che ciò avvenisse. Lo dico non perché io sia il “primo della classe” o il tuttologo santone sparaparole del quale spesso sentiamo gli sproloqui nelle trasmissioni televisive in cui, ad esempio, sembra specializzata “LA 7”, ma un semplice “quidam” che, senza titoli, in questo mezzo secolo ha visto, confrontato, annotato nel suo diario e, leggendo qualche libro, studiato un po’ gli avvenimenti. Così, mentre provo a dire il mio parere, domando scusa ai “cinque” benevoli lettori se qua e là nel presente scrittarello dovranno sopportare qualche ripetizione di cose che ho toccato in “foglietti” precedenti e loro hanno già letto.
Ciò che veramente accadeva nella società l’ho cominciato a capire in qualche modo nel 1968, un “anno” cruciale ed emblematico, momento di passaggio e di accelerazione anche violenta del fenomeno secolare che studiosi, specie cattolici, chiamano col nome riassuntivo di “IV Rivoluzione”, dopo la I, Protestante (1517), religiosa, che staccò l’Europa del Nord dalla Chiesa di Roma, la II, Francese (1789), politica, che uccise il Re e instaurò la Repubblica, e la III, Bolscevica (1917), economica, che tentò l’uguaglianza assoluta e abolì la Religione. Ero all’Università Cattolica e – ventenne – spesso negligendo gli studi, correvo di giorno e di notte le strade e le piazze di Milano anche con “bandiere e trombette”, talvolta a mio rischio e pericolo; ho avuto modo, per ciò, di assistere in prima persona al travaglio e al tramonto di un’epoca e anche alla distruzione della parte di buono che fino a quel momento vi aveva resistito soprattutto nella Famiglia: la “dittatura del relativismo” (è definizione del grande teologo Ioseph Ratzinger, 2005, alla vigilia della sua elezione al Soglio Pontificio) cominciava già allora a cancellare la distinzione tra il bene e il male e, di conseguenza, a confondere e capovolgere in modo disastroso la società. Io vedevo ciò che accadeva e, soprattutto, cercavo di capire, via via, perché esso accadeva. Lo slogan più in voga, allora, era “fuori i fascisti dall’università!”. Lo sperimentai sulla mia persona quando – ma è solo un episodio – al termine di una manifestazione della Destra cattolica nell’aula magna della università di Largo Gemelli: era un “21 Aprile”, anniversario del “Natale di Roma”, e avevamo cantato l’“Inno a Roma” di Puccini – “Sole che sorgi […] tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma…” – e l’“Inno Pontificio” di Gounod – “Roma immortale di Martiri e di Santi […] salve, salve o Roma, la tua luce non tramonta , vince l’odio e l’onta lo splendor di tua beltà…” –; io ne ero stato magna pars in quanto tenore capo-coro e nel parapiglia che ne seguì nei chiostri, fui aggredito da una masnada di violenti, armati di bastoni, e un loro caporione mi prese per i polsi e mi fiatò in faccia “fascista, ti ammazzeremo!”; lo conoscevo e gli risposi a tono, naturalmente. I “fascisti” eravamo gli anti-comunisti o, semplicemente, i non comunisti contrari al Movimento Studentesco. Fin dal liceo a Barcellona (ME), tra le ironie del professore di filosofia, ho fatto parte degli “anti”, e non perché coloro – i comunisti – più spesso brava gente del “basso popolo” a cui anch’io appartengo, fossero “brutti” e “cattivi”, ma perché l’ideologia a cui attingevano i loro capi era un “verbo” contrario – per diametrum – al mio essere cattolico e italiano. Oggi sono diventato contrario, perfino più di ieri, di quando, cioè, il loro riferimento preciso era il Partito Comunista Italiano il quale, comunque lo si voglia giudicare, a parte la ferrea sudditanza all’Unione Sovietica, nemica dell’Occidente libero, fu pur sempre un “grande” partito che, almeno fino agli anni 1970, non sposò la Rivoluzione “antropologica” del “sesso libero” o “pansessualismo” o della “droga libera” o di tutti i “desideri” da soddisfare in qualunque modo e a qualsiasi costo. Anzi, intorno al 1948 distribuiva volantini e affiggeva manifesti perfino in difesa della Famiglia naturale, uomo-padre, donna-madre, figli: “Se vuoi salvare la tua famiglia, vota PCI” c’era scritto sotto un loro cartello riproducente un giovane papà, una mamma con due figli!
Ma oggi più di ieri io sono contro gli eredi del vecchio PCI, i post-comunisti del Partito Democratico della signora Schlein, perché questi si sono trasformati e ridotti in una casta di intellettuali saccenti, e, avendo dimenticato i vecchi operai e le periferie, gridano forsennati in favore dell’aborto come se fosse il fine ultimo della vita o se qualcuno lo volesse cancellare (si pensi al baccano volgare organizzato, anche dalle “massonerie” di Bruxelles, contro Giorgia Meloni ancor prima del suo insediamento alla Presidenza del Consiglio!); che forse pretendono l’aborto cosiddetto “post-natale”, cioè l’infanticidio già praticato in alcune nazioni della “civile” e neopagana Europa del Nord, e magari non si vergognano di pensarlo anche per la nostra Patria; vogliono perfino proibire che si preghi pubblicamente presso le cliniche dove si pratica l’aborto, come avviene già nella anch’essa “civile” Inghilterra; vogliono famiglie “altre” che, poi, per avere figli a qualunque costo, devono ricorrere all’“utero in affitto” cioè compravendita del corpo di una donna povera che diventa un contenitore di una “merce” qualsiasi, e di un bambino che verrà strappato a lei che lo ha custodito per nove mesi nel proprio grembo e che probabilmente crescerà traumatizzato; vogliono propagandare il “gender” o scelta del sesso, la “pansessualità” che manipola i corpi e le anime fin dall’asilo nell’indifferenza colpevole di genitori e nonni che non si informano e si fidano della scuola pubblica; tendono a tante altre “conquiste” anch’esse cosiddette “civili” più o meno prossime venture che per me erano aberranti allora, quando avevo vent’anni, e cominciavano ad apparire all’orizzonte, e aberranti sono rimaste ancora adesso che ne ho ottanta.
È arrivata l’ora della estromissione dei cattolici dai luoghi pubblici? I violenti democratici, (in realtà, quelli del 27 novembre all’università statale di Milano, hanno dimostrato, senza accorgersene, di essere dei poveri analfabeti di ritorno: hanno copiato, infatti, uno slogan che era dei giovani di Destra “la goventù si scaglia è il grido di battaglia!” aggiungendovi di loro solo il capolavoro della bestemmia alla Madonna!), quei democratici, dicevo, che hanno impedito una libera conferenza sulla Vita, forse non si sono resi conto di essere stati protagonisti di un salto di qualità: ormai, venuti meno i “fascisti”, salvo qualche gruppo, cranio rasato, che fa innocua ginnastica levando il braccio destro tatuato nel saluto romano magari il 28 Aprile al “Campo X” del Musocco, sembra siano rimasti solo i “cattolici” ad interferire nei programmi di lor signori. Così le frange violente dei post-comunisti, di sicuro ammaestrate da cattivi maestri, ex “68”, hanno intuito che l’unico pericoloso nemico non è più il “fascista”, dalla filosofia confusa e comunque ormai scomparso dai radar, ma il “cattolico” sempre che questi conosca e abbia il coraggio di proclamare a voce alta la vera e secolare Dottrina della Chiesa che è per la Famiglia naturale e la Vita, contro l’uccisione del bambino innocente prima o dopo la nascita, contro l’ “utero in affitto”, il “gender”, etc… Ecco perché ragazzine esaltate la cui bocca sa ancora di latte, anelli al naso e ventre nudo e dipinto, sono spinte a scontrarsi eroicamente con la polizia e a trarne perfino vanto sapendosi protette dall’alto e impunite, a gridare e a scrivere sui muri e sulle porte proposizioni criminali del tipo “le sedi di Pro Vita e Famiglia si chiudono col fuoco!” (v. “La Verità”, 11-XII-2024), solo perché i “Pro Vita e Famiglia” aiutano le donne povere che magari non vogliono abortire! Riecheggiano il grido, altrettanto criminale, di “la nonna partigiana ce lo ha insegnato, uccidere un fascista non è reato!” o “le sedi fasciste si chiudono col fuoco!” Anche qui per me “nihil novi”; io c’ero – anni 1970 – quando vedevo schiere di comunisti di diverse gradazioni e confessioni che si radunavano in Corso Monforte a Milano con le bottiglie molotov pronte per scagliarle contro la sede della “Giovane Italia” e quelli della Destra “neofascista” che, spavaldi, li provocavano mostrandosi dai balconi…
Ora tutto quel vecchio mondo sembra sia finito per sempre e sulla piazza a difendere pubblicamente alcuni principi eterni, come Vita e Famiglia, siamo rimasti solo gruppi sparuti di noi cattolici, sempre che troviamo il coraggio di proclamare “dai tetti” e con forza la Verità. In caso contrario i violenti verranno proditoriamente e con più frequenza ad estrometterci dalle sale, dai luoghi di riunione e dai convegni, e a schiacciarci bestemmiando pubblicamente Dio, la Madonna e i Santi come hanno fatto, beceri e impuniti, quel giorno sciagurato alla statale di Milano: fossi stato presente all’evento, anche se ormai vecchio e sciancato qual sono, di sicuro mi sarei levato in piedi resistendo loro in faccia nel ricordo di ciò che ero capace di fare da giovane, e alla bestemmia avrei gridato magari un “VIVA MARIA!” come ancora si usa nel Sud in certe processioni in onore della Madonna o come fecero i contadini toscani nel 1799 quando, al suono delle campane e con questo stesso grido, insorsero contro le armate dei giacobini francesi e i pochi loro manutengoli italiani che insultavano la nostra Religione e depredavano le chiese per rimpinguare le sale del museo a Parigi.
Cattolici, per non restare insignificanti nella società, forse è giunto il momento di levarsi di nuovo in piedi e col coraggio che fu dei nostri Padri, altrimenti qualcuno ci rinchiuderà nelle sacrestie o, peggio, ci seppellirà nelle catacombe!
CARMELO BONVEGNA