L’INTERVENTO: OGNI STATO HA IL DIRITTO E IL DOVERE DI GOVERNARE LE PROPRIE FRONTIERE

C’è troppo confusione intorno al tema dell’immigrazione e soprattutto a essere confusi sono quelli che si definiscono cattolici. A ogni naufragio di barconi o barchini, scatta un senso di colpevolizzazione da addossare all’Italia, e quindi al governo, le forze politiche di sinistra sono abili in questa sport.

Sulla questione immigrati si sono perse completamente le coordinate entro le quali si dovrebbe ragionare. Quali sono? A questa domanda ha risposto in un editoriale su Libero il giornalista cattolico Antonio Socci. (Capodanno in piazza duomo. Bandiere arabe e insulti all’Italia. Cosa significa? 2.1.25)

La prima (fondamentale) è questa: se è vero che tutti hanno diritto di emigrare, è altrettanto vero che nessuno ha il diritto di decidere unilateralmente in quale Paese emigrare. Così come ognuno ha diritto di andar via di casa, ma nessuno ha diritto di decidere di essere ospitato in casa di Tizio, indipendentemente dal consenso di Tizio. Tanto meno se entra a sua insaputa.

Secondo principio: ogni Stato (se non vuole sprofondare nel caos) ha il diritto e il dovere di governare le proprie frontiere e nessun Paese ha il dovere di accogliere e ospitare chiunque arrivi, tanto meno flussi di milioni di stranieri che non ne hanno titolo. Su questo aspetto c’era il consiglio illuminante del cardinale Giacomo Biffi di Bologna che metteva in guardia i governanti di stare attenti a chi fai entrare nel Paese. Il prete non discrimina, ma lo Stato è costretto a farlo. L’Italia per anni è stato il ventre molle dell’Europa. Nessuno si chiede per esempio perché arrivano migranti da Paesi lontani come il Pakistan o il Bangladesh.

“Parlando di episodi di violenza di cui si sono resi responsabili degli immigrati, a volte, alcuni loro connazionali che non delinquono e che lavorano da noi onestamente, hanno osservato che nei loro Paesi d’origine riceverebbero un trattamento molto duro e che si comportano così perché in Italia sanno di poterlo fare (sanno che la stessa polizia deve trattarli in guanti bianchi, diversamente da come accadrebbe nei loro Paesi di origine)”. La mancanza di chiarezza tra immigrati e Paese ospitante, induce in certi immigrati ad avere un atteggiamento di pretesa e di rivendicazione. Infatti, si assiste a dibattiti televisivi nei quali intervengono immigrati – o figli di immigrati – e si nota che, quando parlano dell’Italia e degli italiani, manca quasi sempre nelle loro parole un aspetto che dovrebbe esserci in chi è stato ospitato in un altro Paese: la gratitudine. Invece nei loro interventi in genere sono evidenti la recriminazione e la pretesa. E stupisce che nessuno lo noti, né lo faccia notare. Come se noi stessi fossimo ormai persuasi che è giusto così, ovvero che loro hanno solo diritti e noi solo doveri.

Per Socci, la mancanza di questa chiarezza è da attribuire alle classe politica, in particolare alla sinistra che per troppo tempo ha permesso l’immigrazione incontrollata. Ma hanno colpe anche la classe intellettuale ed ecclesiastica, che hanno avallato l’idea che gli immigrati abbiano diritto a tutto e gli italiani abbiano tutti i doveri nei loro confronti. Non solo, “è stato perfino inculcato il senso di colpa negli italiani per cui noi dovremmo ritenerci responsabili anche se affonda un barchino di immigrati, organizzato dai trafficanti, vicino alle coste turche (lontano dall’Italia) o se, arrivati nel nostro Paese, gli immigrati non si integrano e perfino se alcuni di loro delinquono, perché saremmo noi a emarginarli”.

Da anni gli italiani si prendono l’accusa di razzismo quando è sotto gli occhi di tutti che molti immigrati onesti, che sono qua per lavorare, si integrano senza problemi e senza avvertire nessun razzismo.

Gli italiani sono stufi di questa situazione e hanno cominciato a farsi sentire. Il nostro Paese è stato umiliato per troppi anni. Cosicché è faticoso anche ritrovare il senso della propria dignità e dei propri diritti. Ma un popolo che non è più rispettato e che non sa più esigere rispetto, che non si sente più “sovrano” e non fa valere i propri diritti, la propria identità e la propria cultura, non ha nessun futuro.

DOMENICO BONVEGNA

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